Ibrahim Ballo – Metaphores
Mostra personale.
Comunicato stampa
Parole dell’artista
Il mio progetto è di giocare sul concetto di identità, mascherando i volti dei miei
soggetti, allontanandoli dallo spettatore; associando nello spazio delle mie tele,
pittura acrilica e fili di cotone. I personaggi mascherati esplorano l’assenza di
comunicazione emotiva.
Nel disordine del mondo contemporaneo, i soggeti entrano in ibernazione in un
rituale di meditazione per prendere le distanze da false apparenze, tradimenti ed
illusioni di ogni sorta. La mia ricerca di armonia e di autenticità mi conduce ad
associare svariate tecniche dando precedenza al cotone. Portatore di una storia a
vari livelli, il cotone veicola con i suoi motivi simbolici, storie di circolazione, di
migrazione e di appropriazione. Un dialogo si stabilisce tra ideogrammi del cotone
maliano raffigurati all’acrilico ed i fili annodati in un linguaggio minimalista che
traduce l’interiorità dei personaggi. Una sintesi si opera tra esperienza del mondo
contemporaneo e significati storici in un universo sempre più digitalizzato...
Associato ai fili annodati, le reti di linee tracciate in acrilico, si intrecciano creando
una moltitudine di punti di giunzione. Questo lungo processo mira a ritrovare una
energia positiva, una connettività ed una necessaria sociabilità. Di fronte al doppio
choc, creato dalla diversità delle culture e dalle rotture tecnologiche, questo
arretramento preso su una norma sociale caratterizzata dal consumismo,
contribuisce a fare “ tomber le masque” ai fini di trovare in noi la forza di assumere
i nostri ruoli culturali, sociali e politici.
In Mali la tessitura fa parte delle attività più rappresentative delle comunità, nonostante al giorno d’oggi
stenti a sopravvivere a detta dell’artista. Un tempo, la presenza di un tessitore in famiglia o nel villaggio
era sinonimo di unione, solidarietà e coesione sociale, i problemi o le discordie venivano trinciati sotto
un albero durante lo svolgere di questa attività. Oggi sfortunatamente con lo scarseggiare progressivo
dei tessitori in Mali, si assiste alla disgregazione, all’individualismo, alla mancanza di solidarietà ed altri
fenomeni tali le violenze domestiche, la corruzione dei costumi e l’immigrazione di massa della
gioventù in cerca di speranza e di una identità consone ai giorni nostri.
A prima vista, oltre all’organizzazione spaziale e l’equilibrio notevole delle composizioni che mettono in
scena personaggi, creature mitologiche e animali dell’ambiente familiare dell’artista, i quadri di Ibrahim
Ballo suggeriscono un contatto tattile che mette in evidenza le trame della tessitura scagionando
simboli, codici, usanze proprie ai tessuti di cotone che hanno origine nella sua terra natia. Ma in questa
odissea, il pittore se li appropria tramutandoli con il concorso delle pennellate acriliche in un vero e
proprio linguaggio poetico che tradisce le sue influenze tessili.
In realtà l’infanzia di Ibrahim si è svolta in mezzo a tessitori che tramandano il mestiere da generazioni
in generazione. Ma la svolta nella sua pratica artistica avverrà con il viaggio a Ouagadougou nel cui
mercato riscoprirà l’eredità ancestrale attraverso i tessitori del Burkina Faso, patria del Faso Dan Fani
(prodotto tessile riconosciuto in tutto il mondo), durante una residenza d’arte nel 2019. Ne risulterà una
specie di rituale meditativo, il cui processo lo porta spesso a sottrarsi al disordine contemporaneo
facendo risultare le scene dei suoi dipinti, dei veri e propri “Self safe Islands” luoghi dove iberna i suoi
affetti, le memorie ancestrali ed intime della sua infanzia, e sopratutto i suoi sogni e desideri al riparo
dalla crudeltà e dalla malvagia degli adulti che lo hanno segnato.
La recrudescenza delle figure infantili in svariati contesti e posture, talvolta in meditazione, spensierati,
sognanti o giocosi nell’opera di Ibrahim Ballo ci sottolinea in modo metaforico la narrativa dell’infanzia,
tra usanze familiari, tribolazioni, idealizzazione e realtà distopica evidenziando le problematiche tra cui,
crisi identitaria e scarse opportunità economiche, condizioni che spesso spingono i giovani di alcuni
posti del mondo verso l’immigrazione di massa nella speranza di trovare verdi praterie in cui potranno
finalmente dare libero sfogo ai loro sogni.
L’artista ci spiattela in modo schietto la difficile condizione dell’infanzia nel suo paese, che negli ultimi
decenni è il teatro di una instabilità dovuta all’incursione del terrorismo in Africa subsahariana,
facendosi portavoce della condizione dell’infanzia. I quadri di Ibrahim si apparentano anche a tessere
che rappresentano finestre multimediali sul mondo in cui proietta l’equilibrio precario tra modernità e
tradizione in un contesto contemporaneo frenetico e digitalizzato, cosi marcato dalla pressione del
neocapitalismo globale (Neoliberismo) la cui complessità non augura prospettive migliori per il destino
dei popoli che penano ad uscire dalla notte del colonialismo.
L’opera di Ibrahim Ballo è una specie di antologia metaforica, la cui grammatica plastica simboleggia
una mediazione tra modernità e tradizione riaffermando il ruolo dell’artista come fautore di trasmissione
e di coesione tra mondi e realtà, culture e popoli, identità singolari ed identità diluite sempre più distanti
fra di loro in un contesto contemporaneo di gran malessere globale, figlio del consumismo.
“Quando la trama delle memorie individuali trascende i confini geografici per iscriversi sui
corpi, nei cuori e nella coscienza collettiva universale, essa diventa incarnazioni perché la
facciamo nostra.”
Patrick Joel Tatcheda Yonkeu
METAPHORESIBRAHIM BALLO
NEBBAM GALLERY - Via de’ Castagnoli, 5/b - Bologna