Giuseppe Gallo – Il teatro assurdo del viandante
Sin dagli esordi Giuseppe Gallo dimostra una varietà espressiva che oscilla tra il ricorso a tecniche antiche e sperimentazione di nuovi procedimenti, tra istanze concettuali e amore per la tradizione.
Comunicato stampa
Sin dagli esordi Giuseppe Gallo dimostra una varietà espressiva che oscilla tra il ricorso a tecniche antiche e sperimentazione di nuovi procedimenti, tra istanze concettuali e amore per la tradizione. Il suo linguaggio, estremamente colto nella trama di rimandi culturali e nella creazione di un cifrario simbolico imperniato su spunti iconografici ricorrenti, accosta tra loro forme geometriche, minuziosi dettagli figurativi, sfondi astratti e composizioni articolate in strutture complesse.
Dopo le mostre dei primi anni ’80 nel Nord Europa dedicate al gruppo di via degli Ausoni, insieme, tra gli altri, a Gianni Dessì, Piero Pizzi Cannella, Nunzio e Marco Tirelli, Gallo procede lungo un percorso scandito da importanti appuntamenti espositivi, tra i quali la XLIV Biennale di Venezia nel 1990, dove ottiene una sezione personale. Con l’opera San Nicola da Tolentino del 1996 figura nella collezione permamente del Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig di Vienna. Nel 2000 è invitato al Palazzo delle Esposizioni a Roma nella rassegna Trialogo con Anthony Gormley e David Hammons.
L’antologica del 2004 Percorso amoroso alla Galleria Civica d'Arte Moderna di Spoleto anticipa di alcuni mesi la personale dal 30 aprile 2005 alla Galleria dello Scudo a Verona, cui segue la sua presenza in varie altre iniziative di rilievo internazionale: tra esse, la seconda Biennale internazionale di Pechino nell’autunno 2005; l’antologica, a cura di Danilo Eccher, al MACRO a Roma nell’inverno 2007-2008, poi trasferita alla Kunsthalle Mannheim nell’estate del 2008, quindi riproposta con alcune varianti al Musée d’Art Moderne de Saint-Étienne nel maggio 2009. Varie sono le collettive in cui figura tra il 2009 e il 2010, allestite in musei e spazi pubblici, quali Italia Contemporanea. Officina San Lorenzo, MART, Rovereto; Gli anni 80. Una prospettiva italiana, Arengario e Serrone di Villa Reale, Monza; Keep your seat: stai al tuo posto, Galleria d’Arte Moderna, Torino. L’antologica Una notte ho provato a uccidere un sogno. Da allora non mi sono più svegliato al Castello Normanno-Svevo di Cosenza dal 31 ottobre 2015 offre un’ampia panoramica sui molteplici esiti del suo linguaggio. Nel novembre 2016 l’opera Senza titolo, 2011, proveniente dalla Collezione Chiara e Francesco Carraro, viene presentata da Christie’s New York, stabilendo il record di vendita per l’artista. Stimata $ 40.000 - 60.000 viene infatti aggiudicata a $ 300.000 ($ 367.500 compresi i diritti d’asta).
Dopo la personale Mito-rito-sito presentata nella primavera del 2005, Gallo torna a esporre alla Galleria dello Scudo nella personale Il teatro assurdo del viandante in programma dal 2 dicembre 2017. Il titolo lascia intendere la volontà dell’artista di mettere in scena uno spettacolo che offra al viandante, ovvero allo spettatore, un cammino attraverso una selezione di lavori, che annoverano quadri di grandi dimensioni, sculture e installazioni in bronzo, accostati fra loro senza un filo logico. Il nesso, semmai, è paradossale. Dal rimando alle costellazioni celesti a un accenno alla divinazione antica, i temi affrontati sono espressione del fluire di una creatività che rifiuta l’organica e prevedibile pertinenza a un tema, dimostrando ancora una volta la peculiarità di una ricerca memore delle molteplici possibilità espressive offerte dai materiali connessi a un’antica pratica artigianale.
Il libro del filosofo e la luce, 2017
olio, affresco, acquarello e tempera su tavola, 92 x 159 cm
Opera centrale della mostra è Via Lattea, di grandi dimensioni, composta di frammenti ottenuti da immagini ritagliate. Con un’ardita inversione del procedimento archeologico di ricomposizione dell’oggetto, lo sfondo in cera viene realizzato a lavoro concluso, dopo l’applicazione di forme scomposte, nate dall’unione di tre tecniche tradizionali: acquarello, olio e affresco.
