Giuliano Ghelli inedito
Gioco e forma in opere dal 1963 al 1983 nel clima fiorentino contemporaneo.
Comunicato stampa
La Sala del Basolato di Fiesole (Firenze) ospita, dal 7 aprile al 20 maggio 2018, “Giuliano Ghelli inedito. Gioco e forma in opere dal 1963 al 1983 nel clima fiorentino contemporaneo”. Una mostra, a cura di Mirella Branca, che ricorda l’artista toscano, scomparso nel 2014, attraverso una cinquantina di opere, dagli esordi negli anni Sessanta, in cui abbracciò le tendenze pop dell’arte italiana ed internazionale dell’epoca, sino agli inizi degli anni Ottanta. Non vedremo il Ghelli maturo, più conosciuto, a cui negli ultimi anni sono state dedicate numerose mostre, ma un Ghelli giovane, totalmente ‘inedito’, per gioco e forma, che guarda all’avanguardia italiana ed europea degli anni ‘60 e ‘70, produce quadri e oggetti che desteranno stupore e ammirazione e nei quali si sente già tutta la coerenza e la forza dell’artista.
La mostra vede quale partner Banca Cambiano 1884 Spa, che possiede molte opere del Maestro, che espone nelle proprie filiali, per condividerne la cultura e l’espressione creativa.
Giuliano Ghelli, nato a Firenze nel 1944, si affacciò al mondo dell’arte nei primi anni Sessanta, partecipando, pur in modo assolutamente individuale, alle tendenze del periodo, quando il paese si apriva alla cultura di massa, nel contesto di una piena fiducia nella tecnologia.
Ghelli espose in quegli anni in mostre collettive nelle sedi di Firenze e di Milano della galleria “Numero” di Fiamma Vigo, luogo di incontro delle più moderne tendenze del momento, respirando anche, nel decennio successivo, il clima fiorentino reso fervido dalla presenza di gallerie d’avanguardia.
Sono questi i decenni a cui è dedicata la mostra fiesolana, volta a dimostrare la coerenza di Ghelli, incentrata su una visione della realtà in chiave fantastica, stimolata tra l’altro dal mondo della fantascienza, centrale nell’Italia di quel periodo. Lo attestano le opere degli anni Sessanta e Settanta vicini al ciclo dei robot dei romanzi di Isaac Asimov, nelle quali si afferma un linguaggio fatto di lettere o cerchi, segni o forme libere stese a piatto, giunture meccaniche e dinamiche frecce direzionali, colori intenzionalmente privi del loro carattere pittorico, richiamo piuttosto al mondo industriale, in contrasti ora delicati ora più vivi.
Ne emerge un mondo personale tendente all’astratto, dove larga parte hanno il gioco, lo humour e il trascendere la tela, secondo quanto ormai ben presente nell’arte italiana dopo il Futurismo.
Nella realizzazione di sagome colorate, quasi dotate di vita autonoma e divenute forme oggettuali, si trova un’altra caratteristica del linguaggio di Ghelli, quella della capacità di un racconto favolistico, che si articola nello snodarsi delle forme. Come per esempio nei suoi Portapaesaggi, fatti di ruote, segnali stradali, binari, grattacieli: un mondo reale che diventa qui fantastico.
In quegli anni Giuliano Ghelli è stato recensito da voci critiche di grande rilievo, da Lara-Vinca Masini, in chiave molto poetica, a Aldo Passoni. Con Vinicio Berti scattò poi un’affinità speciale, nell’essere Berti legato al mondo del fumetto, come Ghelli a quello robotico, ambedue parte della cultura popolare, anche come strumento per guardare oltre la realtà: un fiabesco segnato dalle suggestioni della tecnologia.
In questo mondo si radica anche l’interesse, maturato più tardi, per le macchine di Leonardo, non estranee allo sviluppo di automatismi, spunto per giochi immaginari. Vi tornano con più forza i colori e le forme, giocate in libertà, dal carattere più naturalistico ma libere come giocattoli senza peso in una giocosa dimensione onirica. La mostra intende concludersi su questa fase della sua attività, nei primi anni ottanta, quando l’opera dell’artista acquista un carattere più surreale.
Insieme ai lavori di Giuliano Ghelli saranno esposte opere di altri artisti a lui contemporanei: Valerio Adami, Luca Alinari, Vinicio Berti, Antonio Bueno, Pietro Gentili, Sebastian Matta, Gastone Novelli, Vittorio Tolu.
Il catalogo, edito da Polistampa, include testi di Mirella Branca, Lara-Vinca Masini e Barbara Casalini, Assessore alla Cultura del Comune di Fiesole.
