Helen Sheehan – Diyarbakir Dikranagerd Zeytun Van
Nelle quattro sezioni dell’esposizione, Diyarbakir, Dikranagerd, Zeytun e Van, Sheehan si reca in diversi siti della Turchia orientale, abitati un tempo dagli armeni. Esplorando aspetti sonori delle loro esistenze, lo spettatore partecipa a un viaggio nel passato.
Comunicato stampa
In occasione della mostra Armin T. Wegner a Palazzo Zenobio, si presenta anche la mostra dell'artista irlandese Helen Sheehan.
Tanti sono gli armeni dispersi per il mondo a causa del Genocidio, perpetrato tra il 1915 e il 1916 durante gli ultimi anni dell’Impero Ottomano, che ha cancellato dalle mappe gran parte dell’Armenia storica. Cosa significa vivere in esilio? Il presente lavoro della fotografa irlandese Helen Sheehan tratta delle vicende di alcune famiglie, narrandone l’esilio attraverso immagini e suoni, aspetti tangibili della memoria. Nelle quattro sezioni dell’esposizione, Diyarbakir, Dikranagerd, Zeytun e Van, Sheehan si reca in diversi siti della Turchia orientale, abitati un tempo dagli armeni. Esplorando aspetti sonori delle loro esistenze, lo spettatore partecipa a un viaggio nel passato.
Sheehan concentra la sua attenzione su Diyarbakir da dove provengono molte delle famiglie da lei intervistate. All’interno del quartiere Sur İçi, ‘Entro le mura’, a cui gli abitanti si riferiscono come al ‘Quartiere degli infedeli’, è situato l’antico rione armeno che oggi è popolato in gran parte dalle famiglie curde e zaza, a loro volta esuli dalle loro terre. A Zeytun, il cui nome è stato cambiato in Süleymanlı, le poche tracce della presenza armena di una volta sono i pioppi e la fontana all’ingresso della città. Sulle sponde del lago Van, dove un tempo fioriva la vita culturale dell’Armenia occidentale, Sheehan ha fotografato il villaggio natio di Arshile Gorky (Vosdanig Manug Atoyan, 1904–1948). La mostra presenta un’immagine dell’artista e di sua madre proiettata su una masseria abbandonata, incrociata dallo sguardo di un anziano del villaggio.
Questi viaggi ci trasportano nei luoghi connessi con l’eredità comune delle famiglie esiliate e con i loro ricordi. Il negazionismo radicato nella Turchia contemporanea ha portato anche alla distruzione di monumenti storici significativi per la tradizione armena, alimentando una continua fonte di dolore per i discendenti delle vittime del Genocidio, nonché di imbarazzo per il mondo.
Sheehan è cresciuta in Irlanda, dove ha spesso visitato le remote lande occidentali con le loro masserie abbandonate che si elevano come monumenti a coloro che morirono o furono esiliati durante la grande carestia degli anni quaranta dell’Ottocento. Avvertendo quindi un legame personale con la storia dell’Anatolia orientale, la fotografa parte alla ricerca delle tracce dell’esistenza armena in questa terra. L’esposizione è frutto di un lavoro che Sheehan iniziò già alla fine degli anni Ottanta in occasione dei suoi primi incontri con le famiglie di esiliati armeni residenti a Parigi e a Londra. Le loro storie e gli oggetti sopravvissuti lungo i percorsi dell’esilio pervadono il lavoro di Sheehan con voci e memorie che non possono essere cancellate.