I Sorgivi – Primo appuntamento
Un’esposizione collettiva divisa in più mostre/appuntamenti in cui ci faremo guidare da diverse interpretazioni del reale.
Comunicato stampa
I SORGIVI primo appuntamento
dal 5 febbraio fino al 7 marzo 2020
a cura di Laura Ghirlandetti
in collaborazione con Spazio Punto
opere di:
Remigio Fabris
Federico Montesano
Diego Randazzo
Lisa Stefani
visitabile da mercoledì a sabato dalle 18 alle 20 su prenotazione: [email protected]
c/o Spazio Punto, via Ruggero di Lauria 15, Milano
I Sorgivi, ovvero coloro che sorgono, che hanno la naturale predisposizione ad opporsi alla forza di gravità che abbatte verso terra, o fuor di metafora, la predisposizione ad opporsi ad una certa inerzia o passività figlia di tempi orfani di futuro.
I Sorgivi - invece - non possono fare altro che sorgere: alzarsi, iniziare o ricominciare, creare, prospettare, fiorire, come figli disobbedienti perché meno arresi, e paradossalmente maggiormente affezionati alla realtà in cui vivono.
Autenticità, ricerca, coraggio, necessità di interpretare il mondo.
Un'esposizione collettiva divisa in più mostre/appuntamenti in cui ci faremo guidare da diverse interpretazioni del reale.
In questo primo incontro vi potrete trovare tra fragilità, lati oscuri, punti fermi e riflessione circa stile di vita, proliferazione e accumulazione di immagini nelle opere di Remigio Fabris, Federico Montesano, Diego Randazzo, Lisa Stefani.
Questa mostra espone primariamente opere di artisti che hanno uno stile e una forza enunciativa formate, e che si esprimono in un divenire stilisticamente organico guidato da una costante ricerca.
Unisce quindi interpretazioni personali tecnicamente interessanti e mature, ma porta anche in sé un racconto possibile, che si snoda all'interno dello spazio "impaginato" dall'allestimento proposto, e che vede esposte per prime le opere di Lisa Stefani.
In queste opere, Lisa Stefani dipinge scorci di città radioattive evocando degrado, periferie isolate, caos urbano: si vedono bidoni di rifiuti, tra cui si riconoscono scorie di apparecchiature elettroniche e oggetti vari: schermi, tubi, bulloni, ruote, ferraglia, bambole robotiche.
Nelle tele ad olio, le composizioni dai colori accesi, acidi, ipersaturati tendono a formare un pattern astratto, in cui l'elemento del colore prevale sulla forma che si scioglie nella luce, che fluidifica i contorni, e compone gli oggetti in una paradossale armonia.
In queste tele, il tratto fa posto al colore, alla piacevolezza compositiva di una tavolozza irreale e vitalissima.
Ne emerge il canto delle rovine attuali, una possibile poesia, eccessiva e tossica, come un canto epico, abbacinato dalle rovine che il nostro stile di vita crea.
La mostra prosegue con le opere di Diego Randazzo, sei dittici che attraverso una tecnica ibrida fatta di vari passaggi - dal disegno alla stampa fotografica a contatto - mettono a questione lo stesso fare artistico, ed esprimono in modo implicito, sottile e stratificato vari messaggi, partendo dalla scelta del soggetto, il fungo, che esprime in sé la proliferazione, in quanto uno dei temi affrontati è la proliferazione delle immagini digitali.
L'opera, che nasce dal disegno, ha una doppia identità: ricopiare dal vero la morfologia dei funghi mettendola in relazione con l'anatomia umana, e la volontà di ricreare la "pagina tipo" di un atlante enciclopedico, replicandone l'ordinata ed elegante struttura compositiva, fascinazione che poi l'artista tradisce e complica con l'accumulazione ottenuta tramite duplicazioni digitali.
Randazzo, in queste opere riflette, illude (come esprime nel titolo) e opera in chiave al contempo ludica e critica attorno a tre grandi concetti: riproduzione, proliferazione e accumulazione, indicando emblematicamente nel suo fare la moltiplicazione delle immagini, spesso uguali e ripetitive, a cui siamo sottoposti.
La possibilità di lettura continua poi su più piani in cui possiamo trovarvi sottese tematiche come: sessualità, magia e scienza.
Il percorso espositivo comincia così a rivelare un suo interno racconto, e dopo un primo sguardo critico e al contempo affascinato verso l'esterno, la società e la sua rappresentazione, con le opere di Federico Montesano si rientra in se stessi, indirizzando l'attenzione verso la propria condotta e coscienza, e verso la ricerca di una possibile “giusta via”, che significa soprattutto consapevolezza che nasce dalla scelta e dall'uso della ragione, dal cercare ed esprimere un valore che può parzialmente opporsi alla fragilità umana.
Le opere in mostra sembrano nascere direttamente dal sogno rinascimentale, richiamato e reinterpretato attraverso la figura di un uomo, una persona al centro del proprio destino e in grado di forgiarlo passo dopo passo, espressa dalla figura classica di un cavaliere, in sintonia perfetta con il proprio cavallo, animale che freudianamente rimanda ad istinti e materialità dominate.
