Giovanni Cecchini – Imago

Informazioni Evento

Luogo
CASTELLO GINORI
Via del Borgo 1, Montecatini Val di Cecina, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

tutti i giorni negli orari 11-13 e 16-20 (martedì chiuso).

Vernissage
10/06/2018

ore 18

Artisti
Giovanni Cecchini
Generi
arte contemporanea, personale

Equilibri altri, verso un unico, centrale, regista-attrattore, attore. È lo spazio interpretato, trasfigurato, inventato, sognato, dall’Imago: primo prototipo inconscio della percezione dell’altro, ma anche manifestazione delle proiezioni più remote dell’Io.

Comunicato stampa

Equilibri altri, verso un unico, centrale, regista-attrattore, attore. È lo spazio interpretato, trasfigurato, inventato, sognato, dall’Imago: primo prototipo inconscio della percezione dell’altro, ma anche manifestazione delle proiezioni più remote dell’Io.
Nello Spazio Enoteca del Castello Ginori di Querceto (Montecatini VC – PI), s’inaugura, domenica 10 giugno 2018 alle ore 18, per la rassegna “VininCanto a Castello” dei Marchesi Ginori Lisci, la mostra personale “Imago” di Giovanni Cecchini. Pittore in ascesa, dalla poetica visiva insieme semplice e ad alta complessità interpretativa.
Giovane talento cecinese, classe 1986, scoperto e sostenuto da Claudio Carotenuto, dopo due recenti mostre a Firenze, tra cui la personale “Ricordi immaginari”, nella prestigiosa sede di Palazzo Bastogi, sede del Consiglio regionale della Toscana, conduce la sua arca replicata e onirico-surreale, nella consona atmosfera senza tempo del Castello antico.
Una scena minore che diventa improvvisamente saliente, irresistibile, rivelatrice e totale. Manifesta nei colori caldi e seducenti di tavole ad olio, che ri-animano episodi remoti.
Sulla continuità di una bi-dimensione rapita dall’infinito, dai timbri caldi e arcaici, dalle volute chagalliane, la fiaba assolutamente seria di Giovanni Cecchini, scardina i baluardi della memoria, costruisce una sua temporalità, dove la statica contemplativa e l’urgenza della dinamica ricostruiscono i contorni primitivi e primari, ma dai colori vivi e profondi, dell’Io e dell’identità.
Cappelli che determinano cavalieri notturni, aviatori romantici, disegnatori, capitani o sacerdoti del niente. Ma nel lungometraggio della vita riscoprono i passaggi fondamentali del - loro - cambiamento: si blindano gli occhi della percezione fisica, alla ricerca della realtà, apparentemente invisibile, del vero essere. Quella che concede l’ontologico status a sogni, incubi, illusioni, quesiti aperti, storie irrisolte, scelte sbagliate, ricomposti e ora sospesi, in un lungo viaggio sulle onde della memoria.
E dove tutto ritorna, ma anche sfugge, l’animismo consolatorio di oggetti, piante, e animaletti intenzionali, alleggerisce la rocambolesca rilevazione del Sé e il disagio si manifesta in una pioggia di stelle o in una reiterazione timidamente trionfale di margherite: anticipazione di uno spazio insondato, spesso notturno, un universo profondo nell’intercapedine fra il prima e il dopo.
I simboli restano privati, il cavaliere non è azzurro come quello di Kandinsky, ma buio ed ermetico. Gli episodi sembrano multipli, come in un richiamo a Bosch, ma l’attrattore - e forse il protagonista - resta unico e centralizzante. Per dare un ordine ‘altro’ al caos e un equilibrio improbabile alla più libera immaginazione.