Il coraggio di immaginare
Nell’ attualità del tema proposto, essa ci guida attraverso la magnifica avventura del pensiero creativo di cinque straordinari artisti molto noti nel panorama italiano.
Comunicato stampa
Senza immaginazione non c’è salvezza, sosteneva il celebre storico dell’arte Giulio Carlo Argan, intendendo che senza di essa non può esservi occasione al superamento del mondo ma solo prevedibilità. Chi non sogna - prosegue Maria Cristina Ricciardi, curatrice della mostra - rinuncia al cambiamento, al coraggio di immaginare possibili alternative di possibili sistemi di vita, diversi da quelli in uso. Capiamo bene, quindi, quanto sia importante, soprattutto oggi, conservare la facoltà di immaginare, la possibilità di sognare e di mettere i nostri sogni a disposizione dell’intelletto. E’ importante per ciascuno di noi ed in particolar modo per le nuove generazioni, spesso appiattite da troppa compagnia tecnologica, dall’azzeramento delle prospettive di chi pensa che tanto non cambierà mai niente, dai frequenti pessimi esempi di chi li ha preceduti, in una Italia in forte crisi morale prima che economica e dalla quotidianità sempre più violenta. Ritornare a sognare, diviene allora un utile esercizio per non arrendersi ai disastri del presente, avendo a cuore, si badi bene, non la negazione del mondo ma l’ azzeramento della distanza che intercorre tra la nozione di “reale” e quella di “ideale”.
Da tali considerazioni ha preso il via questa mostra, 13° progetto espositivo dello Studio d’Arte Forlenza di Teramo, intitolata Il coraggio di immaginare. Nell’ attualità del tema proposto, essa ci guida attraverso la magnifica avventura del pensiero creativo di cinque straordinari artisti molto noti nel panorama italiano, quali lo scultore Paolo Annibali, i pittori Enrico Benaglia, Claudio Benghi, Silvano Braido, Maurizio Romani, che nella dimensione simbolica della propria coscienza immaginativa fondano la risonanza della loro e della nostra voce.
In occasione del vernissage saranno presenti gli artisti.
Catalogo di 48 p. disponibile in Galleria.
Forlenza
STUDIO D’ARTE
PROFILI BIOGRAFICI DEGLI ARTISTI
PAOLO ANNIBALI (San Benedetto del Tronto/AP, 1958)
Scultore. Si dedica alla realizzazione di opere d’arte sacra e a destinazione pubblica in contesti architettonici. Tra queste fanno spicco: Cappella della Resurrezione Chiesa di S.Pio X in San Benedetto del Tronto, 1994-2009; La Porta della Misericordia per la Chiesa di San Filippo Neri in San Benedetto del Tronto, 1997; La Porta dello Spirito Santo per la Chiesa di San Pio X in San Benedetto del Tronto, 1998; Le porte della Chiesa Regina Pacis in Matelica, Macerata, 2001; Il mare, il ritorno, monumento ai caduti del mare nel porto di San Benedetto del Tronto, 2002; Racconti di mare e di costa, fregio per la Capitaneria di Porto di San Benedetto del Tronto, 2002; Statua di San Giuseppe da Copertino per il Monastero della S. Speranza di San Benedetto del Tronto, 2002; La Porta del Giubileo per la Cattedrale di Jesi, 2002-2004;La Porta di San Giovanni Battista per la Chiesa di San Giovanni Decollato in Fiesole, 2003; Statua di San Bartolomeo per la Cattedrale di Matelica, 2003; La Porta di San Giacomo Maggiore per la Chiesa di San Jacopo in Pratovecchio, Arezzo, 2004; L’ambone per la Cattedrale di Fiesole, 2007; La Porta dell’Opera per il Meridione d’Italia Padre Giovanni Minozzi in Amatrice, Rieti, 2007; L’ambone per il Santuario di S. Maria delle Grazie in Stia, Arezzo, 2007; Tre disegni per il Nuovo Lezionario, libreria editrice Vaticano, 2007-2008; Monumento per il parco letterario “Il porto sepolto” Sagrato di Isonzo, Gorizia, 2008-2009; L’ambone per la Chiesa Prepositurale di Pratovecchio, Arezzo, 2010; Fregio di Santa Barbara per la Nava per le ricerche petrolifere dell’Eni Saipem 12000, 2010; Statua di S. Sollecito per la Cattedrale di Matelica, Macerata, 2009-2010; Monumento I Sognatori per piazza Matteotti, San Benedetto del Tronto, 2009-2010;la Porta della Grazia, Santuario di Santa Maria delle Grazie, Stia (AR), 2010-2011. Espone su invito alla Mole Vanvitelliana di Ancona, progetto Padiglione Italia della 54ª Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, a cura di Vittorio Sgarbi. Tra le ultime mostre personali si segnala quella tenuta a Roma, al complesso monumentale di San Salvatore in Lauro. Vive e lavora a San Benedetto del Tronto (AP).
