Guestbook #1 – Giovanni Kronenberg
Incontro con Giovanni Kronenberg nell’ambito del primo appuntamento del ciclo di eventi presso lo studio di Alessandro Piangiamore.
Comunicato stampa
GUESTBOOK #1
Questa occasione, che vede ospite Giovanni Kronenberg, potrebbe essere la prima di una serie. E' un libro degli ospiti, una raccolta di incontri fini a se stessi. E’ un’esperienza diffusa: sono tanti gli artisti che aprono i loro studi ad altri artisti. Non è un’esperienza no-profit, quanto più un gesto di ospitalità. Guestbook è un progetto di Alessandro Piangiamore.
Martedì 29 Novembre ore 18.30-21.00 Piazza Tommaso de Cristoforis 4c, Roma (zona Portonaccio) Per info: 3287257617
La mostra sarà visitabile fino al 2 Dicembre
http://guestbook.blog.com/ Una Conversazione tra Alessandro Piangiamore e Giovanni Kronenberg Alessandro Piangiamore: Inizierei questa intervista da lontano: come ti senti? Giovanni Kronenberg: Mentalmente un pò frastornato. Ieri sera sono andato a vedere Faust di Sokurov e devo ancora digerirlo. Adoro gli assolutismi e credo che sia il più grande film realizzato nel nuovo millennio. AP: L'assolutismo non presume un'alternativa. E' una modalità che ti appartiene? GK: Quando devo giudicare un'opera mi piace radicalizzare il pensiero. Credo che questo comporti il privilegiare pensieri più arditi. Sopratutto in quest'ultimo periodo, non mi piace fare prigionieri. Nella vita di tutti i giorni in realtà sono un indeciso cronico.
AP: Perchè in quest'ultimo periodo? Che differenza c'è rispetto a prima? GK: All'inizio intellettualizzavo il mio e il lavoro altrui in maniera eccessiva. Mi ricordo che non formalizzavo un' opera finchè non ne possedevo la mappatura linguistica completa. Forse era anche dovuto ad una certa insicurezza, ma sono convinto che abbia posto le basi per come opero ora, ovvero con meno rigore matematico ed analitico. Diverse opere che realizzo oggi non mi si rivelano linguisticamente per molto tempo, alcune che ho fatto anni fa non mi si sono mai rivelate nella loro interezza. Per me, che dovevo avere la stanza dei bottoni sotto controllo, è un bel cambiamento. Era una fatica immane. Probabilmente degna di miglior causa. AP: Al di là del lavoro, mi piacerebbe che facessi un esempio di radicalismo. GK: Credo che oggi possa funzionare solo se associato ad un'idea di imponderabile. Come una fede religiosa, o un tumore. AP: Vai sulla neve e raccogli dal mare. Mi sembra che tutto questo rientri poi in qualche modo nel lavoro. In mezzo che c'è? GK: Un' accentuata misantropia che mi preserva la mente. AP: Nessun romanticismo? GK: No AP: Ti ho invitato, per affinità/divergenza, a presentare un lavoro nello spazio che uso come studio e condivido con altre persone. Vuoi dire qualcosa a riguardo? GK: Per prima cosa ti ringrazio per la tua ospitalità. Esporrò una scultura. In origine avevo elaborato anche un progetto editoriale, ma poi per vari motivi abbiamo preferito in comune accordo di accantonarlo. La scultura è una grande vertebra di balena, a cui ho fatto applicare uno strato d'argento 925 lavorato e inciso a mano con una luna. AP: Quando abbiamo cominciato a pensarci, è emersa la caratteristica di assoluta non cura della cosa. Nessuno scrive nulla, nessuno da un'interpretazione critica. C'è qualcosa di importante che ti riguarda che, nessuno di quelli che hanno parlato del tuo lavoro ha mai colto? Intendo qualcosa di importante per te, che ti piacerebbe fosse messa in rilievo. GK: Questa è una domanda pericolosa perché c'è il rischio di voler privilegiare una componente caratteriale al lavoro e per me le due cose possono tranquillamente differenziarsi. La retorica che l'artista deve essere un tutt'uno con il lavoro non mi appartiene. E' una cosa tipica dell'arte contemporanea, nelle altre forme d'arte non è così rimarcata. Alla fine della giornata devi per forza tagliarti un' orecchio e questa cosa mi disprezza. Nel lavoro non ho argomenti da voler necessariamente sottolineare, la vedrei come una sciagura per il mio pensiero questa limitazione. Mi interessano opere polimorfe e polisemiche , mi auguro di incontrarle e di essere in grado di valutarle in maniera arricchente e radicale. AP: La mia domanda non era rivolta a delle peculiarità relative alla persona. Condivido l'avversione rispetto all'idea romantica dell'artista, anche perché, dopo il secondo orecchio la faccenda si farebbe grave. Un'ultima domanda: quali opere racconteresti ad un cieco? GK: Sicuramente dei quadri. Parlare di pittura oggi è la sfida oralmente più ardita, sarebbe un bell' esercizio per la mente di entrambi