I creatori dell’Egitto eterno
Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone.
Comunicato stampa
Statue colossali, tombe e sarcofagi decorati, bassorilievi e stele dipinti, rotoli di papiro e reperti millenari: sono gli ingredienti della mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone” che, attraverso circa 200 reperti provenienti dal Museo Egizio, racconta la comunità di Deir el-Medina, l’antico villaggio che ospitava gli artefici delle monumentali tombe dei faraoni nella Valle dei Re e delle Regine.
La mostra è curata dal Museo Egizio: sotto il coordinamento del direttore Christian Greco hanno lavorato Corinna Rossi, i curatori Cédric Gobeil e Paolo Marini con la collaborazione del team curatoriale.
Il percorso conduce i visitatori alla scoperta dell’antico Egitto e del suo immaginario attraverso le espressioni materiali di un mondo complesso e articolato: dagli strumenti d’uso quotidiano, allo sfarzo e alla sacralità dei faraoni. Nel corso dei secoli le loro tombe hanno conservato gli oggetti, la memoria e lo splendore di questa antica civiltà millenaria, di cui subiamo ancora oggi il fascino. La posizione esatta delle sepolture reali era segreta, nota solo ai sacerdoti, per custodire e proteggere le spoglie e le grandi ricchezze dei sovrani durante il loro viaggio nell’aldilà. Per questo motivo, gli operai e le loro famiglie vivevano isolati dal resto della società in un piccolo villaggio, oggi noto come Deir el-Medina, annidato tra le colline rocciose a poca distanza dalla necropoli reale, sulla sponda opposta del Nilo rispetto a Tebe. Grazie all’ingegno e all’opera degli abitanti di Deir el-Medina si è plasmata l’idea stessa che abbiamo dell’antico Egitto.
Nell’ambito del progetto triennale Mostre in Basilica, l’esposizione “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”, ospitata dal 22 dicembre alla Basilica Palladiana, fa seguito alla mostra "La Fabbrica del Rinascimento. Processi creativi, mercato e produzione a Vicenza”, che approfondiva come la buona pratica e le invenzioni artistiche prodotte a Vicenza durante il Rinascimento abbiano influenzato la storia dell’arte occidentale. Similmente, a Deir el-Medina si svilupparono buona parte degli esempi che sono entrati nel nostro immaginario dell’arte e della cultura dell’antico Egitto.
Seppur distantissimi tra loro nello spazio e nel tempo, entrambi i luoghi sono stati importanti centri di produzione artistica e architettonica in due periodi cruciali della loro storia: il Rinascimento in Italia e il Nuovo Regno in Egitto, durato quasi cinque secoli nella seconda metà del 1500 avanti Cristo.
In entrambi i casi, la felice combinazione di sensibilità artistica e abilità tecnica ha dato vita a un periodo di grande sperimentazione, cresciuta nel solco della tradizione, e ha costruito una nuova visione del mondo, contribuendo al nostro immaginario di riferimento. In questo senso, la precedente mostra è stata il punto di partenza dei curatori per il progetto de “I creatori dell’Egitto eterno”, cogliendo l’occasione per proporre un parallelismo fra le due situazioni ed evidenziare, al di là delle inevitabili differenze, la continuità rappresentata dal desiderio dell'essere umano di cogliere e definire il mondo circostante attraverso l'arte, l'architettura e la maestria dell’artigianato.
La mostra, dunque, accompagna i visitatori in un viaggio ideale, dalla Basilica Palladiana, al centro della Vicenza di oggi, alla Tebe monumentale di 3300 anni fa, per poi attraversare il Nilo e raggiungere il piccolo villaggio di Deir el-Medina, alla scoperta della città dei morti e di un fantastico aldilà, creato dal lavoro paziente ed esperto degli uomini al servizio del faraone.