ENRICO BENAGLIA ( Roma, 1938)
Pittore, disegnatore, incisore, litografo, scenografo, scultore. La sua attività espositiva, dagli anni Settanta, si sviluppa in Italia e all'estero. Lungo tutti gli anni Ottanta si colloca definitivamente nel panorama artistico nazionale grazie all'individuazione di un'iconografia originale e simbolica, legata al mondo favolistico e mitologico. Nel 1985 esce un primo organico volume sulla sua opera per le Edizioni Fratelli Laterza, con un testo di Alberico Sala. Nel 1990 la Regione Lazio patrocina una sua antologica Enrico Benaglia, Fabula picta, Fabula dicta, presso la Galleria Rondanini di Roma. Nel 1998 la Regione Abruzzo, la Soprintendenza ed il Museo Nazionale d’Abruzzo gli dedicano nel Castello de L’Aquila la mostra personale Il salotto incantato. Nel dicembre 1999 è alla Sala Club Freccia Alata dell’aeroporto Leonardo da Vinci con una significativa raccolta di opere. Nel 2000, presso la galleria L’Indicatore di Roma si presenta il ciclo inedito de I quartieri dell’anima a cura di Alida Maria Sessa (curatrice di molte altre mostre a seguire), successivamente esposto a New York, aeroporto J. F. Kennedy, a Pescara, Museo Vittoria Colonna, a Madrid, Istituto di Cultura Italiana. Nel 2002 espone al Vittoriano di Roma il ciclo Il giardino segreto, portato successivamente a Chieti, a Tallinn e a Strasburgo. Dal luglio 2002 fino al giugno 2003, in collaborazione con Alitalia, una sua grande tela Notte Italiana rimane esposta presso l’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, nel giugno 2003 espone il ciclo Vita in campagna presso la sala vip dell’aeroporto di Bruxelles. Nel 2006 espone il ciclo Le stanze del mare alla Fortezza di Michelangelo di Civitavecchia. Del 2008 è il ciclo Collage paintings che presenta alla Pinacoteca Comunale di Città di Castello. Nel 2009 realizza il cencio per il Palio di Carpineto Romano e la scultura Mediterranea per la Regione Lazio, destinata al Premio Internazionale “Il Lazio tra l'Europa e il Mediterraneo“. Del 2010 sono le personali Il circo di Benaglia all’Auditorium Parco della Musica di Roma e Splendore Mediterraneo, alla Camera di Commercio di Catania. Nel 2011 espone la personale L’acrobata invisibile alla Banca UBS in Svizzera. Prestigiose monografie accompagnano la sua lunga attività espositiva. Vive e lavora a Roma.
