Giuliana Storino – L’arabesco del tempo
Villa Brandolini ospita la mostra personale dedicata all’artista Giuliana Storino (Manduria 1986).
Comunicato stampa
Dal 18 marzo 2018 alle ore 18, Villa Brandolini ospita la mostra personale dedicata all’artista Giuliana Storino (Manduria 1986).
A tre anni di distanza dalla sua mostra personale Caduta libera, in occasione della sua vittoria del Premio internazionale Autofocus 7 curato da Olga Gambari, dove l’artista si era soffermata sulle tematiche dell’essere e del divenire nel processo alchemico della materia, espone ora a Pieve di Soligo L’arabesco del tempo, una mostra curata da Giacinto Di Pietrantonio.
Nella dualità di questo titolo è espressa la forza di un’idea che, contemporaneamente allude a una visione concettuale, al richiamo di tradizioni culturali lontane e dall’altra circola verso l’ignoto, tra visibile e invisibile, tra corpo e mondo, nelle direzioni del tempo.
“L’arabesco e il tempo: l’incontro di due aspetti indissolubili perché germinati da un unico pensiero messo in atto. Come due vasi comunicanti l’arabesco è la trama che ha per ordito il tempo.”
In queste sue parole è contenuto il principio della ricerca di Giuliana Storino, connotata dall’attenzione verso i fondamenti primari: l’acqua e la terra, i valori essenziali resi per mezzo di un processo manipolativo e performativo simile a un rito. Appaiono successivamente come il risultato di un lungo colloquio con il vento e con il tempo, che l’artista indaga a partire dall’atmosfera: il pulviscolo atmosferico che secondo Leonardo da Vinci, rendeva le visioni reali, sfumate e mobili alla vista.
Distillando atmosfere, essenzializza la forma –arabesco- e polverizzandola la sedimenta, facendola sfuggire all’asse rettilineo del tempo.
“La memoria profonda dell’acqua, mediante l’impiego della terra, riporta in superficie il disegno originario, eco dello spazio nel tempo. L’arabesco ricama sull’ordito del tempo.”
Nel recente corpus di opere per la mostra in Villa Brandolini, l’artista parte dall’ esperienza della realtà e tenta di rimetterla in atto come opera. Si muove intorno a linguaggi multipli e contaminazioni differenti che spaziano dal disegno alla pittura, dalla scultura al video. È questo il caso di opere che esplorano le possibilità, giocando sull’ironia e la contraddittorietà del paradosso esistenziale, come Buco d’acqua, dove il significato fallimentare si trasforma in obiettivo da raggiungere, e della proiezione audiovisiva Lascia il tempo che trova, dove, sovvertendo il punto di vista, il significato non più semantico dell’espressione, trova nella messa in atto, una temporalità altra. Come in una clessidra, il tempo che passa Lascia il tempo che trova. L’opera è affidata dall’artista all’azione del mare, al suo continuo ritorno, dove il tempo diventa nel concetto e nella pratica il suo mezzo unico di verifica.
Lo spazio espositivo si apre con una serie di installazioni che riecheggiano i suoi disegni su carta e le pitture su tela, secondo un principio di circolarità e di ripetizione esemplari della sua opera. Dall’equilibrio precario e al contempo permanente di Identica visione, alla dimensione arcaica dei cicli di acqua e di terra, le sostanze persistenti che l’artista setaccia e sedimenta in Arabeschi e Radure, invitando a meditare sulla ciclicità della natura e la precarietà dell’esistenza.
Ne-I vertebrati, una sequenza di mani assumono le sembianze di una colonna vertebrale, un chiasma visivo e d’inganno percettivo a ricordarci che la mano ha reso l’uomo umano.
Singolare è l’opera Cavalletto a dondolo, poiché sposa l’idea di monumentalità dell’oggetto tradizionale della pittura – il cavalletto - alla condizione oscillatoria dei valori dell’arte contemporanea.
L’artista fa rivivere gli spazi delle serre di Villa Brandolini attraverso un’installazione site specific intitolata Cicàdidi. Una selva di liane olografiche e un sistema audio immersivo appositamente studiato per l’installazione, che riproduce il canto delle cicale a formare un arabesco sonoro. L’ambiente naturale entra nello spazio artificiale e si propaga nell’ampio giardino disorientando i passanti. Lo stimolo della memoria uditiva in Cicàdidi, espressione di un tempo non decifrato, entra in legame con quella visiva di Urpflanze, in riferimento all’idea di Goethe di trovare la pianta originaria. Un sentire vegetale, come la linfa, nelle tonalità diafane del tempo ramificato.
L’arabesco del tempo, metafora della perenne novità di ogni atto, porta con se il tempo dell’accadimento, dove il segno risponde al ritmo della respirazione del corpo. Nel movimento che va dalla mano alla traccia, il getto dell’acqua raccoglie l’impulso del corpo, annullando le distanze tra il fare e l’esistere. La mostra mira a innescare una percezione del movimento della vita nella geometria dell’universo, del rapporto tra corpo e mondo, delle interazioni tra interiorità ed esteriorità, sviluppando immaginari che rimettono in discussione i nostri meccanismi percettivi.
Biografia
Giuliana Storino nata a Manduria (Ta) nel 1986.
Insegna Anatomia Artistica ed Elementi di morfologia e dinamiche della forma, all’Accademia di Belle Arti di Firenze e all’Accademia di Brera a Milano.
Laureata all’Accademia di Belle Arti di Brera, si specializza in Arti Visive con indirizzo Pittura. Ha partecipato a workshop, tenuti da visitor professor come Cesare Viel, Virginia Ryan, Bruna Esposito, per la residenza d’artista SAC “Mari tra le mura” – MOVINGART&OPENSPACE, Museo Pino Pascali. Ha partecipato a numerose mostre e rassegne, nazionali e internazionali e ha ottenuto diversi riconoscimenti; tra le ultime: IV Premio Cramum, Vox clamantis, a cura di S.M. Frassà, Palazzo Isimbardi, Milano(2016). The Others, a cura di Olga Gambari, ex carceri Le Nuove, cella B3, Torino (2015). Caduta libera, a cura di Olga Gambari, Spazio VANNI, Torino (2015). Biennale Giovani Monza, segnalata da Claudio Cerritelli,Elio Grazioli, Anna Bernardini, Ilaria Bignotti, Fabio Cavallucci, Palazzo dell’Arengario, Monza(2015). Era,Museo Civico Parisi Valle, Comune di Maccagno (Va)(2014).
Vive e lavora tra Milano e Firenze.