Giorgio Galli – Lands

Informazioni Evento

Luogo
ROMBERG ARTE CONTEMPORANEA
Viale Le Corbusier , Latina, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Martedì - Sabato 16 - 19:30 | Lunedì e mattine solo su appuntamento

Vernissage
07/02/2021

no, apertura h 11-13 | 16-19

Artisti
Giorgio Galli
Curatori
Italo Bergantini, Daniele Zerbinati
Generi
arte contemporanea, personale

Atto finale della rassegna “Viti Parallele”, Giorgio Galli presenta “Lands”, a cura di Italo Bergantini e Daniele Zerbinati.

Comunicato stampa

Giorgio Galli Lands
a cura di Italo Bergantini e Daniele Zerbinati, con un racconto inedito di Lorenzo Pennacchi

7 Febbraio - 27 Marzo 2021
Apertura al pubblico
Domenica 7 Febbraio 2021 - h 11-13 | 16-19

Ceterum quidem omne spatium
non vita sed tempus est
Infatti, tutto lo spazio che resta
non è vita, ma tempo
(De brevitate vitae, II, Seneca)

Quando ti dico che noi siamo soli, siamo soli.
La vita è soltanto sulla Terra. E per poco ancora.
(“Melancholia”, Lars Von Trier)

Termina il ciclo serrato della vite in dilatazione trans-lativa (che porta al di là), riconsegnandoci alla serra ciclonica del nostro esperire mediato. Il 7 febbraio, atto finale della rassegna “Viti Parallele”, Giorgio Galli presenta “Lands”, a cura di Italo Bergantini e Daniele Zerbinati. Come per le precedenti esposizioni “Fairies” e “Restless Time” Lorenzo Pennacchi affiancherà il progetto con il suo terzo e ultimo racconto inedito ispirato alle opere della mostra.
In uno scenario che, per latenza umana e ampiezza di visuale, rievoca spaccati dell’Africa popolata dagli apemen pliocenici in una nota opera di Stanley Kubrick, Giorgio Galli si conduce agli incunaboli del turismo culturale, coniugando lo studio del paesaggio a sud di Roma con una ricerca diacronica sulle possibili modalità di codifica per immagini del contatto con esso, dalla modernità di Corot all’opera dei narratori contemporanei.
Queste regioni, dapprima avviluppate nel ventre selvatico dell’ecumene nella Roma degli imperatori, sono divenute arterie ineludibili nel Grand Tour che, a partire dal XVII secolo, indirizzava giovani aristocratici e paesaggisti europei verso i monumenti insigni, le identità sociali, i complessi culturali sedimentati nella morfologia profonda della civiltà occidentale, dalla cui scoperta sarebbe scaturita una piena maturazione intellettuale e artistica. Il calore suadente che pervade la nervatura della campagna affonda nella irrealtà aumentata di Galli sotto la forma di una radiazione corpuscolare, luce radente a irrorare il dispiegarsi controllato della materia – tempera e resina ecologica, gesso alabastrino, cere e pastelli – sulla referenzialità nulla del tamburato, rivestito da collages; la compattezza fisica del tramonto riverso sulle increspature delle acque lacustri si sublima sinteticamente a iperbole cromatica nelle estensioni varianti del rosso; il firmamento, mappa genetica di trapassati Odisseo nello spazio, si accende nella composizione orizzontale di un notturno per congiungere la prima fase dell’antropogenesi con l’ultimo spasmo del cybermondo, ignoto a quanti abbiano – nel grande viaggio – tentato di assoggettare l’indefinito. Ne emerge il carattere mistico di ambienti spiritualmente connotati, la speciale intimità della compenetrazione tra antiche pratiche di convivenza sociale e ricerca dell’agnizione del sacro (una “alterità” rispetto al comune-profano) le cui tracce permangono inscritte nella memoria dura degli artefatti prima, del campo visivo e del territorio pittorico dopo.
Ecco la parousìa. Il monolite disceso a orientare la specie al testa-coda evolutivo, il paradigm shift annunciato per sovraccarico di tensione interattiva. Nel riflesso metafisico di quell’idillio antico e insieme avveniristico, l’attore post-antropocenico si scruta registrando un notevole assente: l’uomo-al-centro.
Testo di Daniele Zerbinati