CLAUDIO BENGHI (Castel Maggiore/ BO, 1947)
Pittore e disegnatore. Dal 1990 al 1996 collabora con alcune gallerie, che gli permettono di realizzare molte mostre di prestigio in Italia e all’estero: Francia, Svizzera, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Lo contrassegna la tematica fantastica in cui ironia e sogno, illusione e realtà si combinano senza sosta, spostando oltre il confine della percezione. Con la galleria Alhambra realizza la personale Percorsi sognati, che porterà poi a Imola. La Della Rovere Arte gli organizza importanti personali fra cui Fantasticarte nel 2002, Stanze oniriche nel 2003 e La fiaba sul palcoscenico nel 2005. Partecipa su invito alle rassegne Maestri del ‘900 a Forte dei Marmi, Operazione controguerra a L’Aquila, il Mito di Eva a Pescara, XXVII Premio Internazionale “Emigrazione“ Luci e colori d’Italia nel mondo a Pratola Peligna (Pe), Casoli Pinta, I Edizione Biennale di Pittura Murale (2002). Nel 2006 espone, alla Rassegna di pittura “Premio Marina di Ravenna“ e alla Rassegna Internazionale XXXIII Premio Sulmona. Nel 2007 i Comuni di Argelato, Castel Maggiore, San Giorgio di Piano, e San Pietro in Casale, gli realizzano la mostra personale e il DVD Nel giardino della Regina, in occasione della giornata mondiale dell’infanzia e dell’adolescenza. Nel 2010 è presente con una recensione del suo lavoro e la riproduzione di due dipinti, in Storia dell’Arte Italiana del 900, Generazione anni 40, vol. 6, a cura di Giorgio Di Genova ed. Bora. Nel 2011 vengono pubblicati trentuno suoi disegni sull’Agenda Sartori. Nel 2011 porta in mostra Storie di Oruec e Del Paradiso, una raccolta, quest’ultima, di lavori sul tema della felicità identificata in un luogo originario e mitico, dove il tempo è sospeso in una condizione del sentire e dell’immaginare. Nell’ estate realizza la personale La fiaba della vita. E’ Direttore artistico della Biennale di pittura città di Castel Maggiore (BO), giunta nel 2011 alla sua VI Edizione. E’ autore delle immagini di copertina della collana Vita emotiva e formazione della Franco Angeli Edizioni e delle Edizioni Junior. Vive e lavora a Castel Maggiore (BO).
SILVANO BRAIDO (Treviso, 1946)
Pittore e disegnatore. Fin da bambino oltre al gioco, scopre il bisogno di disegnare, come necessità di espressione e di comunicazione. La matita, i pastelli e successivamente l'olio e l'acrilico, gli saranno compagni inseparabili per tutta la vita. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Venezia, che non porterà mai a termine per svariate ragioni fra cui la divergenza rispetto a quelle esigenze espressive, tanto libere quanto fantasiose che egli sente di volere “mettere in scena”. Lavora in vari ambiti, senza mai rinunciare alla sua grande vocazione per la pittura ed il colore, con cui rende visibile quel suo sentimento evasivo, bene espresso dai mondi “impossibili” che gli appartengono. A partire dagli anni Ottanta, riesce a realizzare, con sensibile impegno e paziente lavoro di ricerca, la propria strada di artista a tempo pieno, approfondendo il disegno, perfezionandosi nell’olio e nell’acrilico su tela, nella tempera su carta, nell’acquarello, confrontandosi, con successo, con la tecnica incisoria dell’acquaforte. Fin dalle prime esposizioni si rivela artista creativo e di grande fascino, molto apprezzato dal pubblico e dalla critica. Oggi, nel pieno della maturità, con raffinato senso pittorico, costruisce immagini di straordinaria bellezza con cui realizza i suoi mondi sorprendenti e bizzarri dove cieli infiniti e creature fantastiche fanno luminose le scene dei suoi colloqui con la vita. Numerose le mostre che, a partire dal 1987 ad oggi, l’artista tiene in gallerie, fiere internazionali dell’ arte contemporanea, Gallerie civiche e musei, sia in Italia che all’estero. Nel 2010 partecipa, su invito, al progetto espositivo ed editoriale Artisti per Sergio De Risio, tenuto a Lanciano e curato da Maria Cristina ricciardi. Fra le ultime personali si segnalano quelle tenute a Cittadella (PD), a Treviso e Bestiario Urbano, esposta alla Galleria L’Arte di Molinella (BO). Tra i 2010 ed il 2011 espone in rassegne internazionali in Russia ed in Polonia. Vive e lavora a Lancenigo di Villorba (TV).
