Hans Glauber – Dalla città meccanica 1963-1973
Museion – Museo di arte moderna e contemporanea e la Galleria Prisma del Südtiroler Künstlerbund presentano opere di Hans Glauber. In mostra tredici opere fotografiche di grande formato provenienti anch’esse dalla collezione di Museion.
Comunicato stampa
Hans Glauber era un’artista? In Alto Adige – e non solo – era noto ai più per il suo impegno nelle questioni ecologiche. Ma Glauber, nato a San Candido nel 1933 e morto a Bolzano nel 2008, tra la metà degli anni Sessanta e la metà dei Settanta svolge anche un’intensa attività come fotografo ed espone le sue opere in numerose istituzioni di prestigio. Varie sono le mostre personali come quelle nel Gewerbemusem di Zurigo nel 1965, nella Galerie nächst St. Stephan di Vienna nel 1969, nel Museo de Bellas Artes di Santiago del Cile e nel Kaiser-Wilhelm-Museum di Krefeld nel 1972, nella Kunsthalle di Basel nel 1973 o nel Joanneum di Graz nel 1974.
Partecipa fra l’altro alle seguenti collettive: “Realismus der Symptome”, Castello di Morsbroich, Leverkusen (1966), “Photography and the City. The Evolution o fan Art and a Science”, Smithsonian Institution, Washington D.C. (1969), “Industrie und Technik in der deutschen Malerei”, Wilhelm-Lembruck-Museum, Duisburg (1969), “Kunst in Frankfurt”, Frankfurter Kunstverein (1973). Autori di rilievo si confrontano con la sua opera e scrivono di lui, tra di essi Theodor W. Adorno, Umberto Eco, Siegfried Giedion e Peter Gorsen.
Nel 1939 la famiglia Glauber si trasferisce da Dobbiaco, dove il padre dirige la fabbrica di radio Unda, a Como. Hans Glauber studia economia all’università Bocconi; la sua formazione artistica è da autodidatta. Dal 1959 Glauber vive a Francoforte, dove lavora come esperto di economia statistica per l’Olivetti e frequenta le lezioni di Theodor W. Adorno e Max Horkheimer, riconoscendosi soprattutto nelle riflessioni estetiche e di critica sociale di Adorno.
Fra il 1963 e il 1973 nascono circa 150 lavori fotografici con il titolo “Dalla città meccanica”. Sono immagini che rappresentano visioni urbane e architettoniche, affascinanti e minacciose al contempo, di una vita determinata dalla tecnica. Le opere di Glauber si possono interpretare come rappresentazione, nello spirito di Adorno e Horkheimer, di un mondo che si va facendo sempre più ostile all’uomo.
L’opera di Glauber è composta da circa 100 fotografie e una cinquantina fra serigrafie e litografie, basate anch’esse su modelli fotografici. I lavori di Glauber prendono le mosse da fotografie di elementi meccanici delle macchine da scrivere e calcolatrici come quelle prodotte dall’Olivetti. Glauber sottopone queste fotografie a un complesso processo di solarizzazione, riconversione e collage. La fotografia di Glauber, pertanto, non è una semplice riproduzione fotografica delle cose, bensì genera la visione nel momento stesso della sua costruzione.
I lavori di Glauber vengono presentati e recepiti in vari contesti fra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Ottanta: come arte figurativa in generale, come arte fotografica in particolare, ma anche come un confronto con l’architettura e l’urbanistica.
Nel corso degli anni Settanta la produzione artistica di Glauber si esaurisce ed egli si dedica all’insegnamento come docente incaricato all’Università di Gießen: un ruolo decisivo in tale contesto è quello del rapporto fra arte e utopia sociale. Mentre considera la propria arte come una critica distaccata all’esistente, a partire dagli anni Ottanta Glauber si confronta concr
etamente con le questioni ecologiche. Nel 1986 fonda assieme a Stefan Lausch l’ecoistituto di Bolzano, che organizzerà i cosiddetti Colloqui di Dobbiaco, seguiti in tutta Europa.
In occasione della mostra sarà pubblicato il libro di Folio (Vienna / Bolzano), „Hans Glauber. Bilder aus der mechanischen Stadt“ con abstract in italiano.