Gregorio Botta / Giovanni Pintori

Due mostre: “Gregorio Botta_Il silenzio è così accurato” e “Giovanni Pintori. Pubblicità come arte (1912 – 1999)”.
Comunicato stampa
Gregorio Botta_Il silenzio è così accurato
In principio era la luce. Ma anche l'acqua e il fuoco, la cera e il piombo levigati dal tempo e dagli eventi atmosferici. Nell’opera dell’artista napoletano (classe 1953), l'energia arcaica degli elementi dialoga con iconografie classiche, con i temi del sacro e dell’invisibile. Per il MAN di Nuoro, Gregorio Botta studia un progetto inedito che, partendo dalla sua ricerca sull’equilibrio e sul silenzio, distilla nello spazio presenze astratte, giochi di riflessi e trasparenze nella materia, geometrie pure e gocce di pioggia, rivoli d’acqua e pentagrammi punteggiati di forme minimali.
Il titolo della mostra “Il silenzio è così accurato”, ispirato a una frase di Mark Rothko, abbraccia un percorso in cui la precisione del disegno tratteggia orizzonti prossimi, scandisce il tempo nei circuiti e negli ingranaggi di piccole macchine celibi, come le avrebbe definite Duchamp; macchine assurde, prive di una funzionalità specifica, ma poetiche nel loro orchestrare movimenti nel vuoto, produrre suoni, vapori o grafie libere nello spazio.
Il ferro e il vetro, l’alabastro e i fiori secchi, combinati fra loro producono paesaggi intimi, architetture da camera, riferimenti a iconografie quotidiane, oggetti, simboli, allegorie di una esistenza cucita sulla carta cerata, che si consuma, si logora e trasfigura nell’attesa. Epifanie e sparizioni, segreti e rivelazioni impercettibili tradiscono la vocazione di Botta per «un’arte del togliere, del poco, del meno, sperando di arrivare a un’arte del niente. Un’arte che sparisca e lasci solo, come una vibrazione, come un motore segreto, l’azione per la quale è nata».
L’impronta è traccia di un retaggio nella serie Pompei. Il peso del fumo è sopravvivenza della materia nell’opera che dona il titolo alla mostra. E poi la cera fusa in forme archetipiche evoca geometrie morandiane su un piano di cristallo che si distende all’infinito nel ciclo degli Orizzonti, dove il tema eterno della soglia porta con sé la lunga letteratura del limite fra visibile e invisibile, fra contingenza e immateriale.
Biografia
Gregorio Botta nasce a Napoli il 18 aprile 1953. Nel 1980 si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Roma, dove segue i corsi di Toti Scialoja, diplomandosi nel 1984. Dopo gli esordi, scanditi dalla partecipazione ad alcune rassegne alla Galleria Rondanini e dalle prime personali alla Galleria Il Segno, entrambe a Roma, si impone all'attenzione della critica in occasione di importanti appuntamenti espositivi, tra cui Trasparenze dell'arte italiana sulla via della seta a cura di Achille Bonito Oliva, allestita a Pechino nel 1993, la XII Quadriennale e la Biennale dei Parchi alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, tenutesi rispettivamente nel 1996 e nel 1998, nonché la personale, anch'essa nel 1998, presentata da Ludovico Pratesi all'Istituto Italiano di Cultura a Colonia. Nel 2006 presenta ai Magazzini del Sale a Siena una selezione di lavori nei quali ritornano elementi peculiari del suo linguaggio in un singolare gioco di contrapposizioni: la leggerezza e la trasparenza del vetro, l'opacità e la durezza del ferro. Inedita è l’introduzione del movimento, che anima alcune istallazioni come La Porta di Pietro, ispirata alla Madonna del Parto di Piero della Francesca.Tra le sue personali si ricordano: Fondazione VOLUME!, Roma (2024, 2009); Galleria Peola Simondi, Torino (2023, 2020); Galleria Studio G7, Bologna (2021), Galleria Nazionale d’arte moderna, Roma (2020); Cripta Borromini a San Giovanni dei Fiorentini, Roma (2019); Francesca Antonini Arte Contemporanea, Roma (2017); MAC — Museo di arte contemporanea, Santiago del Cile (2016); MAC — Museo di arte contemporanea, Lima, Perù (2016); Centro di arte contemporanea Pescheria, Pesaro (2016); Triennale di Milano (2015); Forte di Bard, Aosta (2014); Palazzo Te, Mantova (2014), MACRO, Roma (2012); Magazzini del Sale, Siena (2006); Certosa di Padula, Salerno (2005); Stazione metropolitana Vanvitelli, Napoli (2005); Galleria Lo Scudo, Verona (2001); Istituto Italiano di Cultura, Colonia (1998). Ha firmato le scenografie di tre spettacoli di Sergio Rubini: Delitto e Castigo, Dracula e Il caso Jekyll. Scrittore e saggista, ha pubblicato per Einaudi (2020) Pollock e Rothko, il gesto e il respiro e per Laterza (2022) Paul Klee, genio e regolatezza.
