Giulio Di Sturco – Ganga Ma

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE STELLINE
Corso Magenta 61, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

martedì – domenica, h. 10.00-20.00 (chiuso il lunedì)

Vernissage
06/02/2020
Biglietti

€ 8 intero; € 6 ridotto (ultimo ingresso un’ora prima della chiusura)

Artisti
Giulio Di Sturco
Curatori
Eimear Martin
Uffici stampa
STUDIO BONNEPRESSE
Generi
fotografia, personale

In mostra alla Fondazione Stelline il progetto fotografico sul fiume Gange che documenta gli effetti dei cambiamenti climatici. Una riflessione filosofica per immagini su un domani non troppo lontano.

Comunicato stampa

La fotografia torna protagonista alla Fondazione Stelline, che apre la propria stagione espositiva 2020 con la mostra di Giulio Di Sturco Ganga Ma, a cura di Eimear Martin (6 febbraio – 22 marzo 2020).

Ganga Ma è il frutto di una ricerca fotografica decennale sul fiume Gange che documenta gli effetti devastanti dell’inquinamento, della industrializzazione e dei cambiamenti climatici. Il progetto segue il fiume per oltre 2.500 miglia, dalla sua sorgente nel ghiacciaio del Gangotri, situato nella catena dell’Himalaya, fino alla foce nel Golfo del Bengala, in Bangladesh.

Il risultato è una riflessione filosofica per immagini che presagisce un futuro non troppo lontano, consentendoci di percepire l’incombenza di un mondo tossico e post-apocalittico.

Ganga Ma è iniziato come progetto documentario a lungo termine, concepito come testimonianza dello svolgimento di un disastro ecologico in corso. Tuttavia, nel processo creativo Giulio Di Sturco ha modellato un vero e proprio linguaggio visivo, capace di mostrarsi sensibile ai cambiamenti già avvenuti sul Gange e di indagare il paesaggio in cerca di segni di ciò che ci aspetta.

Il Gange è un esempio emblematico della contraddizione irrisolta tra uomo e ambiente, poiché è un fiume intimamente connesso con ogni aspetto – fisico e spirituale – della vita indiana. Tutt’oggi costituisce una fonte di sussistenza per milioni di persone che vivono lungo le sue rive, fornendo cibo a oltre un terzo della popolazione indiana. Il suo ecosistema include una vasta eterogeneità di specie animali e vegetali, che stanno però scomparendo a causa dei rifiuti tossici smaltiti ogni giorno nelle sue acque. È chiaro che il fiume sia sull’orlo di una crisi umanitaria e di un disastro ecologico.

Giulio Di Sturco ci invita a entrare nell’opera e dopo l’iniziale stordimento dell’immagine seducente e poetica, che rivela la maestosità della natura dalla prospettiva del fiume e delle sue rive, a vedere la sua tossicità, l’effetto devastante della industrializzazione ma anche dei cambiamenti climatici e dell’urbanizzazione.

Un invito reso anche dalla selezione accurata della carta usata per la stampa che ha una sottile texture che dà un effetto quasi tridimensionale all’immagine. Scattate soprattutto alle prime luci dell’alba, quando la luce è più tenue, le immagini di Ganga Ma sono imbevute di un caldo color sabbia che trasmette la sensazione di aridità della terra. Il processo fotografico non tenta di privilegiare né i primi piani, né gli sfondi, consentendo alla luce e alle sfumature di irrompere nelle immagini senza gerarchia alcuna.

La mostra è accompagnata dalla omonima monografia (Gost Books, 2019), con un bellissimo saggio introduttivo di Vandana Shiva, scrittrice e ambientalista indiana, tra i principali leader dell'International Forum on Globalization, e della curatrice Eimear Martin.

Giulio Di Sturco (Roccasecca – FR –, 1979) vive e lavora tra Londra e Parigi. Ha studiato presso l'Istituto Europeo di Design e Arti Visive di Roma prima di trasferirsi in Canada e poi in India, dove ha trascorso cinque anni a perfezionare il proprio vocabolario visivo. La sua ricerca si concentra principalmente sulla società del futuro, alla luce dei cambiamenti ambientali e dell’evoluzione tecnologica in atto. Di Sturco collabora con numerose testate internazionali tra cui Financial Times, Vanity Fair, National Geographic, Wired e The New York Times. Tra i suoi riconoscimenti ricordiamo tre premi World Press Photo, i Sony Photography Awards, i British Journal of Photography International Awards e due Getty Grant. Il suo progetto “Aerotropolis” è stato tra i finalisti dell’Aesthetica Prize ed è stato nominato per il prestigioso Prix Pictet 2019. Le sue opere sono state esposte in festival e gallerie di tutto il mondo e sono state acquisite da collezioni private.