Giuseppe Del Franco
Mostra personale
Comunicato stampa
Giuseppe Del Franco
Chieti, 1946 – Carpi, 2013.
Giuseppe Del Franco è emerso da un episodio molto importante nella vita artistica di Bologna, con ampi riflessi di portata nazionale e oltre. Si tratta del cosiddetto Studio Bentivoglio, sviluppatosi nell’omonimo Palazzo cinquecentesco, in cui il più maturo Vasco Bendini e giovani alle prime armi come Pier Paolo Calzolari, Luigi Ontani, e appunto Del Franco, si sono trovati a condividere un clima di intensa sperimentazione. Per l’anziano del gruppo, Bendini, fu un coraggioso intervallo in una carriera di sottile pittore di specie informale, per gli altri fu una vigilia di preparazione a successivi passi importanti. Calzolari prendeva da lì l’avvio per confluire nell’Arte povera, movimento principe della fine anni Sessanta, Ontani, dopo aver attraversato quel clima, lo ha poi scavalcato ponendosi alla testa del fenomeno della “ripetizione differente” e del gruppo dei Nuovi-nuovi. Del Franco era un loro pari grado, come ha potuto rivelare una mostra alla Nuova Loggia, nei sotterranei della sede in cui la galleria bolognese si era trasferita, in piazza Santo Stefano. Del Franco si muoveva tra opera e comportamento, si potrebbe dire, apprestando come le basi per esercizi a corpo libero, senza però sfociare nella performance, anzi, mantenendo in sospeso le operazioni, a un livello virtuale o “concettuale”, come anche sottolineato da numerosi inserimenti di lettere e frasi. Era un lavoro prezioso che ebbe pronti riconoscimenti, fino a essere ospitato da una Galleria di punta come la torinese Christian Stein, e da essere ammesso alla collettiva “Gennaio 70”, in cui era presente al completo la formazione dell’Arte povera. Forse a un pieno sviluppo di questi presupposti ha nuociuto una serie di trasferimenti per ragioni professionali. Entrato nel corpo docente delle Scuole d’arte, Del Franco è stato a Teramo, a Verona per approdare infine a Modena, avendo dimora nella provincia di Reggio Emilia. Ma questi trasferimenti non hanno inciso sulla sua riflessione interna, pronta a valersi di ogni mezzo consentito dalla rivoluzione del ’68, dunque, il ricorso alla fotografia in primo luogo, di cui però Del Franco ha fatto un uso libero, anticipando l’ologramma, con le sue vedute cangianti e sovrapposte, così da dare dinamismo alle immagini pur mantenendole ferme a livello materiale. Il bianco e nero fotografico è stato quasi sempre arricchito da intense colorazioni, in cui l’artista ha sviluppato un’acuta sensibilità per il prisma ottico, procedendo a scomposizioni e ad altre sorprendenti alchimie, ma pronto, del resto, a valersi pure di brillanti soluzioni pittoriche, in una agile dialettica tra grandi e piccoli formati. Dopo gli anni dispersivi del suo destino nomadico egli ha trovato un sicuro approdo nella compagine dei Nuovi-nuovi, di cui ha valorizzato la componente cosiddetta “aniconica”, per non dire “astratta” o “optical”, al pari di Luciano Bartolini, Vittorio D’Augusta, Enzo Esposito e altri. Questa retrospettiva ne mostra il percorso nello stesso tempo vario di esiti ma sempre retto da una coerenza di fondo.
Catalogo a cura di Renato Barilli e Pasquale Fameli edito da Asterisco. Dall’8 settembre 2017 all’8 ottobre. Orario: tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 10 alle 19.