Identità sparse

Informazioni Evento

Luogo
VILLA BADOER
Via Giovanni Tasso , Fratta Polesine, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
12/05/2019

ore 17

Generi
arte contemporanea, collettiva

Organizzata nell’ambito del Progetto Ro-Media Art, vincitore del bando CulturalMente 2017 indetto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, IDENTITÀ SPARSE è una mostra collettiva di arte contemporanea dedicata alle installazioni multimediali.

Comunicato stampa

Organizzata nell’ambito del Progetto Ro-Media Art, vincitore del bando CulturalMente 2017 indetto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, IDENTITÀ SPARSE è una mostra collettiva di arte contemporanea dedicata alle installazioni multimediali di CRISTIAN VALDINOCI, MONICA LASAGNI e SARA MENEGATTI. L’esposizione è ideata da Alessandra Chiarini, curatrice del Progetto Ro-Media Art, in collaborazione con Casagallery Itinerante, dalla quale provengono i tre artisti di questa mostra. Casagallery, spazio espositivo ed Associazione Culturale con sede a Bologna, è finalizzata alla promozione di giovani artisti. Connessa all’Accademia di Belle Arti di Bologna, è stata fondata dagli artisti e docenti Claudio Rosi e Barbara Ceciliato.
IDENTITÀ SPARSE costituisce la prima mostra incentrata sulla multimedialità organizzata presso la Villa Badoer di Fratta Polesine. L’esposizione prevede quattro installazioni site-specific che si configurano come interventi creativi pensati appositamente per interagire con gli spazi della Villa cinquecentesca progettata da Andrea Palladio.
L’identità si pone come il nodo tematico alla base della mostra: a partire dai linguaggi della fotografia e del video, le opere esibite affrontano il concetto identitario declinandolo sotto diverse forme, accostando le immagini mediali a materiali e oggetti eterogenei e toccando, di volta in volta, aspetti individuali e collettivi che riguardano il sé e l’interiorità, le relazioni umane e la famiglia, la Storia e il territorio. Il titolo della mostra IDENTITÀ SPARSE fa dunque riferimento a un’accezione plurale e disseminata del concetto di identità, a una molteplicità di prospettive e sguardi sullo spazio, sul tempo e sul presente che lo splendido contesto della Villa Badoer ha saputo evocare nei giovani artisti coinvolti.

CRISTIAN VALDINOCI
Hambit
Attraverso l’impiego di diversi media espressivi, dalla fotografia ai materiali industriali quali i filtri per le cabine di verniciatura, Hambit è un’installazione che affronta il tema dell’identità a livello tanto spaziale quanto simbolico. Proponendo autoritratti fotografici sempre realizzati in notturna, Cristian Valdinoci, artista originario di Forlì, nato nel 1982, si misura con l’ambiente circostante producendo una documentazione straniante della sua presenza presso la Villa Badoer e il territorio di Fratta Polesine. L’utilizzo dei materiali industriali funge da correlativo “collettivo” della ricerca introspettiva messa in atto dall’artista tramite la fotografia: ne risulta un’opera disseminata tra gli spazi della Villa, nella quale il concetto di identità si espande e si ritrae continuamente per lambire, di volta in volta, i molteplici ambiti del personale e del massificato.

MONICA LASAGNI
Che cos’è l’amore?
Monica Lasagni, artista nata nel 1990 e residente a Brescello (RE), realizza una video-installazione sonora che analizza l’amore in varie forme e contesti. Il concetto di identità è declinato simbolicamente in termini familiari e biologici, a partire dalla Natura intesa come Madre e al contempo come conduttrice del ciclo dell’esistenza. I temi della vita, dell’amore, del dolore e della morte sono espressi metaforicamente attraverso il processo evolutivo della cicala: la larva della cicala vive nel sottosuolo per un periodo che va da uno a diciassette anni; la ninfa, divenuta matura, grazie agli arti anteriori fuoriesce dal terreno e raggiunge l’albero più vicino dove ha inizio una lenta fase di metamorfosi in cui la cicala esce dalla propria esuvia, detta anche Madre Cicala, per diventare adulta a tutti gli effetti. La vita della cicala dura solamente un’estate. Durante quel periodo essa si nutre pochissimo: il maschio si mette alla ricerca della femmina, cercando di attirarla con il frinire del suo organo stridulatore, per riprodursi e portare avanti la specie. Entrambi muoiono poco dopo l’accoppiamento e la deposizione delle uova.
Il video, accompagnato dal suono delle cicale, ci mostra l’artista con la sua famiglia e i paesaggi rurali attorno a Brescello, la cui identità è per molti versi simile a quella del Polesine. Oltre alle immagini in movimento, l’opera presenta quattordici piedistalli di legno su cui sono posizionate esuvie di cicale. Il ciclo vitale della cicala, considerato in molte culture l’emblema della resurrezione, si lega, tramite le immagini del video, al contesto religioso e spirituale. Amore e identità sono concepite come istanze indissolubili nel ciclo dell’esistenza, attraverso la famiglia, la sessualità, la sofferenza e la morte, intese sempre come fonti di rigenerazione.

SARA MENEGATTI
In conservazione
Nella video-installazione In conservazione, l’artista ferrarese Sara Menegatti, nata nel 1988, esplora il concetto di identità attraverso i filtri dell’interiorità e dell’impossibile. Tale indagine è realizzata mediante l’impiego di oggetti di uso quotidiano come i barattoli da conserva in vetro, di cui l’artista si serve per preservare tutto ciò che non si può custodire concretamente. Elementi pregnanti dell’esistenza come l’amore, il tempo, il passato, il cielo, le nuvole, la paura sono di fatto intangibili ma, ciononostante, fortemente percepibili da ognuno di noi e determinanti nel plasmare le nostre sensibilità e le nostre vite. La conservazione di queste e altre istanze incorporee è resa possibile dal paradosso della proiezione: ciò che non può materializzarsi prende forma nell’immagine, i barattoli catturano qualcosa di puramente etereo e, tuttavia, riconosciamo tali elementi come parti essenziali di noi stessi.
Skeletons in the Closet
Con l’installazione Skeletons in the Closet, Sara Menegatti opera sul concetto di identità concentrandosi sulla memoria personale e collettiva, considerando la memoria come materia prima della Storia ma anche come invenzione immaginaria del ricordo. L’artista recupera al mercatino delle pulci una serie di fotografie d’epoca risalenti ai primi decenni del Novecento, inglobandole in light boxes che colloca all’interno di un armadio. Le immagini fotografiche sono intese nella loro qualità di documenti storici e testimonianze di esistenze passate su cui, tuttavia, Menegatti getta una nuova luce interpretativa che coinvolge necessariamente lo sguardo della contemporaneità. L’osservatore è chiamato a immaginare le identità dei soggetti immortalati nelle fotografie e a completare le loro storie, ipotizzando eventualmente – come suggerisce il titolo dell’installazione, che in italiano significa “scheletri nell’armadio” – quali siano i loro segreti inconfessabili.