Hic sunt leones
L’ex chiesa di San Francesco di Udine ospiterà la mostra “Hic sunt leones. Esploratori, geografi e viaggiatori tra Ottocento e Novecento. Dal Friuli alla conoscenza dei Paesi extraeuropei.”
Comunicato stampa
Dall’11 novembre 2011 al 15 aprile 2012 l’ex chiesa di San Francesco di Udine ospiterà la mostra “Hic sunt leones. Esploratori, geografi e viaggiatori tra Ottocento e Novecento. Dal Friuli alla conoscenza dei Paesi extraeuropei.”
“In passato, quando gli uomini giravano il mondo a piedi, a cavallo o per nave, il viaggio dava loro il tempo di abituarsi al cambiamento. I panorami scorrevano con lentezza, la scena del mondo si spostava di poco alla volta. Un viaggio durava settimane, mesi. L’uomo si adattava per gradi al nuovo ambiente, al nuovo paesaggio. Anche il clima mutava gradualmente, un po’ per volta. Spostandosi dalla gelida Europa al torrido equatore il viaggiatore passava per il grato tepore di Las Palmas, per la calura di El-Mahara e per la fornace di Capo Verde. Oggi di questa gradualità non resta più niente. L’aereo ci strappa bruscamente alla neve e al gelo e il giorno stesso ci scaraventa nell’abisso ardente dei tropici (Ryszard Kapuściński, 2000)”.
Il giornalista e scrittore polacco Ryszard Kapuściński con questo brano ha sintetizzato uno degli aspetti più importanti del viaggio che l’esposizione vuole mettere in evidenza: l’arricchimento sensoriale e una vera e propria assimilazione dei nuovi mondi che caratterizzavano il viaggio e l’esplorazione un tempo e che venivano proprio dalle difficoltà e dalla fatica che i viaggiatori riscontravano nel loro pellegrinare.
Il percorso espositivo della mostra è articolato in tre grandi unità tematiche.
La prima, introduttiva, è dedicata all’esperienza del viaggio. Il viaggio tra Ottocento e Novecento era un lungo percorso che aveva origine da un’attenta preparazione e una meticolosa organizzazione, scandita dalla verifica bibliografica e cartografica, dal reperimento di equipaggio ed equipaggiamento. Pur preliminare questa fase doveva essere intesa come parte fondante e integrante dell’esperienza conoscitiva del viaggio. In questa parte il visitatore potrà scoprire, grazie anche a proiezioni e postazioni multimediali, tutto ciò che necessitava all’esploratore, dagli strumenti, ai libri, alla cartografia.
La seconda unità, intitolata “Il viaggio come conoscenza”, costituisce il nucleo centrale della mostra, perché ripercorre in senso cronologico le spedizioni condotte da friulani verso le Americhe, l’Asia e l’Africa. La sede della mostra è in questo senso evocativa, poiché essa stessa luogo di narrazione delle storie del Beato Odorico da Pordenone, primissimo esempio in Friuli di esploratore di terre lontane. Il percorso prosegue con gli altri religiosi friulani, forse meno noti del Beato Odorico, uniti da un comune destino: raccontare la Cina.
Il viaggio come conoscenza continua in questa sezione, con il simbolo dell’esplorazione in Friuli: Pietro Savorgnan di Brazzà, che ha condotto tre spedizioni in Congo, una di queste realizzata insieme al fratello Giacomo e all’amico Attilio Pecile, e che per l’atteggiamento tenuto con le popolazioni africane incontrate è stato spesso indicato come esempio positivo di una fase storica tra le più controverse e rimosse del nostro passato, l’avventura coloniale.
Con la nascita delle società geografiche, le spedizioni acquistano un valore sempre più scientifico, sono formate da un’équipe specializzata nei vari settori della scienza e conducono a una conoscenza geografica, etnografica e naturalistica dei territori indagati. In questa fase i nomi dei friulani che hanno contribuito a vario livello nella realizzazione delle spedizioni e nella successiva elaborazione dei dati raccolti, sono moltissimi. Ricordiamo in particolare Renato Biasutti, Lodovico di Caporiacco, Giovanni Battista De Gasperi, Ardito Desio, Egidio Feruglio, Giuseppe Gentili, Michele Gortani, Giovanni e Olinto Marinelli, Giuseppe Ricchieri, Luigi Pio Tessitori, e altri ancora.
Dalle spedizioni e dalle carriere di ciascuno di loro emergono anche vicende personali, frutto spesso di un’etica e di una morale che non appartengono più alla realtà del III millennio.
Alle spedizioni, alle fatiche e alle difficoltà di questi uomini dobbiamo non solo la conoscenza dell’ignoto e l’incontro con l’”altro”, ma anche un mondo di nuovi elementi che ha arricchito in modo oggi non sempre immediatamente percepibile il nostro sistema culturale: dall’arte alla letteratura, dalla musica al cinema e perché no, anche alla cucina. Tutti questi aspetti prenderanno forma nell’ultima unità della mostra, intitolata “Verso un nuovo mondo”, che vuole essere anche un’occasione di riflessione per tutti.