I Prisenti di Gibellina
Il Polo Museale regionale d’Arte Moderna e Contemporanea riconferma il proprio impegno a “lavorare” in rete con le istituzioni del territorio che si occupano del contemporaneo, presentando una mostra che ha come obiettivo la conoscenza, valorizzazione e diffusione del patrimonio culturale siciliano.
Comunicato stampa
Il Polo Museale regionale d’Arte Moderna e Contemporanea riconferma il proprio impegno a “lavorare” in rete con le istituzioni del territorio che si occupano del contemporaneo, presentando una mostra che ha come obiettivo la conoscenza, valorizzazione e diffusione del patrimonio culturale siciliano.
In merito alla mostra “I Prisenti di Gibellina” l’Assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Carlo Vermiglio, dichiara: “L’esposizione dei Prisenti della collezione del Museo civico di Gibellina rafforza l’intesa tra il Museo regionale Riso e la Fondazione Orestiadi, che, attraverso l’arte e la creatività degli artisti contemporanei recupera i segni di una tradizione radicata nel territorio di Gibellina dandone espressione e vitalità nuove. Un’operazione culturale efficace che parla con i segni della contemporaneità di valori identitari sedimentati profondamente nel tempo e rende l’arte strumento universale di educazione, di dialogo e di relazione con una comunità civica che in essa si identifica e si riconosce”.
Dichiara la Direttrice del Polo Museale, Valeria Patrizia Li Vigni: “Dopo la mostra “Omaggio a Ludovico Corrao”, la mostra “I PRISENTI DI GIBELLINA” è il secondo progetto realizzato nell’ambito della Convenzione stipulata con la Fondazione Orestiadi di Gibellina, che conferma la feconda collaborazione tra il Museo Riso, unica Istituzione della Regione Siciliana legata al contemporaneo, e la Fondazione che, attraverso le sue numerose iniziative, ha tracciato un segno indelebile nell’arte contemporanea siciliana. La mostra offre al pubblico l’opportunità di poter vedere riuniti i dodici Prisenti provenienti da Gibellina e indagarne la valenza antropologica, un recupero del patrimonio immateriale e una trasmissione attraverso l’opera contemporanea che ribadisce il ruolo del Museo/laboratorio, luogo dove si crea cultura, ricerca e si costruisce il futuro delle giovani generazioni”.
La tradizione dei Prisenti – lunghi drappi ricamati portati in processione durante i festeggiamenti in onore di San Rocco a Gibellina, ma in realtà tradizione storicamente nata con la festa del SS Crocifisso Festa Ranni - affonda le sue radici probabilmente nella tradizione islamica, che era solita ricoprire le tombe dei suoi custodi con un drappo verde.
Tale tradizione venne quasi totalmente abbandonata in seguito al sisma del 1968 e poi ripresa da Ludovico Corrao nel 1981, grazie al coinvolgimento della cooperativa di donne ricamatrici di Gibellina che realizzarono un grande drappo in velluto rosso decorato con spighe dorate, di cui Vincenzo Consolo scrive nel 1983: “… una preziosa reliquia di quella che si chiama civiltà contadina: un lunghissimo drappo di seta color porpora, ricamato a grappoli d’uva e spighe d’oro, un drappo che si portava in processione durante le feste religiose. Quella seta rossa e quei grappoli e spighe d’oro diventano ora simbolo di rinascita dal sangue e dalla sofferenza. Simbolo di cultura, d’armonia e di pace …”. Negli anni successivi tale tradizione proseguì con il coinvolgimento di diversi artisti chiamati annualmente a realizzare un nuovo drappo.
I Prisenti, che fanno parte, oggi, della collezione permanente del Museo Civico L. Corrao del Comune di Gibellina e in parte sono esposti presso il Museo delle Trame Mediterranee della Fondazione Orestiadi, sono stati realizzati dopo il 1981 da Michele Canzoneri, Pietro Consagra, Alighiero Boetti, Sami Burhan (Siria), Carla Accardi, Giuseppe Santomaso, Giulio Turcato, Carlo Ciussi, Isabella Ducrot, Renata Boero, Marco Nereo Rotelli, Nja Mahdaoui (Tunisia) e, nel 2015, da Gandolfo Gabriele David.
Nel 1993 i Prisenti furono esposti nel Padiglione Italia – sezione Transiti – della XLV Biennale d’Arte di Venezia, Punti cardinali dell’arte, a cura di Achille Bonito Oliva. Dopo la prestigiosa vetrina veneziana per la prima volta viene nuovamente presentata l’intera collezione.
Fulvio Abbate, in un suo contributo del 1985, ricorda il Prisente di Alighiero Boetti: “Ha ritagliato nel raso le icone e le lettere da comporre poi sul «presente» per san Rocco, disponendole nel campo dell’arazzo troncato di rosso e di verde. Al centro, posta in verticale, la Sicilia quasi ruba all’Africa le sembianze. I delfini le tengono compagnia assieme ad una carovana di cammelli e una gazzella che spicca il salto come marchio di chissà quale air line […]L’arazzo, il «presente» anche grazie all’aiuto delle ricamatrici gibellinesi il 15 agosto del 1985 ha attraversato quasi ogni via della città, come stendardo che segna il compimento dell’evento eccezionale, così come in antropologia è definita la festa. Ma io, tra le possibili risonanze esistenziali, penso anche alle bandiere in cima a un edificio ancora fresco di calce. Luogo annuale della devozione religiosa il rito del «presente» in Sicilia è giunto attraverso la cultura dell’Islam, dove un drappo di tela verde copre le tombe dei suoi custodi. Ne ha avuto sentore Alighiero, decidendo così di capovolgere la forma dell’isola? È probabile”.
La mostra viene realizzata con la partecipazione di alcune classi del Liceo Classico Internazionale Giovanni Meli, del Liceo Scientifico Galileo Galilei di Palermo e dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, coinvolte, insieme alla Fondazione Orestiadi nel progetto “Made in Sud, itinerari tra saperi, tradizioni e produzioni di Sicilia”. Gli studenti, affiancati dai docenti e da esperti esterni, hanno svolto ricerche, interviste e realizzato il materiale didattico a supporto della mostra, oltre ad un nuovo Prisenti. Il lavoro svolto sarà presentato il prossimo 16 dicembre presso gli Istituti Scolastici.