MAURIZIO ROMANI (Roteglia/RE, 1955)
Pittore ed incisore. Tiene la sua prima personale nel 1986, alla Galleria Il Voltone di Reggio Emilia, a cura di Alfredo Gianolio e Angela Nascimbene Cucchi. Negli anni Novanta la frequentazione del mondo artistico si alterna al ritiro produttivo a Roteglia, località dove egli ancora oggi vive e lavora. Dagli anni degli esordi, la sua ricerca si evolve in varie direzioni: natura morta, paesaggi, arte sacra, valendosi di differenti tecniche. L’artista è notoriamente apprezzato per le sue nature morte, che portano in sé il segno di una anomalia, di una incongruità che in natura non esiste, opere esposte in numerose mostre, tra cui quella curata da Pietro Zampetti del 1991 ad Ancona, quella di Giulianova (TE) del 2003 presentata da Carlo Fabrizio Carli, e quella del 2005 presentata da Armando Ginesi a Castellarano (RE). Anche nel versante dell’impegnativo confronto con i grandi temi del Sacro, l’artista realizza numerose opere ad olio, e produce un suggestivo ciclo di lavori dedicati al Cantico dei Cantici, raccolti in un corpus di 25 disegni a matita su carte di grandi dimensioni , di esecuzione molto accurata, presentato in una mostra itinerante. Nel 2009 al Museo d’Arte dello Spendore di Giulianova (MAS), espone la personale Istanze trascendenti, a cura di Maria Cristina Ricciardi, con dipinti di grande formato in cui manifesta, con ricchezza di lessico espressivo e profondità di visione, una figurazione altamente poetica che sa aprirsi sul mondo, per regalarci la cognizione di un unico universo, soprannaturale e reale, senza confini. Tra le ultime personali si segala Al di là del reale, promossa dal Comune di Casalgrande (RE), con presentazione di Massimo Mussini. In occasione dei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, progetto Padiglione Italia della 54ª Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, a cura di Vittorio Sgarbi, l’artista espone una tela di grande formato, Apparizione nella mia stanza, nei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia. Sempre nel 2011, viene premiato al XXXVIII Premio Sulmona con la Medaglia del Presidente della Camera. Vive e lavora tra Roteglia (RE) e Giulianova (TE).
Forlenza
STUDIO D’ARTE
TESTO CRITICO DI PRESENTAZIONE ALLA MOSTRA
Maria Cristina Ricciardi
IL CORAGGIO DI IMMAGINARE
Con l’ ottava lettera dell’alfabeto greco, il theta, si definisce nella funzione elettrochimica del cervello, quella frequenza di onde, tra i quattro e gli otto hertz, rivelatrici di una forte capacità immaginativa, frequentemente associata alla creatività e all’attitudine artistica.
La facoltà di immaginare, cioè di vedere e di figurare nella mente, è senza alcun dubbio una straordinaria capacità umana che permette di rappresentare in immagini cose non presenti nella realtà, compensando la frustrante inibizione del “limite” radicato nella natura del mondo.
“Immaginare” rimane il nostro riscatto, la possibilità di sconfinare, di sviluppare intuizioni che possono fermarsi a semplici fantasticherie oppure entrare nei processi creativi e divenire meravigliosi traguardi di coraggiose avventure di universi sconosciuti.
L’immaginazione è tutto, affermava negli anni Venti il premio Nobel per la Fisica Albert Einstein, del quale ricorre spesso il celebre l’aforisma: L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione.
Come molte teorie matematiche hanno avuto alla loro base la capacità immaginativa del singolo scienziato, anche l’arte, come atto creativo, nella complessità di significato che assume a partire dagli elementi che ne costituiscono la sua genesi, concretizza, tanto la possibilità di spaziare oltre il mondo delle cose reali (neutralizzando almeno un po’ la nostra finitezza biologica), quanto la condizione, così radicata e necessaria al nostro vivere, di profonda trasmissione poetica, ponte di comunicazione con gli spazi dell’ interiorità, transfert emozionale che ci lascia pensare che quell’opera che stiamo guardando “siamo noi”.
