Giovanni Cesca – Portobuffolè
Un omaggio allo spirito venetico nel paesaggio attraverso l’arte di Giovanni Cesca.
Comunicato stampa
Da un anno a questa parte Patrizia e Max Rizzotto, recentemente inseriti nel mondo dei galleristi in un luogo molto particolare come lo è il borgo di Portobuffolè, si sono avvicinati all’opera di Giovanni Cesca con l’intenzione di realizzare una mostra. In varie occasioni il rapporto ha avuto modo di cementarsi fino a giungere all’organizzazione e alla partenza. Per l’occasione, Giovanni Cesca presenta nella Galleria “Talenti” un nucleo di opere inedite dal tono a volte quasi nettamente realistico, mentre altre volte più evocativo e sognato, per parlare di quel territorio dopo le reiterate indagini effettuate negli anni. Ciò che emerge dalle opere è un’intento di fondere il mondo visibile con quello più propriamente sensitivo, e allora ciò che potrebbe sembrare strano ad un primo approccio, subito dopo non lo sarà più. Come si potrà notare in alcune parti dell’opera “Piccola storia d’anima paesaggiante” composta da 24 sequenze, anche degli oggetti sartoriali possono divenire elementi di una composizione paesaggistica.
Ma ben presto gli elementi formali intrecciati in una storia, come quella presentata da Cesca, diventano più comprensibili per l’emergere di una intenzione comunicativa più profonda, che va oltre il mero visibile ed entra nella dimensione del sentire con tutti i sensi. E’ un sentire che percepisce energie e rimandi al passato carico di forza e di “presenza “; è il messaggio originale che ci porta l’artista.
Il paesaggio reale veneto in generale o quello specifico di Portobuffolè, diviene spunto per una sua rivisitazione in chiave interiore, dove prendono forma pulsioni profonde legate all’origine e al suo animo ancestrale. L’immaginario impregnato delle lunghe osservazioni contemplative nelle radure del Prà dei Gai, apre scenari e visioni toccanti con presenze evocatrici dell’anima di paesaggio. Le fasce di colore per le abbondanti fioriture prative dalla forma ondulata, sono sentite dal pittore “… fasce filanti come cavalli in corsa …” che ci portano al tempo dei veneti antichi, quando i nitriti dei quadrupedi pregiati abitavano quei luoghi. Oppure “…le sagome d’alberi individuate tra le brume delle prime ore lucane, sussurrano parole in venetico antico”vengono percepite come presenze positive, intrise di una saggezza a noi ormai estranea.
E’ l’apparizione di un mondo magico, quello che invece è vissuto quotidianamente dall’artista come normalità, dato dall’intreccio di fenomeni naturali e d’invenzione, è strumento che viene a costituirsi come guida per una lettura, è elemento principe di tutta la mostra.