Guido Volpi – Ciò che porta il Granduca
Anche per questa edizione 2020 Artierranti risponde alla chiamata di ART CITY Bologna presentando la mostra Ciò che porta il Granduca, una personale dell’artista Guido Volpi.
Comunicato stampa
Anche per questa edizione 2020 Artierranti risponde alla chiamata di ART CITY Bologna presentando la mostra Ciò che porta il Granduca, una personale dell’artista Guido Volpi, allestita all’interno dello storico, e da poco riaperto, Museo di Speleologia Luigi Fantini, la cui sede si trova all’interno del Cassero di Porta Lame in P.zza VII Novembre 1944, 7 e 7/2.
La mostra, inserita nell'ambito di ART CITY Segnala 2020, in occasione di Arte Fiera, inaugurerà venerdì 24 gennaio, alle ore 18.00 e sarà visitabile fino a lunedì 27 gennaio.
Un lavoro artistico che si spinge verso il limen più affascinante e contraddittorio di tutti i tempi, quello tra Oriente e Occidente, e che accompagnerà il pubblico alla scoperta di un Estremo Oriente tra reale e immaginario, frutto di una ricerca che l’artista stesso definisce “archeologica”: un vero e proprio incontro con l’alterità che assume le sembianze di antiche popolazioni, tradizioni, riti, simboli religiosi, Natura.
Da qui la scelta di avere come sede espositiva Porta Lame, metafora di confine e passaggio, storicamente uno dei cammini che legavano Bologna al mare, e del Museo di Speleologia al suo interno. I reperti custoditi all’interno delle teche, così come gli oggetti e le fotografie appartenuti al suo fondatore Luigi Fantini, dialogano con il lavoro dell’artista sul terreno comune dello stupore e della meraviglia.
Quella di Guido Volpi è una narrazione per immagini, poetico risultato di un viaggio immersivo nel cuore della Thailandia, unico e irripetibile, di cui ha trattenuto visioni e suggestioni.
Queste si sono tradotte poi in arazzi di carta e penna, possibili carte da parati e sculture di animali che popolano l’intricata foresta pluviale che caratterizza questa terra e che diventa per l’artista, metafora di quell’inafferrabile mistero che è il rapporto tra uomo e natura, ormai quasi impossibile da cogliere per l’Occidente “civilizzato”.
La mostra, attraverso il coinvolgente allestimento curato da Artierranti, si configura come una vera e propria collezione di storie che hanno nutrito l’immaginario dell’artista al punto tale da non riuscir più a distinguere le sue fantasticherie immaginifiche dalla visione reale di questi luoghi.
Il disegno diventa così un modo per fissare per sempre nella propria mente il maggior numero possibile di dettagli, per non dimenticare e permettere all’artista, e soprattutto al pubblico, di continuare a vivere e vagabondare per l’Asia, cercando di dare sollievo al nostalgico desiderio del ritorno.
Come un tassidermista contemporaneo Guido Volpi popola le sale del Museo di Speleologia Luigi Fantini di macachi irriverenti e coccodrilli maestosi, con cui il pubblico dovrà confrontarsi, aggirandosi in questa giungla di disegni, stoffe damascate e tappeti, mentre il gorgogliare del Chao Phraya, uno dei fiumi principali della Thailandia, talmente importante per i suoi abitanti da essere chiamato Granduca, scandisce il percorso di visita portando con sé memorie di viaggio che provengono da lontano e che questa mostra vuole raccontare.