In tal modo, la creatività dell’artista, catalizzando sogni e scenari di mondi immaginari, conduce a significati nuovi di cui non possiamo fare a meno. C’è da chiedersi però se l’oggetto rappresentato, certamente proiezione del suo io nel mondo, sia solo un assoluto atto di coscienza, come ci insegna Sartre: L’image est un acte et non une chose. L’image est coscience de qualche chose, o se alla sua verità concorrano anche altre nozioni. Già Aristotele sosteneva che non si può pensare senza immagini ed è noiosamente lunga la storia del dissidio tra la necessità dell’immagine ed il suo superamento o tra l’esperienza tecnica come parte attiva del processo creativo di un’opera e la sua esaltazione come puro pensiero. Qualsiasi ragionamento potrebbe essere valido, ma resta indubbio che senza una attività immaginativa, non può esserci creatività e che senza creatività non si determina alcuna possibilità di evoluzione. Senza immaginazione non c’è salvezza, sosteneva il noto storico dell’arte Giulio Carlo Argan, intendendo che senza di essa non può esservi occasione al superamento del mondo ma solo prevedibilità. Chi non sogna, dunque, rinuncia al cambiamento, al coraggio di immaginare possibili alternative di possibili sistemi di vita diversi da quelli in uso.
Capiamo bene, quindi, quanto sia importante, soprattutto oggi, conservare la facoltà di immaginare, la possibilità di sognare e di mettere i nostri sogni a disposizione dell’intelletto. E’ importante per ciascuno di noi ed in particolar modo per le nuove generazioni, spesso appiattite da troppa compagnia tecnologica, dall’azzeramento delle prospettive di chi pensa che tanto non cambierà mai niente, dai frequenti pessimi esempi di chi li ha preceduti, in una Italia in forte crisi morale prima che economica e dalla quotidianità sempre più violenta. Ritornare a sognare, diviene allora un utile esercizio per non arrendersi ai disastri del presente, avendo a cuore, si badi bene, non la negazione del mondo ma l’ azzeramento della distanza che intercorre tra la nozione di “reale” e quella di “ideale”.
Da tali considerazioni ha preso il via il progetto di questa mostra allo Studio d’Arte Forlenza, intitolata Il coraggio di immaginare che, nell’ attualità del tema, ci guida attraverso la magnifica avventura del pensiero creativo di cinque straordinari artisti molto noti nel panorama italiano, quali lo scultore Paolo Annibali, i pittori Enrico Benaglia, Claudio Benghi, Silvano Braido, Maurizio Romani, che nella dimensione simbolica della propria coscienza immaginativa fondano la risonanza della loro e della nostra voce.
Paolo Annibali è un’artista complesso nell’ingegno e nel fare perchè sa come portare il proprio pensiero dentro il suo lavoro di scultore, offrendoci occasioni di intensa riflessione. Nei suoi bronzi architettonici, nelle grandi porte eseguite su commissione ecclesiastica, così come nella statuaria in terracotta dipinta, o nelle sculture di piccolo formato, egli realizza la compiutezza di un racconto che non si esaurisce nel solo dato figurale, dilatando lo sguardo alla percezione di altre possibilità immaginative che riguardano l’esperienza del mondo e dei legami umani. Si tratta dunque di immagini che, seppur molto concrete, si offrono come “mentali”, mediatrici di una più ampia comprensione. Il sentimento dell’ attesa che prelude allo stupore e questa sua straordinaria facoltà di evocare le cose assenti come se fossero presenti, rifuggendo dal facile compiacimento della sola apparenza, della bellezza fine a sé stessa, rendono speciali le sue atmosfere plastiche. Impossibile non restarne coinvolti. C’è sempre una soglia, un varco, un passaggio oltre cui la nostra anima – parafrasando Hesse – è chiamata a scrutare, e l’immagine della porta ne diviene la metafora ed insieme il luogo di una tensione che prelude al distacco. Avvicinandoci alla sua indagine plastica e guardando i suoi lavori, sentiamo di condividere qualcosa che appartiene a noi tutti: la sensazione di un passato in cui stentiamo a riconoscerci, la percezione del limite che è nella natura del mondo. Con Annibali valichiamo questo confine, lasciandoci alle spalle la realtà, verso una nuova coscienza delle cose, verso un nuovo ordine, non meno vero. Oltre c’è il sogno, la libertà del non-essere, un mistero che da sempre appartiene all’uomo, a cui l’anima dello scultore e la profonda esperienza creativa delle sue mani sanno dare forma e vita.
