Giovanni Copelli – Per sempre
L’interno di Edicola Radetzky diventa la vetrina di un museo archeologico, dove l’artista tenta di ritagliare dall’oscurità l’epifania di due amanti avvinghiati l’uno all’altro, congelando i gesti di un affetto che non cede al peso della morte.
Comunicato stampa
Noi ci eravamo lavorati un sarcofago nuziale; se non un unico lenzuolo, un unico sudario ci spettava; una prima notte eterna; tenebre quali bramano gli sposi, ma tali da consumare una creatura viva; un abbraccio dei nostri nonessere; disegnare infine, insieme, uno stemma in negativo, l’ultimo, dei colori del vuoto.
(Giorgio Manganelli - Agli dèi ulteriori )
La saga dell’amore e del mito di Giovanni Copelli, dopo Eros Capitolino e L’amore vince tutto, prosegue con la mostra PER SEMPRE. L’interno di Edicola Radetzky diventa la vetrina di un museo archeologico, dove l’artista tenta di ritagliare dall'oscurità l’epifania di due amanti avvinghiati l’uno all'altro, congelando i gesti di un affetto che non cede al peso della morte.
La scultura rappresenta due figure immobili nel loro bizzarro decesso, testimonianza di una conclusione mai arrivata, di una morte che prende a spintoni altre morti. L’artista gioca con il falso archeologico, mescolando e sovrapponendo diverse iconografie di amanti ritrovate nelle tombe. Come è di consueto nella pratica di Copelli i contenuti della cultura alta e della cultura popolare si sovrappongono in un gioco ironico e beffardo, fatto di travestimenti di residui mitici e riscrittura della memoria. PER SEMPRE è una battuta indisciplinata, l’usurpazione di un dialogo privato ma è anche un indizio che ci fa riflettere sull'ossessione tutta contemporanea sulla verità, un’immagine disobbediente che prende a gomitate anni di lettura e conservazione del passato.
I due amanti esposti a Edicola Radetzky prendono in prestito il carattere enigmatico di oggetti archeologici e lo raddoppiano, così da giungere a un nuovo enigma.
Giovanni Copelli mette in moto un meccanismo mistificatorio, che per via dell’evidente artificiosità data da un’esagerazione scenografica, ci permette di riflettere sulla pratica, tutta contemporanea, di recupero della storia. L’artista orchestra lo scambio di informazioni che vi è tra il passato e il presente, utilizzando le risorse del nostro archivio culturale, nel tentativo di individuare delle "immagini simboliche", per offrire delle chiavi di lettura, fatte appunto di nuovi personaggi, metafore e archetipi narrativi, che servono come punti di riferimento per raccontare anche chi siamo.
Prima che gli oggetti fossero esibiti nei musei non erano opere d’arte: un coltello era un coltello, uno strumento utile per tagliare, un vaso era un vaso, oggetto indispensabile per trasportare i liquidi. Adesso questi semplici oggetti si trovano esposti all'interno di spazi angusti, illuminati da faretti, dove la polvere sempre sospesa a mezz'aria spande nell'aria un aroma di tessuto deteriorato. Questi oggetti nella contemporaneità rinascono in un nuovo uso: sono feticci estetizzati, soggetti alla manipolazione e alla proiezione di un immaginario moderno e hanno dunque perduto il contatto con quella cosa che ci sforziamo sempre di ritrovare: lo spirito del tempo. Anche la morte, esibita all'interno delle vetrine dei musei, parco giochi dei voyeur, non sa più preservare se stessa e si satura di una materia estranea diventando un oggetto di studio e di contemplazione, allontanandosi in modo definitivo dalla vita, per essere consegnata al regno delle curiosità: una carne astemia in bilico tra la memoria e il souvenir. PER SEMPRE apre una fessura ampia abbastanza da consentire il trapasso da un mondo a un altro, un vuoto atemporale di significati, dove l’arte è una menzogna che non dice bugie.
Edicola Radetzky è un edificio storico affidato dal Municipio 6 - Comune di Milano a Progetto Città Ideale (iniziativa degli artisti Mirko Canesi, Fiorella Fontana e Stefano Serusi) come spazio espositivo per la ricerca artistica contemporanea.