Il modello sembra essere quello della costruzione musicale. Quanto è il risultato di una deflagrazione viene in un secondo momento asportato rendendo visibile lo sfondo chiaro che si alterna al colore in un procedimento di sottrazione. “È come lavorare sulla natura, dove interviene il vento, l’insetto…” dice Gallo.
Via Lattea, 2017
olio ed encausto su tavola, 136 x 280 cm
Nei dipinti le immagini vengono giustapposte le une sulle altre, sembra quasi che si ritaglino da sole, assumendo forme diverse. C’è anche qualche lettera che affiora, ma non è possibile ricostituirne il senso. In un caso appare la frase “Gallo è matto”, ridotta in brandelli disseminati nel quadro. Le forme nascono inizialmente come sagome nere su vetro; vengono poi dipinte a olio, quindi staccate e tagliuzzate. Il procedimento è lento e complesso, come se l’arte fosse un reperto archeologico di cui sia difficile ricostruire la struttura originaria.
All’interno di una sala della Galleria dello Scudo si erge sino al soffitto una griglia dalle maglie larghe. Realizzata nella sua prima versione con rami e tronchi spezzati, viene ora reinterpretata in bronzo. “Era la forma stessa degli alberi a darmi l’unione tra l’uno e l’altro” dice l’artista. Quinto Quarto è un reticolo, che al tempo stesso segna una chiusura e un’apertura, disegna uno spazio trasparente e aderente ai precetti della natura. In un’altra sala figura il “Pollaio” a grandezza naturale (dal titolo equivocante Galleria) con alcune maquette. Si tratta di unità abitative, non per uomini, ma per animali da cortile, volatili che non si levano in volo. All’operazione non è estranea l’ironia tutta italiana sul cognome stesso dell’artista. “La bottega italiana ̶ dice Gallo ̶ può fare tutto, l’artista italiano ha sempre lavorato per la vita”.
Quinto quarto, 2017
bronzo, 290 x 390 cm
(la foto riproduce la prima versione in legno dell’opera)
In questa, come in altre opere riunite alla Galleria dello Scudo, rimane costante la ricerca di un dialogo con la natura, che si risolve in un approccio al tempo stesso organico e geometrico, coadiuvato dal potere astrattivo del disegno. Su tutto domina l’operare dell’artista, quella capacità di trasformazione alchemica che sa mutare, attraverso tecnica, conoscenza e fantasia, quanto si offre all’esperienza e alla visione di un universo in costante mutazione.
In questa mostra di Giuseppe Gallo non figurano solo quadri. Taci. Ho un peso un po’ romantico sulle spalle è un autoritratto che ritrae il volto dell’artista schiacciato da un colpo violento, realizzato dapprima in creta, poi in cera, quindi in bronzo. Sembra che una delle finalità del progetto espositivo sia anche quella di creare incidenti. L’artista infatti ha già predisposto nel suo studio un dispositivo grazie al quale, tirando un corda, un ripiano si apre e lascia cadere una testa in creta fresca che nell’impatto si deforma, per poi essere fusa in bronzo. È un modo del tutto non convenzionale per affrontare la componente dell’imprevedibilità così come della perdita d’identità.
Se spunto iniziale per molte opere riunite nella mostra è l’ironia assurda del giocare con sé stesso, nel lavoro dell’artista si avverte inoltre un lasciarsi andare alla memoria dell’infanzia che fa riaffiorare non solo le tecniche, ma la sensibilità del restauro. Il padre infatti era restauratore e coinvolgeva nel proprio lavoro il figlio, cui ripeteva: “l’arte è logica”.
Nelle sale compariranno peraltro alcune massime, ovvero frasi pronunciate da un padre spirituale come Brancusi. “Passavo la mia infanzia a restaurare affreschi, avevo i materiali in casa, dipingo da quando avevo tre anni”, ricorda Gallo. Ha imparato infatti in casa, da piccolo, che l’arte è frutto anche di un processo razionale; ciononostante ha voluto regalarci un teatro dell’assurdo. Il viandante cui il titolo si riferisce è ognuno di noi, è lo spettatore invitato a un viaggio apparentemente senza regole all’interno del percorso espositivo; ma viandante è anche l’artista che percorre lo stesso tragitto chiamandoci a esserne partecipi.