Enrico Benaglia è un grande maestro della pittura italiana che da oltre cinquanta anni ci regala il piacere di sognare ad occhi aperti. Con delicatezza, quasi in punta di piedi entriamo nelle sue visioni poetiche, scordandoci per un po’ le violenze e le turpitudini del nostro presente. I suoi soggetti preferiti, le sue celebri figurine di carta, gli animali ed i castelli, le notti stellate ed i giardini primordiali, le inconfondibili cromie che lo contraddistinguono, la molteplicità dei punti di visuale, il movimento che pervade ed anima ogni sua raffigurazione… Dice bene Alida Maria Sessa che lo ha recensito in tante occasioni: E’ un sogno da cui non vorremmo svegliarci! I quartieri romani, memoria della sua infanzia, i paradisi circoscritti di un universo assoluto e primitivo, ingenuo e puro quanto il cuore di un bambino, il mondo del circo e la sua atmosfera di semplicità, la leggerezza delle sue creature di carta, che appaiono e scompaiono, come piume al vento, ci toccano profondamente perché sanno cogliere lo spirito della poesia che abita ancora dentro la vita. Che beneficio perdersi per un po’ dentro i suoi luoghi e che sofferenza uscirne, perché ancora più brutto si mostra questo nostro mondo tracotante e crudele. E allora torniamo a guardare le sue visioni in cui entra sempre il colore del mare e del cielo che a ben vedere non è fatto di soli azzurri ma di un brulichio infinito ed elettrico di pennellate pulviscolari, nella trattazione pittorica sempre molto accurata che l’artista ci regala. Una luce fantastica scaturisce da questo approfondito tessuto cromatico, illumina la scena ed anima ad ogni cosa, come un soffio vitale. In quel momento, quasi all’improvviso, ecco che prendono vita i suoi personaggi, gli attori delle nostre contraddizioni: un grande angelo di carta monta in groppa al cavallino, allorché la giostra iniziare a girare, la silhouette di carta di un venditore ambulante non vola via leggera ma procede a passi lenti e pesanti sulla sabbia del litorale, una sirena adulatrice si ingioiella vanitosamente di paccottiglie da bancarella mentre un fatuo pavone apre la sua ruota di carta nell’atmosfera azzurra di un bel quartiere romano e quasi ci pare di vedere la concitazione dei pagliacci dentro i loro bizzarri panni stesi al sole.
L’incanto e l’immaginazione si fanno creazione artistica nell’universo figurale di Claudio Benghi, pervaso dalla suggestione evocativa di una fiaba dal sapore antico, di qualcosa che affonda le sue radici nella memoria di una narrativa proveniente da culture diverse e che in parte ci rammenta la tradizione popolare dell’ Europa dell’Est, con i sui simboli e le sue malinconie senza tempo, ricondotte alle note di un violino suonato per strada. Nella sua riflessione pittorica c’è una ricerca costante di musicalità, di equilibrio, una necessità di poesia e di armonia che parte già dal segno accurato ed attento, preciso e circoscritto. E’ tutto un gioco immaginativo di grande equilibrio mentale. I colori pacati vivono il calore e l’intimità dei tonalismi della terra, del legno carezzevole della tavola che ne è il supporto, preparato con accuratezza di mestiere, anch’esso memoria di una storia illustre e passata, di quando la pittura era racconto figurato e didascalico. Una impaginazione delicata che rifugge da ogni eccesso descrittivo, di elegante sintesi e con un sottilissimo senso dell’ironia, vigile ma mai prevalente. Un mondo di sogno dove garbate figure si muovono su sfondi privi di prospettiva, schermi non convenzionali di apparizioni e nessi. Un mondo imperturbabile, dove ogni accadimento risponde solo ad una propria logica interna. Un universo onirico ed innocente, ricco di infinite combinazioni, di piccoli incongrui, di metafore e di enigmi, che pongono in luce il degrado dei simboli del nostro tempo presente, che li affida alla effimere griffe della pubblicità o della moda. La pittura di Benghi, così sensibile e così poetica, ci invita a ritornare ad esplorare con il cuore, ad emozionarci, a riappropriarci del rapporto affettivo che ci lega alla memoria delle cose e del mondo, attuando un piccolo incantesimo che può farci solo del bene.
