I pittori di Francesco Arcangeli nelle donazioni di Rosalba alle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
Sono opere di artisti apprezzati da Francesco Arcangeli e da lui presentati nelle diverse mostre, molti dei quali formatisi nell’Accademia di Belle Arti di Bologna; in particolare gli esponenti dell’Ultimo naturalismo, edizione bolognese dell’Informale, a dimostrazione della vitalità della cultura figurativa cittadina tradizionalmente identificata nell’esclusiva figura di Giorgio Morandi: artisti quali Vasco Bendini, Aldo Borgonzoni, Maurizio Bottarelli, Giovanni Ciangottini, Carlo Corsi, Pompilio Mandelli, Luciano Minguzzi, Ennio Morlotti, Maria Luisa Petroni, Giovanni Poggeschi e Sergio Vacchi. L’esposizione delle loro opere è accompagnata dalla selezione di brani critici di Francesco Arcangeli.
Comunicato stampa
Si può dire che le Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione possiedano la quasi totalità delle opere appartenute al noto critico Francesco Arcangeli scomparso cinquant’anni fa, nel 1974; e ciò grazie a due donazioni effettuate dalla sorella Bianca Rosa (in arte “Rosalba”). La prima comprende una quindicina di opere – le più importanti fra quante decoravano l’appartamento di Strada Maggiore – che sono state oggetto della mostra Rosalba il riverbero della memoria curata da Beatrice Buscaroli nel 2007 a Casa Saraceni; la seconda, pervenuta alla Fondazione dopo la sua morte, include, oltre a un nucleo alquanto folto di opere grafiche della stessa Rosalba ora conservate presso la Biblioteca di San Giorgio in Poggiale, un centinaio di opere di minor valore che delineano un ritratto inedito, intimo e familiare, di Francesco Arcangeli critico d’arte.
Si dice che si può capire una persona guardando la sua biblioteca. La scelta degli autori e gli argomenti trattati gettano luce sui suoi interessi, dichiarando la sua particolare sensibilità e disvelando aspetti anche reconditi della sua personalità. Analogamente i quadri appesi alle pareti narrano la vita di uno storico e critico d’arte, specie se appassionatamente militante come fu Francesco Arcangeli, rivelandone personali inclinazioni di gusto, dichiarazioni di poetica, posizioni teoriche e, sul piano umano, frequentazioni di artisti, galleristi, collezionisti, storici dell’arte e intellettuali. I quadri di Francesco Arcangeli sono, per lo più, quadri “umili”. La ricerca del capolavoro uscirebbe frustrata. Non compaiono i nomi altisonanti allora sulla cresta dell’onda. Anche il dipinto di Ennio Morlotti non è tra quelli più significativi. Di Giorgio Morandi – cui il critico dedicò uno scritto memorabile che guastò irreparabilmente i suoi rapporti dapprima amichevoli con l’artista bolognese universalmente celebrato – neanche l’ombra. Ci sono invece i quadri dei suoi artisti, dei quali curava e presentava le mostre, di quelli che, con ogni probabilità, per stima e riconoscenza erano lieti di fargliene dono. Così è stato fin dal tempo degli “ultimi naturalisti”: scopo di Arcangeli non era inseguire le mode o la fama, ma interpretare la realtà del proprio tempo attraverso l’opera di artisti che fossero in grado di coglierne le inquietudini e i momenti di crisi.
Scorrere la collezione di dipinti significa ripercorrere la sua carriera di critico, coglierne una volta di più i presupposti teorici: si incontrano gli ultimi naturalisti quali Vacchi, Ciangottini, Rossi e, ovviamente, Mandelli e ci sono personalità della generazione successiva come Bottarelli, ma anche artisti misconosciuti o quasi, nei quali Arcangeli ha intravisto un’idea luminosa. A questi ha dedicato pagine di alta critica d’arte, perché talento, creatività e sensibilità non si giudicano con il metro del successo. Ne emerge una personalità autentica, nobilmente e romanticamente “provinciale”, tenacemente legata alla propria terra e alla propria storia. Idea strutturante della mostra è quella di affiancare ai quadri esposti brani significativi tratti dalle cosiddette “pagine di galleria” che Arcangeli ha scritto sui “suoi” artisti, proponendo una sorta di parallelismo tra l’espressione artistica e la parola del critico, che stimoli la sensibilità del visitatore a cogliere nessi e interrelazioni dialettiche.