progetto integrato con m.a.x. museo, Chiasso
a cura di Chiara Gatti e Nicoletta Ossanna Cavadini
coordinamento Rita Moro
L’esposizione monografica dedicata a Giovanni Pintori, maestro del graphic design italiano e internazionale, che ha legato il suo nome alla nascita della leggendaria immagine Olivetti, si inserisce nel percorso di ricerca che il museo MAN di Nuoro dedica agli autori nati sul territorio sardo e diventati protagonisti del panorama dell’arte mondiale.
Il museo MAN di Nuoro, in collaborazione con il m.a.x. museo di Chiasso, con cui ha siglato un progetto integrato per la valorizzazione dell’autore, ne indaga oggi la ricerca attraverso una sorta di lungo “racconto grafico”, evidenziandone la modernità del linguaggio e tutte le sue straordinarie scelte creative.
Trecento lavori, fra disegni e dipinti, bozzetti originali, maquette, pagine pubblicitarie di riviste, fotografie e manifesti, punteggiano cinquant’anni di attività premiata dalle più prestigiose istituzioni culturali del mondo: dalla Palma d’oro della Federazione italiana di pubblicità (1950) alla prestigiosa mostra del MoMA di New York (1952) – nel cui giardino Pintori costruisce una scultura pubblicitaria in ferro –, dall’esposizione al Louvre di Parigi (1955) al certificato di eccellenza dell’American Institute of Graphic Arts (1955), dalla Medaglia d’oro della Fiera internazionale di Milano (1956) all’Eight Annual Typographic Excellence Award del Type Director Club di New York (1962). Durante la prima seduta della neo costituita AGI – Alliance graphique Internazionale – Pintori fu nominato socio e poi divenne presidente per l’Italia dello stesso premio, mentre la celebre rivista giapponese “Idea” lo inserì nell’albo dei trenta designer più significativi del XX secolo, testimoniando così il suo talento e il suo successo raccolto a ogni latitudine.
Genio assoluto della grafica pubblicitaria, scelto da un capitano d’industria illuminato come Adriano Olivetti per veicolare in tutto il mondo il nome della sua azienda e dei suoi prodotti leggendari, dalla Studio 44 alla popolarissima Lettera 22, Pintori è riuscito mirabilmente a sintetizzare sempre, in ogni singola immagine, forma e contenuto. Luce, colore, composizione e gioco creativo costituiscono i suoi ambiti di ricerca principali, che conducono la sua grafica “alla ribalta come unicum metaforico della comunicazione”, disse Paul Rand, il noto designer statunitense autore del logotipo di IBM. Il ritmo veloce delle dita sui tasti di una macchina per scrivere, i caratteri in libertà, i meccanismi interni dei calcolatori trasformati in motivi dinamici e allegri, sono alcune delle cifre del suo linguaggio e di una vera e propria poetica della scrittura fatta di eleganza e ironia.
«La grafica non è sottopittura» rispondeva Pintori a chi lo interrogasse sul linguaggio del segno, l’unico in grado, come sottolineato dall’amico poeta Vittorio Sereni, di «liberare le risorse latenti contenute nell’oggetto o prodotto che […] viene proposto». La mostra ripercorre l’iter creativo e professionale dell’artista, mostrando il processo ideativo dal quale sono scaturiti i progetti che hanno caratterizzato la sua notevole carriera, che va dalla creazione di manifesti, alle locandine, corporate identity, logotipi per le imprese.