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Informazioni Evento

Luogo
SPAZIO CIT
via Bidone 16, Torino, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

orari 12.00 - 19.00 (tutti i giorni esclusi martedì e domenica)

Vernissage
25/03/2016

ore 19

Biglietti

ingresso libero

Curatori
Amalia De Bernardis
Generi
arte contemporanea, collettiva

Mostra collettiva arte visiva

Comunicato stampa

cura ed allestimento Amalia de Bernardis _allestimento testuale + testo critico Ivan Fassio

artisti
LEARDO SCIACOVIELLO
NICCOLO’ CALMISTRO
SEVERINO MAGRI
MARCO ALTAVILLA
AMALIA DE BERNARDIS
PETRA TIMEA NIELS
IVAN FASSIO
MARCO DA ROLD
GINEVRA OTOK

Tre Emblematici Esercizi d'Oblio Iconico

I
Non è soltanto la nostra maschera, quella che noi vediamo, quando ci guardiamo allo specchio o ci incontriamo: poiché, se levato, il trucco non ci assomiglia più. Perché, se potessimo abbandonarlo, il travestimento perderebbe, paradossalmente, proprio le nostre sembianze, come se stesse rimpiangendo un’anima? Ne abbiamo solo una flebile intuizione, ma ne siamo certi: senza un'essenza, la nostra apparenza si trasforma in un frivolo orpello, in escrescenza carnosa inapplicabile, in un'orma odorosa e, infine, in una traccia abbandonata. Diventa simulacro, abbozzo che riformula un linguaggio. Da qui, un'inedita sostanza si concretizza, si crea allo stesso modo in cui si produce un'opera d'arte – inutile eppure espressiva, opaca eppure rivelante: siamo noi questa nuova materia, quest’impasto contrastante di visione e memoria.

II
L'identità dimora nel ricordo? No: probabilmente la nostra essenza non può abitare – e la memoria, quando vagamente attendibile, è nomade. Fluttuante, lo spirito non morirà mai – noi, fortunatamente, non lo sappiamo –, e mai potrà possedere alcunché: mai avere, per definizione, ma soltanto essere, in eterno! Guardando indietro, tuttavia, scorgiamo un residuo che lega tracce di noi ad un corpo che non ci appartiene, ma che ci vive momentaneamente, consumando insensatamente materia inutile... Un'intuizione remota: sapere di qualcosa o qualcuno che ci inganna sempre. Dissidio continuo, mistero irritante, umano fastidio.
L'Io non è sostanza, bensì relazione. Siamo ancorati ad un porto che non esiste, fermi a contrattare su un molo affollato. Le nebbie si dissipano come in un sogno e ci lasciano vagare in una calca prima impensabile, gli occhi lucidi. Mercanzia ammassata sulla banchina, il nostro bagaglio interiore è produzione non commerciabile. I passanti ci ignorano – nessuno ci vuole –, siamo stranieri sporchi e illetterati. In quanto barbari per costituzione, sarebbe auspicabile che noi ci muovessimo, che caricassimo i nostri tappeti sulle imbarcazioni per perderci definitivamente nelle foschie, superando le correnti che battono il pontile. Non lo faremo mai, perché siamo codardi!
Chi siamo, dunque, non possiamo dirlo, infatti siamo rivelati. Una bocca ci ha sussurrato nome, storia, destino. Il corpo viene modellato dalla terra secondo meccanismi di semina, riscaldamento, fermentazione e lievitazione: incredibilmente riconoscibile di giorno in giorno.

III
Contemplare il mio aspetto, dall'alto dei miei occhi, e farmi specchio di me stesso, chinando il capo verso terra, scendendo fino ai piedi. Prendere coscienza di non possedermi mai, ma di riformularmi autenticamente: un tutt'uno fisico, simbolico e mentale. Abolire ogni speculazione ed affidarmi ai sensi e al flusso dei pensieri, presentandomi alle moltitudini che dimorano in me, salutando soddisfatto le infinite e continue possibilità di cambiamento, vedendomi divenire alterità: mutante meccanismo di significazione.
A voler entrare in questo circolo vizioso, soltanto un sogno poteva estraniarmi così tanto. Sconosciuto a me stesso, nel sonno, germogliavo bulbi dalla cornea, viravo imbarcazioni sulla bile, applicavo una sirena assordante sul mio tatto. Appendendo tre gocce di rugiada alle mie orecchie, stappando la materia cerebrale dall'imboccatura del torace, obbligandomi a nuotare in una vasca troppo stretta, mi immergevo nel mio corpo e, come un pesce fuor dall'acqua, dilatavo incredulo le branchie, nell'affannosa ricerca del mio sangue.

note curatoriali_Ivan Fassio