L’artista
Giuliano Ghelli, nato a Firenze nel 1944, era un artista praticamente ossessionato dal segno e dal colore, quanto dalla campagna toscana in cui, per scelta e per sorte, ha vissuto tutta la vita.
A diciassette anni cominciò a frequentare la galleria “Numero” di Fiamma Vigo. Il giro di artisti e intellettuali che conobbe influenzarono molto il suo approccio alla pittura. Dieci anni dopo, un contratto con il gallerista Marcello Secci permise all’artista di dipingere a tempo pieno.
Nel 1974 pubblicò il piccolo volume “Il Portapaesaggi” con testi di Lara-Vinca Masini, nota storica dell’arte contemporanea. Delle opere che espose a Parigi lo stesso anno, Aldo Passoni, direttore della Galleria d’Arte Moderna di Torino, lodò “la segnaletica pop, il tratto volutamente ruvido, goffo, la dimensione narrativa”.
Ghelli cominciò ad essere apprezzato nel nord Europa e nel ’75 ebbe la prima di tre mostre personali a New York. Nello stesso anno fu segnalato dal critico Tommaso Paloscia nel Catalogo Nazionale Bolaffi d'Arte Moderna come uno dei migliori artisti italiani.
Negli anni ‘80 una progressiva invalidità della moglie Annamaria costrinse Ghelli a ridurre i ritmi di lavoro, per occuparsi di lei. Nei dipinti, a cui si aggiunsero anche acquerelli, scene fantasiose raffigurano temi letterari e relazionali in paesaggi giocosi. Contorni e colori, rispetto alle tele degli anni ‘70, si ammorbidiscono; al posto della ricerca spinta si avverte una dolce intimità. Degli anni ‘80 è l’amicizia con i collezionisti Giulio Baruffaldi e Cuca Roaldi, fonte di innumerevoli contatti nel mondo della cultura, la politica e l’industria che portarono nuove idee e importanti commissioni.
Dal 1990 Ghelli fu affascinato dai testi e dai disegni di Leonardo da Vinci, protagonisti di un grande
ciclo di opere del periodo. Una personale al Castello Sforzesco di Milano, nel ’92, fu accompagnata da un catalogo con testi dello storico leonardesco Carlo Pedretti. Nel 1995 Ghelli completò la commissione privata più importante della sua carriera: venti tele di grande formato, sempre richiamando temi meccanici, per la sede di Mercedes-Benz Italia a Roma.
Dalla metà degli anni ‘90 Ghelli convisse con Sandra Stanghellini, che lo affiancò nell’organizzazione di mostre in luoghi sempre più vari. All’aumento di produzione si associò uno stile più “pieno” e controllato: il “tratto volutamente ruvido, goffo” commentato da Passoni negli anni ‘70 non era più in evidenza; permase un cenno alla “dimensione narrativa”.
Attorno al 2000 Ghelli iniziò a creare il suo Esercito di Terracotta, sulla scia delle antiche figure del Mausoleo di Qin Shi Huang ritrovato a Xi'an. I quarantacinque busti femminili di Ghelli, descritti da lui come “un esercito di pace”, dettero spunto ad edizioni in materiali, dimensioni e finiture varie, ampiamente esposte negli anni successivi.
Nel 2002, con il critico Maurizio Vanni e il supporto della Galleria Tornabuoni, Ghelli pubblicò il catalogo “L’Eco del sogno”. Sempre con Vanni nel 2005 uscì l’importante monografia “Le vie del tempo”. Il 2008 vide Ghelli ad inaugurare una personale all’Istituto Italiano di Cultura a Tokyo, in contemporanea del lancio della Fiat “Nuova 500″ della quale realizzò un esemplare unico per beneficienza. Nello stesso anno partecipò con le sue opere al Festival Sete Sóis Sete Luas in Portogallo, Marocco, e Spagna. Poi nel 2012, sempre col Festival Sete Sóis Sete Luas, espose in Portogallo e Francia.
Nel 2013 una mostra personale a Palazzo Panciatichi, a Firenze, celebrando 50 anni di piena attività, rallegrò l'intero edificio storico per alcuni mesi. Lo stesso anno Ghelli fu riconosciuto con il Gonfalone Argento dal Consiglio Regionale della Toscana e con l’Onorificenza di Commendatore dell'Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana” dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano.
L’Archivio Giuliano Ghelli, fondato nel 2015, è un'associazione culturale che si occupa della conservazione e gestione di opere lasciate in eredità dall’artista, nonché della certificazione e catalogazione di opere in collezioni private.