Giovanni Copelli – L’amore vince tutto
L’intero progetto è orientato verso un pensiero simbolico ed esoterico in cui il discorso mitico e alchemico esibisce un inizio che non è riflessione sul linguaggio ma immagine e metafora del mondo e di una sua possibile origine.
Comunicato stampa
Venerdì 21 ottobre inaugura L’amore vince tutto, mostra personale di Giovanni Copelli a cura di Simona Squadrito. L’intero progetto è orientato verso un pensiero simbolico ed esoterico in cui il discorso mitico e alchemico esibisce un inizio che non è riflessione sul linguaggio ma immagine e metafora del mondo e di una sua possibile origine.
La mostra è inserita all’interno della collaborazione tra Dimora Artica e Galleria Arrivada, in una sinergia che nasce dalla stima e dal comune impegno nella promozione dell'arte contemporanea.
All’inizio era la favola
L’amore vince tutto
Il disincantamento, orpello della civiltà occidentale, presuppone uno scenario storico dominato dalla magia, infatti, un tempo, tutti gli uomini vivevano immersi nel pensiero magico e mitico. Il distacco dal retaggio del passato affiora proprio con l’insorgere di un pensiero che favorisce la razionalità, introducendo in questo modo un pensiero non più omogeneo ma dicotomico.
L’umanità può essere descritta come divisa strutturalmente e storicamente in due grandi emisferi.
Vi è appunto la sfera antica e primitiva, legata a un pensiero dominato dal mito, dalla magia e dal rito; e vi è poi il pensiero moderno, in cui domina il discorso razionale e logico. La sfera dell’antico sembra costituita da un complicato groviglio di riti e miti, e per questo motivo è stata avvertita come un ostacolo al lineare funzionamento di una società evoluta. Infatti, la modernità ha assunto il compito di liberare il mondo e la cultura da inutili e pericolosi costumi, liquidando completamente il mondo dalla magia.
Con la mostra L’amore vince tutto, Giovanni Copelli riporta in auge il pensiero mitico, magico e alchemico. Dimora Artica diventa la cornice per la messa in scena di un pensiero che sembra ormai perduto, dove il passato emerge come vanitas e come vanità dello sforzo umano. L’intero progetto è orientato verso un pensiero simbolico ed esoterico in cui il discorso mitico e alchemico esibisce un inizio che non è riflessione sul linguaggio ma immagine e metafora del mondo e di una sua possibile origine. Alla stregua di Paul Valéry, anche per Giovanni Copelli “all’inizio era la favola”, una storia raccontata essenzialmente attraverso figure e immagini che eccedono il discorso.
È questa la chiave di lettura per interpretare le opere presentate in mostra: una sorta di bricolage intellettuale che genera un’architettura fantastica tra sistemi di relazioni astratte e oggetti di contemplazione estetica.
Le tre fontane presentate in mostra inseriscono la narrazione in un circuito simbolico ed esoterico. Dalla fontana femminile, il cui idioma è rappresentato da un cuore che pompa il sangue e produce vino, si passa alla fontana maschile, il cui simbolo è identificato con un grande fallo eretto che ci conduce alla fontana generatrice che racchiude in sé il simbolo incessante della vita e della morte. Il liquido nero, simbolo della putrefactio, sgorga dalla fontana in cui viene filtrato dalla vanitas, che trasforma il liquido di morte in un liquido di vita, simboleggiato da una coppia di amanti che copulano. Questo circolo esoterico innesca una corrente ininterrotta di energia che fluisce da una fontana a un’altra, in una dialettica circolare dove si consuma l’alchemica dell’amore. L’amore vince tutto si trasforma così in un elemento chimico.
L’artista inventa una catena di relazioni che possono essere decifrate da un pensiero lineare e logico, ma tale catena può semplicemente essere un’immagine che non conosce il linguaggio.
Così come il frammento di mosaico presentato in mostra e raffigurante una battaglia, dal punto di vista narrativo simboleggia quel resto di un passato che viene riattivato.
La battaglia rappresenta anche delle forze sessuali inespresse, ma è anche l’immagine di una stratificazione di significati e tempi.
Alla fine l’amore vince tutto e Copelli, con la sua nuova rappresentazione mitica dell’esistenza perpetua, la finitezza e l’eternità dell’uomo, e con il suo narrare e rappresentare cosmico-poetico, va al di là del razionale e dell’irrazionale, offrendo un senso dell’infinito estetico e dell’arte, di una misura che trascende la comprensione empirica e apre a nuove possibilità di interpretare se stessi e il mondo e di attingere ancora alla ricchezza favolistica del mistero originario.
L’iconologia proposta da Copelli è un’interpretazione del mondo attraverso l’utilizzo di quei valori simbolici e inconsci che nel tempo sono diventati occulti.
Attraverso le opere esposte scopriamo preconcetti estetici e filosofici, ma è bene precisare che L’ Amore vince tutto non va semplicemente interpretato alla stregua di un messaggio cifrato, perché possiede prima di tutto un valore estetico e formale. Infatti le forme ma soprattutto i materiali usati, come la cartapesta e il polistirolo, mantengono la dimensione del lavoro dentro un’atmosfera di gioco e scherzo, qualcosa di simile a quello che possiamo incontrare in un luna park o in una festa di paese.
Simona Squadrito