Giorgio Galli – Sul Lago del Bosco
Giorgio Galli inaugura la prima mostra della nuova stagione della ROMBERG Arte Contemporanea con la personale Sul Lago del Bosco.
Comunicato stampa
Sabato 6 Ottobre 2018, Giorgio Galli inaugura la prima mostra della nuova stagione della ROMBERG Arte Contemporanea con la personale Sul Lago del Bosco.
Le Nature della Natura potrebbe essere il titolo ideale degli ultimi anni in casa Romberg. Un lungo viaggio della galleria con artisti che affrontano le tematiche del paesaggio resistente, dei metabolismi vegetali, della bellezza fragile ma crudele che avvolge la pittura contemporanea. Un legame in equilibrio tra gli ideali arcaici del quadro e un occhio sulle urgenze del paesaggio odierno; un insieme di sguardi per ragionare sulle trasformazioni dei luoghi, sui valori universali dell’umanità, su un ritorno alle origini che sembra una spinta rigenerante e necessaria.
Giorgio Galli riparte dal punto nodale che lega gli occhi dell’artista al paesaggio avvolgente: il fatidico Grand Tour dei secoli trascorsi, meta e strumento di rivelazione per gli autori europei che sceglievano un’Italia contadina, silenziosa, lontana dalla vita urbana, dove le antiche rovine appartenevano al verde avvolgente, dove gli scorci ampliavano la sete di conoscenza, dove la Bellezza rinasceva tra poesia e archeologia.
Il riferimento centrale di Galli è stato Corot, autore francese di larga fama che ha soggiornato tra i boschi laziali di Genzano, lassù sul borgo vecchio a picco sul lago di Nemi, proprio dove sorgevano i luoghi di culto dedicati alla Dea Diana. Leggende e geografia erano il mito letterario di artisti che qui, nelle zone ricche di antiche memorie, trovavano il diapason del proprio disegnare, la chiave del colore spirituale e la vertigine di un’ispirazione profonda.
Galli compie un salto temporale attraverso il pennello, portando la libertà pittorica nel ciclo rapido delle impressioni coloristiche, delle vertigini trasparenti, dei riverberi che stuzzicano i sensi. Sembra di ascoltare le opere, di percepire il rumore del fuoco, lo sciabordio vellutato dell’acqua, il sibilo a spirale del vento. Un impianto iconografico che sfida la maniera e riporta l’energia nel valore metafisico dei luoghi arcadici, densi di memorie e futuro. Possiamo ben dirlo: dove il mondo sembra sospeso, dove la natura domina il campo, ecco che la pittura ritrova intimamente se stessa, le proprie radici che si innestano, senza incepparsi, nei gangli del presente tecnologico.
Le opere sembrano sospese in un limbo tra memoria e veggenza. Possiedono gli odori forti dei secoli trascorsi eppure volano oltre il reale, ricreando apparizioni di luce, masse nebulose da pianeta rosso, colature di sangue cosmico e un calore da fuoco primordiale. Si sente qualcosa di sciamanico e inspiegabile, un portato energetico che Galli gestisce con empatia evidente, quasi a rendere alieno il suo lago laziale, una Giverny nei deserti di Marte, un luogo della mente nella vertigine di un dipingere vulcanico.