Tantissime le suggestioni di questi quadri, nati da una cura meditata per il materiale e per il disegno inteso come sinopia e studio che parte direttamente dal pensiero. La serie "Le cose belle sono difficili", citazione di un antico proverbio greco citato anche da Socrate, che all'autore piace anche leggere nel verso opposto: "Le cose difficili sono belle", rimandano ad una contrapposizione netta verso l'effimero, ad un senso di perseveranza e resilienza, di una ricerca di grandezza umana, interiore.
Proseguendo siamo trasportati nell'interiorità e nello scavo psicologico con le opere di Remigio Fabris, opere che cercano un realismo interiore, una sfigurazione introspettiva della forma.
Attraverso pennellate sapienti di acrilico nero e diluente su stampa fotografica, Remigio Fabris fa risuonare corde profonde; il suo è uno sguardo tutto interiore che fa emergere quello che di solito si tenta di rimuovere e nascondere: il dolore, l'angoscia, la scissione, l'apatia e la paura nell'affrontare la vita.
Ma anche il dolore dell'altro e quello da lui emanato, il dolore dello sconosciuto, del passante, del migrante, opere che svelano, risuonando in un'empatia psichica, la parte emozionale della realtà, quella scura, che spesso non vorremmo vedere, popolata da ombre o dagli spettri della paura.
Ma è una visione trasfigurata, un "realismo simbolico" poeticamente potente, in cui risuona il messaggio dell'autore: nell'intimità di queste passioni dolenti, lontano dall'imperativo di una positività obbligata, svuotata e fasulla, si può ancora provare a sentire, si può cercare in autenticità la vita.
BIO
Lisa Stefani
nasce a Vicenza nel 1991, vive e lavora a Torino. Ha frequentato il corso di pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia.
Ha al suo attivo diverse mostre collettive, tra cui ricordiamo la 110ma Collettiva Giovani Artisti, curata da Fondazione Bevilacqua La Masa, Galleria di Piazza San Marco, Venezia; e il 2017 Combat Prize, curato da Paolo Bateni, Villa Mimbelli, Ex Granai del museo G. Fattori, Livorno.
Nel 2018 ha inaugurato la sua prima mostra personale intitolata "Il dente della tigre", opere pittoriche grafiche e scultoree che descrivono potere e stili di vita contemporanei, un'indagine estetica del sistema capitalista ancora in corso d'opera.
Diego Randazzo
nasce a Milano nel 1984. Consegue la maturità al Liceo Artistico di Brera e prosegue gli studi in cinema e teatro, laureandosi in Scienze dei Beni Culturali con una tesi in ‘Istituzioni di regia’ presso l’Università degli Studi di Milano. Dopo un iniziale interesse verso la pittura e la performance, ha approfondito le potenzialità espressive e poetiche dei linguaggi multimediali e le modalità di fruizione visiva. Dal 2005 ha partecipato a numerose mostre collettive e personali. Sue opere son presenti in collezioni pubbliche e private. È stato finalista nella rassegna The Gifer Festival 2017 tenutasi presso Fondazione Sandretto Re Rebaudengo - Galleria Sabauda, Polo Reale di Torino ed è stato due volte finalista del Premio Cramum per l’Arte Contemporanea (2017/2018). Nell’edizione del 2017 la giuria del Premio Cramum gli ha conferito il 3° posto. La sua installazione ‘Tutto l’intorno del momento’ è stata segnalata dalla giuria del Combat Prize 2018. Nel 2019 è finalista del Premio Radar Mexico, del Premio Arteam Cup 2019 e vincitore del Premio Ora (selezionato dalla galleria Add-Art di Spoleto). A ottobre 2019 è protagonista della mostra ‘KIDS. Ancora piccoli martiri’ a Casa della Memoria di Milano e l’installazione #Kids entra a far parte della collezione permanente del Museo.
Federico Montesano
nasce a Monza nel 1990. Consegue il Diploma di 2° Livello in Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e il Diploma di Scenografo di Teatro presso l’Accademia del Teatro alla Scala di Milano.
Parallelamente alla scenografia, ove si muove in ambito teatrale in veste di progettista e realizzatore, sviluppa e approfondisce i propri interessi per le arti visive incentrando il proprio lavoro sull’introspezione e sulla ricerca delle proprie radici, ricevendo apprezzamenti in vari ambiti.
Partecipa con successo a diverse mostre personali e collettive, nazionali e internazionali, e collabora con artisti per la realizzazione di eventi.
Tra le diverse collettive: Finalista Premio Arte 2016 - Palazzo Reale di Milano; MIMUMO Micro Museo
Monza; Galleria Spazioporpora - Milano; Museo Fondazione Luciana Matalon - Milano.
Remigio Fabris
nasce a Sandrigo (VI) il 10 Novembre 1979, vive e lavora a Dueville. Si avvicina al mondo dell’espressione artistica nel ’97, e come autodidatta, comincia a manifestare il suo interesse sia per la pittura che per la scultura. A partire dal 2008 prende ispirazione da foto e video tal volta forti e crudi, con l’intento attraverso l’uso del bianco e nero di creare un realismo simbolico che esprima le nostre paure interiori e nascoste.
Ha al suo attivo numerose mostre sia personali che collettive, durante il 2019 espone con la galleria OnArt a Firenze; presso Palazzo Doria Pamphilji a Valmontone a cura di Asylum Press, e come artista recensito al “4 Premio Premio Michele Cea - Con la luce negli occhi” allestita presso Ex Fornace Gola a Milano, a cura di Cea Foundation.