Hans Hartung – Opere 1971-1976
La mostra alla Galleria Limen otto9cinque di Roma curata da Massimo Riposati e realizzata in collaborazione con la Fondazione Hartung di Antibes e la Galerie Sapone di Nizza documenta in modo esemplare un momento che lo stesso artista definisce: “Dal
1970 ho una sensazione di rinnovamento. Come se una forza nuova, una nuova giovinezza mi siano state concesse”.
Comunicato stampa
L’Arte mi sembra un modo di vincere la morte
H.H.
La centralità internazionale dell’opera di Hans Hartung (1904-1989), dai suoi primi disegni del 1922 è a tutti nota ed è stata
ampiamente documentata nelle grandi mostre realizzate, dalla Biennale di Venezia dove nel 1960 vinse il Gran Premio per la pittura,
al Museo Nazionale d’Arte Moderna di Parigi nel 1969, al Metropolitan Museum di New York nel 1975 fino alla Tate Gallery di Londra
del 1996 e dalle numerose retrospettive che gli sono state dedicate nei musei di tutto il mondo, da Berlino a Madrid, da Lipsia a
Pechino, da Bruxelles a Taiwan e a Nagoya in Giappone.
La mostra alla Galleria Limen otto9cinque di Roma curata da Massimo Riposati e realizzata in collaborazione con la Fondazione
Hartung di Antibes e la Galerie Sapone di Nizza documenta in modo esemplare un momento che lo stesso artista definisce: “Dal
1970 ho una sensazione di rinnovamento. Come se una forza nuova, una nuova giovinezza mi siano state concesse”.
Creare armonia dalla disarmonia è la grande sfida di Hartung, e tutta la sua vita sarà improntata nella ricerca di quella regola che gli
consentirà di ricondurre gli indispensabili accenti disarmonici in un equilibrio duraturo. Maturato nell’amore per Rembrandt e
nell’ammirazione per Emil Nolde e Kokoschka, non si lasciò sedurre dalla Bauhaus e dalle lezioni geometriche di Kandinskij, che pure
aveva incontrato a Parigi negli anni trenta ed insieme al quale espose alla galleria Pierre nel 1936.
Lontano fin dall’inizio da ogni ipotesi figurativa Hartung trovò nella regola armonica della sezione aurea il compromesso tra il suo
rigore progettuale e la sua innata volontà di velocità nell’espressione, perché la pittura di Hartung abbandona l’immagine ma non la
realtà e scrive: “Una realtà per me altra, ma pur sempre realtà. Quanto alla mia pittura, credo appunto che intrattenga un rapporto,
anzi dei rapporti costanti seppur molto complessi, con quello che si è convenuto di chiamare la realtà esteriore” ed ancora: “Dipingere
ha dunque sempre presupposto per me l’esistenza della realtà: questa realtà che è resistenza, slancio, ritmo, spinta, ma che non capisco
totalmente che quando la afferro, la circoscrivo, la immobilizzo per un momento che vorrei veder durare per sempre”.
Maestro indiscusso dell’astrazione lirica Hartung, ha influenzato molte delle esperienze informali dell’immediato dopoguerra, e può
essere considerato un artista europeo: tedesco di nascita e naturalizzato francese perse una gamba combattendo nella Legione
Straniera contro il nazismo e dolorosamente contro il suo paese; ha viaggiato in Italia, attraversandola da ragazzo in bicicletta, ha
sposato nel 1929 Anna-Eva Bergman, artista norvegese, nel ‘39 sposa la spagnola Roberta Gonzales e di nuovo, dopo un secondo
divorzio, nel 1953 Anna-Eva Bergman, tornata a Parigi dalla Norvegia.
Dal 1994 la sua casa/studio è divenuta sede della Fondazione Hans Hartung e Anna-Eva Bergman, straordinario centro di studi e ricerca
su uno dei Padri dell’Arte Contemporanea.