Gli Italiani e la moda. 1860-1960
La mostra racconta, attraverso 300 fotografie originali, la storia affascinante di 100 anni di moda italiana.
Comunicato stampa
Dall’8 aprile al 1 novembre 2017 negli spazi del Museo Nazionale di Villa Pisani a Stra (Venezia) la mostra Gli Italiani e la moda. 1860-1960 racconta, attraverso 300 fotografie originali, la storia affascinante di 100 anni di moda italiana. Senza dimenticare lo sfarzo dell’alta moda, l’esposizione si concentra su quella di tutti i giorni, mostrando come, nell’arco di un secolo, si è evoluto il modo di vestire degli italiani: celebrità e gente comune, uomini, donne e bambini che affollavano strade e piazze, uffici e giardini pubblici. Dalla redingote (abito maschile elegante) alla giacca, dai corsetti alle linee morbide dei tailleur femminili, dal cilindro alla bombetta, un viaggio nel tempo come solo le fotografie sanno mostrare, in cui i visitatori ritroveranno il volto antico e poi sempre più moderno non solo dei modi italiani dell’abbigliamento ma, soprattutto, della propria storia famigliare, tanto personale quanto sociale, che è segno e memoria dei modi, non solo estetici ma morali e civili, con cui il vivere quotidiano affrontò ben due guerre mondiali e una dittatura fino al sorgere della Repubblica.
Gli Italiani e la moda. 1860-1960 è promossa dalla Direzione del Polo Museale del Veneto, organizzata e realizzata da Munus e patrocinata dal Comune di Stra.
GLI ITALIANI E LA MODA. 1860-1960
Dopo il successo della mostra Il Grand Tour e le Origini del 3D, che nel 2016 ha totalizzato oltre 100.000 visitatori, per la primavera-estate 2017 il Museo Nazionale di Villa Pisani e Munus, società concessionaria dei servizi museali che da anni porta avanti un progetto di valorizzazione della Villa e una programmazione annuale di grandi mostre, presentano una mostra che, nel proseguire la ricognizione della fotografia storica che ha già documentato le vedute di Italia, Europa e Venezia nonché le tradizioni della cultura alimentare nel nostro Paese, affronta stavolta il tema della moda.
Gli Italiani e la moda. 1860-1960, costituita da oltre trecento fotografie originali, intende presentare e ripercorrere la storia dell’abbigliamento degli italiani, i loro modi di vestirsi e di acconciarsi con tutto l’immaginario che sempre è presente nella moda e quanto gli abiti rivelino della storia civile e sociale d’Italia. Pur non dimenticando il tono alto della moda, i personaggi famosi che facevano “tendenza”, la mostra recupera quella che fu indossata dalla maggioranza della popolazione, uomini, donne e bambini, dall’alba dell’unità nazionale al primo decennio della Repubblica. Se è vero, infatti, che l’alta moda detta i canoni dell’estetica dell’abbigliamento, a cui la “buona società” fa riferimento, è altrettanto vero che la moda di tutti i ceti sociali, della quotidianità, ha contraddistinto l’aspetto degli italiani. Nel mondo de “la moda di tutti i giorni”, gli abiti e le acconciature discendono o si rifanno ai tipi della “moda alta”, imitandola, semplificandola e, spesso, conservando gli elementi della tradizione del costume, a cui soprattutto le generazioni d’età maggiore stentano a rinunciare.
IL PERCORSO DELLA MOSTRA
Le fotografie dell’Ottocento raccontano e descrivono un’età ormai perduta nelle cui immagini ritorna la serietà e i modelli dei ruoli sociali e del buon gusto d’allora. Signori in abito elegante e cilindro, con i pantaloni rigorosamente non stirati, sono ripresi dal fotografo nel loro più consono aspetto quanto mai dignitoso. Questi si accostano a signore e signorine chiuse in abiti con uno stretto corsetto, dalle ampie gonne sorrette da apposite strutture, ornato da fiocchi e merletti fatti a mano in casa. Le popolane si avvolgono in grandi scialli e le loro lunghe gonne scendono diritte a terra. I lavoratori invece indossano per il fotografo l’abito della festa e magari si tolgono la bombetta che durerà loro per una vita. Anche le acconciature si ispirano ai modelli delle classi sociali maggiori, che nell’Ottocento hanno il loro prototipo nella figura del sovrano. Così, nei ritratti fotografici, la foggia dei capelli, dei baffi lunghi, folti e arricciati, come del taglio delle barbe, fanno eco a quelli del re Vittorio Emanuele II prima e Umberto I dopo, mentre la pettinatura delle signore raccoglie in morbidi chignon i lunghi capelli o si ispira alle acconciature ricercate della Principessa Sissi.
Poi, con il Novecento, tutto muta, e mentre gli abiti maschili riscoprono i colori tenui per le stagioni più calde, le donne abbandonano gli ampi e invadenti vestiti per fogge più semplici nel taglio e nel profilo, dall’orlo che svela le caviglie, mentre anche le belle chiome si offrono alle forbici del parrucchiere. Le fotografie registrano ogni cambiamento dell’aspetto e dell’abbigliamento, poiché la fotografia segue e insegue il mondo e la sua realtà umana e sociale.
Così si arriva alle mode degli anni del regime fascista, dove modelli di apparente proto femminismo della “buona società” si confrontano con la praticità degli abiti maschili, mentre perdura negli uomini l’uso di portare il cappello che per le donne è ancora un elegante vezzo. È con gli anni del secondo Dopoguerra che l’abbigliamento maschile e femminile dividono le loro strade e se gli uomini ancora non abbandonano, nell’impresa della ricostruzione, giacca e cravatta, le donne indossano abiti sempre più pratici e accorciati, individuando nel tailleur il modello e segno della crescente richiesta del riconoscimento di una completa pari dignità con l’altro sesso. A ispirare la gente comune non sono più (solo) re e principesse, ma i divi del cinema: Tyron Power, Amedeo Nazzari, Alida Valli, Rossano Brazzi.
A Villa Pisani sarà visitabile fino al 25 giugno con un biglietto unico anche la mostra Lancerotto. Il ritorno di un protagonista, prima esposizione dedicata interamente all’artista noalese, che vuole essere un dovuto e definitivo riconoscimento del valore del ruolo di primaria rilevanza che Lancerotto ha ricoperto nella straordinaria stagione pittorica veneta tra Otto e Novecento. La mostra, curata da Monica Pregnolato e Camillo Tonini, è stata realizzata dal Comune di Noale, con il sostegno della Regione del Veneto e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Venezia e le Provincie di Belluno, Padova e Treviso e del Polo Museale del Veneto.