Guendalina Urbani – Neanche un graffio
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La mostra personale “Neanche un graffio” di Guendalina Urbani (Roma, 1992) intende riflettere sulle problematiche sociali dell’era contemporanea e sulla fragile condizione umana, mettendo in discussione il processo della percezione sensoriale tramite la sua alterazione.
Comunicato stampa
La mostra personale “Neanche un graffio” di Guendalina Urbani (Roma, 1992) intende riflettere sulle problematiche sociali dell'era contemporanea e sulla fragile condizione umana, mettendo in discussione il processo della percezione sensoriale tramite la sua alterazione. Attraverso un uso innovativo dei materiali e delle forme, l'artista ci invita a cambiare punto di vista guardando la realtà attraverso una “lente” e ad affrontarla senza riportare alcun tipo di lesione.
Un candido tentativo e un tenero – forse utopistico – auspicio di condurre un'esistenza dignitosa uscendone (sorprendentemente) illesi, senza neanche un graffio.
Sulla base di questa sensazione di stupore e meraviglia prende forma Un mare di vetro, l'installazione ambientale composta da centinaia di frammenti e schegge dalle sembianze vitree. L'opera si fa portavoce dei percorsi impervi e pieni di insidie che ognuno di noi incontra nel proprio cammino, forgiando gli impavidi.
Ma è davvero solo una questione di attitudine, oppure si tratta di un cambio di percezione della natura del reale? Lo spazio che si apre davanti agli occhi dello spettatore è costellato da schegge taglienti che rischiano di ferire chiunque tenti di attraversare la stanza, ma la verità è che, se calpestati, i frammenti cederanno con morbidezza alla pressione di ogni passo.
Ed è proprio in quella sottile linea di confine tra il reale e l'irreale che affonda le radici la ricerca di Guendalina Urbani, trovando ciclicamente nuovi e possibili materiali che manipola affinché l'oggetto preso in esame possa essere percettivamente alterato. Un processo che genera una frattura tra le nostre più ferme convinzioni e nuovi scenari capaci di coinvolgere il pubblico.
A rafforzare questo divario tra la dimensione reale e irreale è Bolle d'aria, serie iniziata nel 2021 e il cui titolo riprende il termine con cui si definisce il film del rotolo di pluriball. Le sculture riprendono le fattezze dell'imballaggio cristallizzandone la morbidezza in materiali rigidi e delicati, in contrasto con la sua vera natura protettiva per oggetti fragili.
In un'era in cui i confini tra la realtà fisica e virtuale diventa sempre più sottile, il progetto dell'artista invita a interrogarci sulla nostra esistenza e sulla capacità – del tutto umana – di affrontare la società sempre più frammentata e capace di ferirci.
Valentina Muzi