Giuliana Balice – Equilibri instabili
Fondazione Sabe per l’arte presenta il suo quarto evento espositivo, la mostra personale dell’artista Giuliana Balice (Napoli, 1931) dal titolo Equilibri instabili, a cura di Italo Tomassoni.
Comunicato stampa
Sabato 14 gennaio 2023 alle ore 11, la Fondazione Sabe per l’arte presenta il suo quarto evento espositivo, la mostra personale dell’artista Giuliana Balice (Napoli, 1931) dal titolo Equilibri instabili, a cura di Italo Tomassoni, critico d’arte e autore della monografia Giuliana Balice. Una geometria inquieta(Skira, 2022). Lo spazio espositivo, inaugurato nel novembre 2021 a pochi passi dal MAR – Museo d'Arte di Ravenna, intende porsi quale punto di riferimento per la promozione e la diffusione dell’arte contemporanea, con una particolare attenzione alla scultura.
La mostra, che proseguirà fino al 1 aprile con il patrocinio del Comune di Ravenna e del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, sede di Ravenna, e in collaborazione con l'Accademia di Belle Arti di Ravenna, attraversa la ricerca artistica di Giuliana Balice con una selezione di sedici opere che vanno dalla fine degli anni Sessanta ai primi anni Dieci del Duemila. Abbandonata la figurazione naturalistica, l’artista si concentra sulle valenze percettive delle forme geometriche nella loro articolazione spaziale. La determinazione di un campo esperienziale per dislocazioni di moduli e volumi statici e dinamici, leggeri o pesanti, è infatti una delle costanti della sua ricerca. Le sue strutture tendono al dialogo con un certo minimalismo, ma si distaccano da quest’ultimo per la maggiore dinamicità e obliquità che spesso assumono.
Il titolo della mostra, Equilibri instabili, è stato scelto prendendo spunto da un ciclo avviato negli anni Novanta, rappresentato in mostra da un’opera omonima del 2001, proprio per indicare questa tendenza intrinseca allo sbilanciamento e alla dinamizzazione di linee e volumi. Accanto ad alcuni primi volumi del 1969 quali Bianco verticale e Fluttuante saranno presenti nel percorso espositivo alcuni bozzetti plastici di interventi paesaggistici concepiti nei primi anni Novanta e altre opere quali Delfica (1990), Polluce (2005) o Allunaggio di un prisma (2005) che spiccano per i rimandi eccentrici ed enigmatici. La praticabilità materiale dello spazio per forme pure è il progetto alla base del lavoro di Balice che mira a eludere il disordine percettivo proprio dell’esperienza ordinaria. Sono soprattutto i lavori realizzati tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila a orientarsi in questa direzione, grazie anche all’impiego sistematico di materiali industriali quali l’acciaio, l’alluminio, il metacrilato, il plexiglas o il legno verniciato: materiali variamente riproposti nel tempo che danno corpo a proiezioni volumetriche e oggettuali volte a determinare la loro stessa presenza nell’ambiente, non per affermare verità altre, ma per ricucire un’ipotetica unità tra esistenza e forma, tra creatività e mondo.
Il progetto espositivo sarà completato da un catalogo edito da Danilo Montanari e arricchito da altri eventi organizzati nel periodo di apertura della mostra.
Giuliana Balice (Napoli, 1931) vive e lavora a Milano sin dagli anni Cinquanta. È cresciuta a Napoli, dove ha frequentato l’Accademia di Belle Arti. Negli anni Cinquanta l’artista tiene la sua prima mostra personale presso la Galleria Numero di Milano, presentata da Lara Vinca Masini. Alla fine degli anni Sessanta inizia a sperimentare la tridimensionalità e l’utilizzo di materiali industriali. Da allora la sua opera si incentra sull’astrazione geometrica e affonda le sue radici nelle esperienze del Costruttivismo russo, del movimento De Stijl e dell’Arte Concreta. Il suo lavoro ha ottenuto numerosi riconoscimenti anche nel campo del design: sulla scia del Costruttivismo, l’artista ha operato anche al servizio dei bisogni sociali e della produzione industriale. Ha tenuto varie mostre personali in Italia e all’estero. Nei primi anni Ottanta ha allestito un ambiente praticabile presso una fermata della metropolitana di Milano inteso come intervento sul rapporto tra arte e spazio pubblico. Tra i critici che si sono occupati del suo lavoro si ricordano Gillo Dorfles, Vittorio Fagone, Lorenza Trucchi e Alberto Veca.