Giorgio di Palma – Fac-simile, ovvero l’originalità dell’obsoleto
FACTO inaugura la nuova galleria con Fac-simile.
Comunicato stampa
FACTO inaugura la nuova galleria con Fac-simile
L’iperrealismo di Giorgio di Palma inaugura la riapertura di un altro fondo sfitto del centro storico di Montelupo Fiorentino, con una mostra che gioca e scherza con materia e materiale e con contenuto e contenitore, curata da Elena Janniello per FACTO.
Fac-simile, ovvero l’originalità dell’obsoleto
A cura di Elena Janniello
Opening 12/4/2019 ore 19:30 in mostra fino al 3/5/2019
A distanza di soli dieci mesi dall'inaugurazione, FACTO cresce e acquisisce nuovi spazi da dedicare allerte una nuova e spaziosa galleria per ospitare mostre ed eventi inaugura il 12 aprile 2019 alle 19:30.
Per fortuna o per destino, l’acquisizione più recente riguarda un antico fondo sfitto di oltre 300 mq situato in Via XX settembre 37 dato in concessione gratuita da parte di una società privata dopo che Silvia Greco, presidente di FACTO l’ha fatta innamorare del progetto. Lasciare che sia l’arte a ispirare le nostre vite, un’arte condivisa, che rigeneri spazi dismessi a cui è data una seconda occasione per tornare in vita.
Riaprire i locali di questo fondo ha richiesto alcuni interventi che FACTO ha sostenuto per la buona causa: dalla messa a norma dell’impianto illuminotecnico, al montaggio delle nuove porte di ingresso, fino al risanamento di alcune zone per permetterne l’uso pubblico.
La mostra inaugurale della nuova galleria di FACTO ha come titolo Fac-simile, ovvero l’originalità dell’obsoleto, personale dell’artista Giorgio Di Palma, a cura di Elena Janniello per FACTO. Il tema proposto è fuori dal comune, un provocatorio ossimoro ospitato in uno scenario a dir poco surreale.
Pensando al percorso espositivo allestito, allineato alle ragioni dell’artista, ma al contempo contestualizzato pensando alle reazioni di sorpresa che la vista di tali oggetti comuni collocati al di fuori del proprio habitat, la curatrice della mostra rivela: “ciò che sembra un’ordinaria riproduzione di oggetti di uso quotidiano in realtà è uno dei punti di arrivo di un denso percorso artistico. È come se “Giorgio Terracotta” – come spesso ama farsi chiamare – ci accompagnasse, attraverso l’efficace meccanismo della “banalizzazione”, verso un Iperuranio dove le cose sono sublimate in “idee delle cose”.
Continua la curatrice: “dal banale al sublime, quindi, in senso quasi platonico. Tant'è che, percorrendo questa simil-casa che poi in realtà potremmo pensare come una simil-mostra, finiamo per intuire che gli oggetti (cibi, attrezzi, elettrodomestici, rifiuti, sporcizie, ecc) variamente e sapientemente distribuiti altro non sono che le forme-idee universali, semplici ma perfette, immutevoli e incorruttibili che le cose di tutti i giorni o la loro memoria hanno imitato per renderci partecipi e consapevoli.”
L’artista della mostra è Giorgio di Palma, tarantino, classe ‘81. Dopo essersi laureato in archeologia e di ritorno da svariati soggiorni all’estero che lo hanno visto coinvolto in diversi progetti umanitari, Giorgio torna nella terra natìa, a Grottaglie, deciso nel dedicarsi alla ceramica. Ma a quella che si fa carica e rivelatrice di significati estetici e concettuali, non necessariamente con una funzione prestabilita che il mondo spesso richiede. Giorgio si diverte a trasformare l’inutile in eterno e a fissare gli attimi in un tempo sospeso, cristallizzato, mortale che ci ricorda più che mai la caducità della vita. L’inganno è svelato e la maschera è calata. Lo spettatore si confronta con la propria condizione umana fugace e divoratrice di beni di largo consumo. Che sia un uovo al tegamino fumante con wurstel arrostiti, o altri oggetti di vita quotidiana protagonisti di ripetute e sbadate azioni che ogni giorno si ripetono e di cui ormai abbiamo perso persino il senso, vengono mostrati ai nostri occhi in una nuova veste, del “nulla è come sembra.”
In una società dominata dalla frenesia e superficialità consumistica, il processo che ci viene proposto all’interno della galleria è di lenta metabolizzazione dell’inganno quotidiano addolcito dalle bella e lucente fattezza ceramica che riproduce oggetti dall’uso quotidiano “che può ricondurci, forse, a un più pieno benessere.” Infatti: “il gioco dello straniamento, dello slittamento, dell’improvviso deragliamento sensoriale crea nel visitatore una specie di ‘corto circuito sinestesico’, una specie di tradimento neurologico, di input errati al nostro cervello, tanto spiazzante quanto illuminante: i sensi comuni quali tatto, vista, odorato e gusto, sincreticamente si fondono e si confondono in un fake-object, forse, per ironia, in una simil-opera.”