Struttura della mostra
Il percorso si snoda all’interno della Basilica Palladiana fra un’ampia selezione di circa 200 reperti provenienti dal Museo Egizio e un gruppo di circa 20 opere in prestito dal Museo del Louvre di Parigi, dagli oggetti più piccoli o preziosi, fino ai sarcofagi e alle statue monumentali. Una serie di installazioni multimediali accompagnano l’esperienza dei visitatori, rompendo e allargando i confini della cultura materiale: gli oggetti fisicamente presenti sono virtualmente ricongiunti alla propria storia e al contesto originario, ormai inevitabilmente perduto.
La mostra si articola in temi fra loro collegati. Il suggestivo spazio sotto la volta della Basilica si divide in due ampie sezioni: una prima parte che illustra la vita terrena e la creazione di questi capolavori millenari, e un secondo momento dedicato alla vita dopo la morte.
La prima tappa del viaggio è Tebe, la città monumentale che si espandeva sulla riva est del Nilo, sede dei grandi templi, capitale del Nuovo Regno per quasi tre secoli. Qui si incontrano i grandi gruppi scultorei dei regnanti e le statue monumentali delle divinità con attributi del mondo animale.
Mentre la sponda orientale accoglieva la città dei vivi, quella opposta, dove tramonta il sole, ospitava la vasta città dei morti: tutte le tombe, i luoghi di culto dedicati ai defunti e, soprattutto, i grandi templi funerari dei faraoni. Il percorso della mostra si sposta, dunque, sulla sponda occidentale, per raggiungere il villaggio nascosto di Deir el-Medina, protetto dalla dea-serpente Meretseger e posto ai piedi della grande montagna piramidale, nel cui ventre furono scavate le tombe della Valle dei Re. La mostra racconta nel dettaglio il processo costruttivo della tomba del faraone, la cui realizzazione, lunga e impegnativa, combinava competenze e ambiti diversi: aspetti simbolici e questioni tecniche, culto religioso e organizzazione del lavoro. Oltre agli strumenti e agli attrezzi, si possono ammirare i papiri che trasmettevano la sapienza di questi uomini, con piante e descrizioni di edifici e studi di disegno.
Questo focus è seguito da un approfondimento sulla vita quotidiana di operai, artigiani e scribi che abitavano quei luoghi, dedicandosi alla creazione e preparazione delle sontuose sepolture dei regnanti. Le scene dipinte sulle pareti delle tombe e i reperti rinvenuti rappresentano i tasselli di un mosaico complesso, che ci fanno intuire il modo di vivere di questi uomini, fatto di sapienza artigiana e tecnica tramandata, ma anche di colori, preghiere e canzoni, come testimoniano le stele e gli ostraka (frammenti di vasi o schegge di pietra) decorati, oltre ad alcuni rarissimi strumenti musicali, sia del Museo Egizio che del Louvre. Altri oggetti, come l’elemento decorativo di una portantina in legno scolpito e dipinto, testimoniano l’agiatezza e il lusso in cui vivevano alcuni membri della comunità di Deir el-Medina. Dopo aver esplorato gli aspetti del mondo terreno, i visitatori vengono accolti dal sarcofago antropoide di Khonsuirdis e varcano la soglia della seconda parte della mostra, dedicata al viaggio dei defunti nell’aldilà. Qui sono condotti lungo un percorso che narra la preparazione del corpo e dell’anima alla vita eterna, dalla realizzazione degli splendidi sarcofagi dipinti, alla composizione del corredo funerario. Una selezione di oggetti dal ricco corredo funebre della regina Nefertari si accompagna ad affascinanti manufatti in faience turchese, come la coppa del Louvre o gli ushabti del faraone Seti I, i piccoli servitori che avrebbero dovuto alleviare le sue fatiche nell’aldilà.
Il percorso conduce al reperto che, forse più di altri, ispira una riflessione profonda sulla dicotomia vita-morte: la mummia con sarcofago di Tariri. Come contrappunto finale, questo percorso materiale nel regno dei morti culmina con l’esperienza immateriale immersiva che narra la storia della sepoltura dello scriba Butehamon e dell’ultimo viaggio del defunto. I visitatori attraversano un’installazione di videomapping realizzata sulla riproduzione in stampa 3D del suo grande sarcofago, che svela i segreti che conteneva e dà vita al racconto di questo incredibile reperto.