Giovanni De Gara – Spring is late!

Informazioni Evento

Luogo
OPC - OSSERVATORIO POLIFUNZIONALE DEL CHIANTI
Strada Provinciale di Castellina in Chianti , San Donato in Poggio , Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
25/03/2018

ore 17

Patrocini

Con il patrocinio di: Unione Comunale del Chianti Fiorentino; Università degli Studi di Firenze; Banca di Cambiano
Mostra organizzata da: OPC (Giada Rodani, direttore artistico – arti visive)

Artisti
Giovanni De Gara
Curatori
Giada Rodani
Generi
arte contemporanea, personale

L’Osservatorio Polifunzionale del Chianti riapre la stagione di mostre per il 2018 con l’inaugurazione della personale dell’artista fiorentino Giovanni De Gara, dal titolo Spring is late!

Comunicato stampa

Poveri i fiori nelle aiuole dei giardini ordinati.
Sembrano aver paura della polizia…
Ma cosi belli che fioriscono allo stesso modo
E hanno lo stesso sorriso antico
Che avevano al primo sguardo del primo uomo
Che li vide apparire e li toccò lievemente
Per vedere se parlavano…

Fernando Pessoa, Poemi di Alberto Caeiro, XXXIII
(Ed. La Vita Felice, 1999)

Domenica 25 Marzo (h. 17) l’Osservatorio Polifunzionale del Chianti riapre la stagione di mostre per il 2018 con l’inaugurazione della personale dell’artista fiorentino Giovanni De Gara, dal titolo Spring is late!

Un’esposizione che apre le porte alla primavera con un tripudio di prati fioriti, di natura che rinasce e si riappropria dei suoi spazi. Spring is late! è un progetto artistico ampio e in costante evoluzione, che si amplifica e si trasforma attraverso interventi site specific e performance. Una mostra gemella a quella ospitata dall’Osservatorio del Chianti si terrà nel mese di maggio presso le Serre del Giardino Torrigiani di Firenze.

Non aspettatevi una tradizionale esposizione di pittura, una semplice personale di quadri a soggetto botanico, non si tratta qui di “esercizi di stile”, ma di una pittura allegorica e concettuale, dove il dipingere è il medium, lo strumento, la parola. I fiori e le piante rappresentate sugli sfondi di verdi prati altro non sono che dei dettagli di un soggetto più ampio, che non si manifesta nella sua interezza: sono dei particolari di campi da calcio fioriti, o meglio… di campi da calcio abbandonati, friche di periferia.

Come ci tiene a sottolineare il suo autore, “se un alieno si affacciasse a guardare la Terra in cerca di un segno distintivo della nostra civiltà, individuerebbe il segno più rappresentativo dell’antropizzazione nel campo da calcio. Quell’enorme rettangolo verde domina, sempre uguale a se stesso, la visione dall’alto del nostro pianeta. È il nostro logo, appiccicato sulla Terra a tutte le latitudini. […] Dribblando sul fatto che il ‘calcio’, inteso come Ca, è il quinto elemento chimico in ordine di abbondanza sulla crosta terrestre ed essenziale alla manifestazione della vita, resta comunque assodato che il vero culto di massa della nostra civiltà è la partita di pallone”.

Sorta di degenerazione postmoderna del sacro perimetro riservato al culto (quello del tempio: templum, da τέμενος «recinto sacro», che l’àugure o il sacerdote tracciava sul terreno), pare che il campo da calcio sia in effetti un simbolo unificante della nostra specie, un elemento caratterizzante e irrinunciabile della nostra epoca. In una società ormai lontana dal concetto del sacro (in particolare della sacralità della ‘Natura’, a cui erano invece abituati i nostri avi politeisti) oggi si costruiscono stadi al posto di cattedrali e mausolei. Il nostro è certamente il “pianeta verde” dell’universo a noi conosciuto, ma l’uomo contemporaneo non sembra manifestare particolare interesse alla cura del suo “giardino”, è così che da questo sarcastico progetto artistico di Giovanni De Gara emergono con insistenza alcuni dei temi più urgenti della nostra società postindustriale, tra cui il problema della crisi del rapporto uomo-ambiente. Infatti – anche senza essere degli alieni – a una visione aerea del nostro pianeta risulta subito ben evidente l’incontrollata antropizzazione delle terre emerse. L'incremento demografico, la conseguente agricoltura industrializzata, l’espandersi delle periferie, la cementificazione, oltre a generare inquinamento, erosione del suolo e impoverimento delle risorse, dà origine a una razionalizzazione estrema dello spazio, partorisce paesaggi estranei ed estranianti, fortemente artificializzati, dove la mutevolezza e la complessità della natura vengono annullate. E mentre si sottraggono spazi alla natura per far largo al ‘benessere’, si diffonde l’illusione/beffa che il rapporto con il verde e con il paesaggio possa essere salvato e facilmente sostituito da microspazi di arredo urbano, da giardinetti e aiuole.
In questa ottica le opere di Giovanni De Gara si possono interpretare come delle ironiche lottizzazioni di terreno sfruttato, pezzi di verde recuperati dall’antroposfera e da restituire alla natura. Ma esse si caricano anche di ulteriori valenze. La malinconica immagine di un campo da calcio spopolato e abbandonato ci racconta di una socializzazione mancata, di una complicità delusa, di una battaglia disertata, o addirittura di un’umanità ormai estinta, segno di una società individualista, che non fa squadra, che rinuncia al confronto e non si mette in gioco.

«Spring is late!», questo titolo amaro di ascendenza beckettiana, ci annuncia che la Primavera è in ritardo, che la rinascita, l’evoluzione o la rivoluzione verso un mondo rinnovato e più consapevole stentano ad arrivare… ma i loro semi sono già qui, latenti, germogli forse di una nuova era.

G. Rodani