Gohar Dashti – Fragile handle with care
Terza personale dedicata a Gohar Dashti (Ahvaz, Iran – 1980), una delle autrici più interessanti della scena contemporanea iraniana.
Comunicato stampa
Dall’8 febbraio al 24 marzo 2018, la galleria Officine dell’Immagine di Milano è lieta di presentare la terza personale dedicata a Gohar Dashti (Ahvaz, Iran – 1980), una delle autrici più interessanti della scena contemporanea iraniana.
Curata da Silvia Cirelli, la mostra propone i recenti progetti di questa talentuosa interprete, presentati in esclusiva italiana. Distintasi negli ultimi anni con partecipazioni in prestigiosi Musei internazionali come il Mori Art Museum di Tokyo, la Kadist Art Foundation di Parigi, il Museum of Fine Arts di Boston, il Victoria and Albert Museum di Londra, il Museum of Contemporary Photography di Chicago e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Gohar Dashti si riconferma come uno dei punti di riferimento della fotografia contemporanea mediorientale.
Da sempre attenta al confronto con tematiche socioculturali, identitarie, comportamentali e geopolitiche che interessano non solo la realtà iraniana – a cui è certamente legata – ma che riguardano in generale la storia culturale attuale, Gohar Dashti traduce in arte la precarietà di un momento storico segnato dal senso di sradicamento, l’incomunicabilità fra le persone e il bisogno di appartenere.
La narrazione di questa giovane fotografa arriva all’autentica essenzialità emotiva, denudando completamente le vulnerabilità umane. Questo avviene tramite una raffinatezza lessicale strettamente connessa a un’implicita connotazione autobiografica, e una simmetria creativa audace e incisiva, dove l’estetica dell’allegoria si scopre come costante elemento focale.
Fragile, handle with care, titolo della personale milanese, raccoglie le sue ultime serie fotografiche, progetti artistici dove la consueta presenza umana, alla quale Gohar Dashti ci aveva da sempre abituati, viene completamente abbandonata. Non ritroviamo più, infatti, quella componente umana dalla morfologia emozionale quasi commovente. Ora, è la forza prepotente e allo stesso tempo precaria della natura a vincere la scena, una natura che cerca di riconquistare il proprio ruolo, per restituire all’uomo quella memoria culturale da troppo tempo persa.
Nella serie “Home”, nucleo centrale della mostra, questo equilibrio identitario regala ambientazioni dalla sublime raffinatezza, luoghi dimenticati che però continuano ad assorbire il melanconico potere della natura. Un’energia vitale dall’incontrollabile intensità sembra voler riempire un vuoto silenzioso, insinuandosi in ogni angolo recondito, come se le proprie radici si fossero finalmente liberate da qualsiasi costrizione.
Anche nel progetto “Still Life”, sempre del 2017, l’artista esalta la consistenza del mondo naturale, questa volta però, destrutturandone la sagoma, allo scopo di offrirne una più personale e intima fisionomia. Piante e rami di vario genere vengono dunque spezzati, sgretolati, per poi essere mostrati in una nuova “veste”, una nuova bellezza quasi più umana, che vegetale. La reinterpretazione delle manifestazioni vitali che il tempo produce sulla natura stessa rimane dominante nel lavoro “Aliens”, una serie di polaroid che tradiscono l’incomunicabilità fra l’uomo e la dimensione naturale, come se immancabilmente fossimo impossibilitati a dialogare, ad ascoltarne la voce.