Grisha Bruskin – An Archaeologists Collection
La collezione di un archeologo, il progetto dell’artista russo Grisha Bruskin ospitato nellex-chiesa di Santa Caterina, tra i più rilevanti Eventi Collaterali di questanno, non fosse altro per il prestigio internazionale che accompagna Bruskin ormai da parecchi lustri, si inscrive in modo molto pertinente in questo scenario.
Comunicato stampa
Grisha Bruskin. La collezione di un archeologo
Evento Collaterale della 56. Esposizione Internazionale dArte la Biennale di Venezia
a cura di Giuseppe Barbieri e Silvia Burini
La 56° Biennale di Venezia secondo le dichiarazioni del direttore Enwezor torna a confrontarsi decisamente con le macerie della storia degli ultimi secoli, con il cambiamento incessante delle ideologie; a misurare, attraverso i linguaggi dellarte che lo rappresentano, la profonda inquietudine di un tempo che accumula e distrugge. La collezione di un archeologo, il progetto dellartista russo Grisha Bruskin ospitato nellex-chiesa di Santa Caterina, tra i più rilevanti Eventi Collaterali di questanno, non fosse altro per il prestigio internazionale che accompagna Bruskin ormai da parecchi lustri, si inscrive in modo molto pertinente in questo scenario.
Le origini di questa complessa installazione vanno rintracciate nel vasto dipinto che ha imposto Bruskin allattenzione di pubblico e critica anche al di fuori del suo Paese: si tratta di Lessico fondamentale (Fundamentalnyj leksikon, 1986), larchiviazione visiva di oltre 250 normotipi dellumanità sovietica. Quello che allora poteva apparire come laffresco di unantropologia immutabile si è rivelato, appena pochi anni dopo, lanalitica testimonianza di un impero improvvisamente scomparso, di un sistema collassato e imploso.
Da questa sua sconfinata rubrica di personaggi Bruskin dopo il crollo dellURSS (1991) ha ricavato una serie di statue, quasi a grandezza naturale. Le ha poi frantumate, ha fuso in bronzo i frammenti che ha ritenuto più rilevanti, li ha interrati nella campagna toscana, accanto a una necropoli etrusca, e dopo tre anni ha organizzato una vera e propria campagna di scavo archeologico (con apposite rilevazioni sullossidazione dei reperti) per riportarli alla luce. È quanto osserveremo nella mostra veneziana. Un sito archeologico perfettamente ordinato, in cui rintracciare lordine apparente del potere e il concreto disordine della storia.
Lartista non ha mancato di chiarire le ragioni di questa sua lunga ricerca: ha voluto che i resti dellimpero sovietico venissero riesumati dalle terre di quello romano, nel nome di una antica tradizione, che sin dallepoca zarista (czar non è altro che la contrazione di caesar), rivendica a Mosca il titolo di Terza Roma, dopo la caduta di Costantinopoli e il rischio di una corruzione dellortodossia religiosa. E anche i dirigenti sovietici, in seguito, hanno continuato a pensare allURSS come a un impero, multietnico e multiconfessionale, retto da un inflessibile cesarismo...
È quasi inutile aggiungere la lancinante attualità del progetto di Bruskin, in una fase storica che sovrappone il potere religioso a quello politico e militare, che ambisce a costituire dal nulla nuovi improbabili imperi. Lartista russo ci costringe viceversa a guardare in faccia questo nulla, a riflettere su come una rivoluzione possa rapidamente divenire ancien régime, implodere, salvo poi sopravvivere nella nostalgia e nel mito. Lo sguardo asciutto di Bruskin non fa alcuna concessione alla nostalgia: la sua è, da una parte, la serissima parodia del potere e del consenso che ogni potere insegue, e insieme unindagine che riguarda non solo la storia russa ma ogni nostro comune passato sui meccanismi profondi della memoria, un tema che lo affascina da sempre, come attesta laltra sua mostra attualmente in scena a Venezia: Alefbet. Alfabeto della memoria.
La collezione di un archeologo è un progetto intriso di alcuni filoni essenziali della riflessione sulla storia del Novecento, da Benjamin a Borges, da Foucault a Lotman. Ma è anche uninstallazione di grande e calcolato coinvolgimento emotivo: come lAngelus Novus di Klee, ci è offerta la possibilità di guardare dallalto le scorie rovinose di un passato doloroso, confrontando la verità della passione con la menzogna delle parole dordine. Davvero la storia è magistra vitae? Da La collezione di un archeologo si esce con alcune risposte e con molte nuove domande.
La mostra è accompagnata da un catalogo in inglese (Terra Ferma). Tra gli autori, oltre ai due curatori, Ekaterina Bobrinskaja, Grisha Bruskin, Sauro Gelichi, Boris Groys, Mikhail Iampolski, Marcello Miccio.
Grisha Bruskin (1945) è uno dei più importanti artisti russi contemporanei. Le sue opere si trovano in numerosi musei e collezioni private, non solo russi. Nel 1999 ha realizzato su invito del governo tedesco il trittico monumentale La vita prima di tutto per la ricostruzione del Reichstag a Berlino. Nel 2012 ha ricevuto il Premio Kandinskij nella categoria Progetto dellanno.