Con un linguaggio molto diverso, un altro grande costruttore di universi immaginari e fantastici è Silvano Braido, dall’alfabeto pittorico vivace e minuziosamente particolareggiato, dominato dalla levità e dall’ironia e da un gioco narrativo sempre molto libero tanto nelle associazioni e nelle evoluzioni formali, quanto nelle sorprese riposte in una gamma cromatica molto partecipe e briosa. I significati reconditi della natura, che egli ama particolarmente mettere in scena, l’instabilità delle sue molteplici forme, vivono in straordinari mondi di creature irreali e bizzarre e nelle loro infinite possibili combinazioni. Un mondo dove tutto è in relazione, quasi a voler cancellare il senso della solitudine che accompagna il vivere contemporaneo. Relazioni che si configurano nello spettacolo di improbabili metamorfosi richiamandoci la poesia antica del nostro conterraneo Ovidio, che narra della bella ninfa Dafne trasfigurata in pianta di alloro o del giovane Ciparisso, mutato dal dio Apollo nella chioma arborea di un cipresso. Nelle originali opere proposte in questa mostra, il pittore rielabora uno dei più antichi simboli della vita, l’albero, nella cui trasformazione ci richiama la volubile fisionomia del nostro presente, l’instabile conformazione dei ruoli e delle identità. Creature strane, improbabili animali, si innestano ai rami, li abitano, li vivono, rinnovandone le forme e generandone delle altre, ugualmente inedite. E come se ogni albero accogliesse tante storie, tante storie dentro una sola storia. Le scelte cromatiche luminose ed intense, sapientemente condotte nei loro passaggi tonali, nelle armonie e nelle accensioni, sottolineano questo incantesimo antinaturalistico, la cui dimensione illusoria ci intrappola a tal punto da farci sentire tutto come se fosse vero, partecipi anche noi della fantasia dell’artista che converte ogni cosa con straordinaria fiabesca visionarietà.
Con Maurizio Romani, pittore dello sguardo, si registra una ulteriore modalità di coraggiosa immaginazione. Il fronte è completamente diverso ma complementare. Rovesciando i termini della questione, egli ci pone davanti agli occhi una visione solo apparentemente realistica, abitata da un fascino tranquillo ma tale limitatamente all’apparenza. La serie di opere, tutte inedite e realizzate appositamente per questa mostra, soddisfano la sua predisposizione pittorica alla descrittività minuziosa dell’occhio attento, che egli rivela magistralmente anche nelle sue numerose serie di incisioni di alto pregio. Ma a ben vedere, ciò che l’artista desidera mettere in scena non è certamente la realtà per la realtà bensì l’interpretazione che su di essa opera la sua mente, invitandoci tacitamente ad accettarne il dato illusivo. Se siamo capaci di rinunciare ad ogni distinzione tra realtà e apparenza possiamo rinunciare alla menzogna del comune buon senso e spingerci oltre, condizione primaria per comprendere anche gli intensi cicli di lavori che Romani ha dedicato al tema del Sacro. Un caso di apparente irrazionalità o irrazionale apparenza, quello delle sue “porte impossibili”, nell’attenzione quasi maniacale con cui il pittore tratta la matericità dei legni, nella resa realistica delle venature, delle nodosità, della cavità e di ogni loro minima imperfezione. La stessa considerazione egli la riserva ai fiori che costituiscono le note cromatiche più accese di queste nature morte su fondi indistinti: iris, garofani, boccioli di rosa, composti con accuratezza su rozzi cippi che ospitano l’incongruità di una serratura o di una presa elettrica. Un effimero ricordato, oltre che dalla caducità dei fiori, anche dalla presenza di una farfalla lievemente appoggiata, simbolo della volatilità del pensiero, o dalle biglie di vetro dai riflessi mobili ed instabili, fino alla trovata pittorica di una girandola multicolore, messa in acqua alla stregua di un variopinto bouquet. Così, nell’esercizio dell’impossibile l’arte diventa una cosa vera.