Gruppo Boiler – La pochette encyclopédique
Françoise Calcagno, gallerista e presidente dell’Associazione Artistica Boiler, in concomitanza con l’apertura della Biennale di Venezia, è lieta di presentare la prima collettiva del Gruppo Boiler.
Comunicato stampa
Françoise Calcagno, gallerista e presidente dell'Associazione Artistica Boiler, in concomitanza con l’apertura della Biennale di Venezia, è lieta di presentare la prima collettiva del Gruppo Boiler, con Elvezia Allari, Françoise Calcagno, Vittorio Bustaffa, Antonio Giancaterino, Cate Maggia, Jean Louis Poveda , Alan Rogers, Elio Talon.
Di seguito alcuni estratti del testo critico “Viaggio in una stanza” che lo scrittore François Bruzzo ha voluto dedicare al gruppo. “Piccola, minuta, quasi portatile. Il diventare portatile come un odierno laptop potrebbe sembrare il suo ideale ma ha bisogno del tattile e della corporeità. Ci si deve entrare, camminare con deambulazione quasi minimale ma deve necessariamente essere spazio per permettere di entrarvi, percorrerla, farsi estensione per consentire all’occhio di farsi operatore di percezione, concedere allo sguardo di mettere in scena e regolare la sua tenace malleabilità e plasticità attraverso gli oggetti che in essa si trovano. Questi oggetti di vario tipo e di vario genere, di vari materiali, sono propriamente detto delle opere e quindi delle operazioni, cioè dei manufatti che operano un complesso processo, così complesso da essere stato solo tardivamente, molto tardivamente riconosciuto dalla civiltà come l’inaudita soglia in cui il regno dell’utile e dello strumentale collassa per lasciare spazio appunto alla divorante superficie delle sensazioni e delle emozioni...
La Pochette encyclopédique che il gruppo Boiler inscena è quella tana del formicaleone, quella cruna di accesso ad un illimitato, infinito per difetto come l’universo einsteiniano, che lo stesso spazio ridotto offerto dalla galleria Françoise Calcagno permette di attuare al modo della tazza di tè che apre alle sterminate escavazioni e perlustrazioni della Recherche proustiana. Ci si deve entrare come in quel misterioso teatro di memoria che il veneziano Giulio Camillo, a cui i contemporanei guardavano con timore reverenziale, ideò per Francesco I di Francia, e di cui egli stesso parlava come “una mente e un’anima provvista di finestre” che racchiude ed accoglie ciò che è celato nelle profondità della mente umana e del corpo.
Pochette, borsetta femminile, astuccio uterino della generazione e della creazione dove forme, colori, composti ed aggregati, mescolanze, leghe ed amalgami possono farsi immagini, libri, monili, sculture a seconda di questa o quella declinazione delle dinamiche e delle turbolenze di uno spazio in ebollizione, dove i saper fare delle mani non mirano alla consistenza di oggetti del sapere e a concrezioni ed agglutinazioni concettuali ma alla muta e alle giravolte, improvvisi volteggi delle emozioni, in branco, stuolo, ciurmaglia o masnada dove l’artefice è allo stesso tempo macchinatore e passatore nonché esperto in nodi e confluenze, conoscitore delle correnti, navigatore che fiuta gli accordi e gli incontri eventuali degli elementi e si getta nella tormenta dei possibili con la spensieratezza di un bambino che gioca dentro ad una stanza.