Il corpo estraneo
La polisemia del corpo è all’origine delle opere esposte che ne indagano ruolo, funzione e percezione alla luce di una pandemia che ha irrimediabilmente cambiato comportamenti, dinamiche relazionali, abitudini.
Comunicato stampa
Primo appuntamento del calendario espositivo del 2022 per SCD Studio che inaugura nello spazio della galleria, in via Bramante 22N a Perugia, IL CORPO ESTRANEO, una mostra che propone il lavoro di tre giovani artisti - Sophia Ruffini, Giulia Santambrogio e Davide Viggiano – curata da Barbara Pavan e Susanna Cati e che sarà visitabile da sabato 29 gennaio 2022, con la performance di apertura “Io vado a pescare” di Giulia Santambrogio (ore 15:45 con prenotazione obbligatoria).
La polisemia del corpo è all’origine delle opere esposte che ne indagano ruolo, funzione e percezione alla luce di una pandemia che ha irrimediabilmente cambiato comportamenti, dinamiche relazionali, abitudini. Con l’isolamento e la distanza tra i corpi necessari per proteggersi, presenza fisica e frequentazione tattile del mondo e della realtà si sono sempre più assottigliate. Nel corso degli ultimi decenni, il corpo ha sovente superato il ruolo funzionale diventando persino un fine e ad esso la società contemporanea ha sottratto sempre più la libertà di ostentare i segni del tempo fino a condannarlo, talvolta, a diventare caricatura di se stesso. Gli eventi recenti, infine, lo hanno trasformato in un’entità sempre più immateriale, un’immagine, quasi un ologramma. Virtualizzata l’intera quotidianità – il contatto sociale, lavorativo, ludico, affettivo – si è evidenziata la riformulazione di un diverso rapporto e la ricerca di nuovi equilibri.
La riflessione in proposito di Sophia Ruffini ha origine dalla bulimia di cibo che è coincisa con una overdose di notizie somministrate a ciclo continuo nel tempo sospeso del lockdown. Con “News chips” l’artista traccia un parallelo tra junk news e junk food: due modi di riempire un vuoto insaziabile attraverso un consumo compulsivo che trasforma il soggetto in oggetto. Una riflessione che sviluppa ulteriormente in “L’appendiorgani”, installazione in cui il corpo, sezionato e svuotato di ogni ulteriore significato, giace appeso come una qualsiasi serie di indumenti, in attesa di essere indossati esclusivamente quando utile o necessario.
Per Giulia Santambrogio il corpo è una rete e acquista il suo pieno significato nell’incontro con l’altro; attraverso la performance “Io vado a pescare” traccia un parallelo con il pescatore che getta e raccoglie le reti per procurarsi il nutrimento. La rete/corpo è protezione ma anche una gabbia in cui si rischia di restare ingarbugliati, è barriera tra sé e il mondo che lascia però ampi spazi di contatto con l’esterno. “Rete” è la veste performativa in cui abito e corpo coincidono, l’uno alter ego dell’altro di cui assume la forma, coniugando indissolubilmente corpo e interiorità, una unità che, però, si perfeziona, si completa e si arricchisce solo nella relazione irrinunciabile con l’altro.
Non così per Davide Viggiano che nella distanza fisica tra i corpi conseguente alla pandemia vede, al contrario, il sorgere di una nuova forma di questa relazione, più fluida, filtrata dalla tecnologia e, contestualmente, lo sviluppo di un rapporto più stretto e più fisico con la natura. Una sorta di ritorno all’origine, una rivalutazione dell’attività manuale nonché della casa come ambito dell’intimità, prolungamento del corpo stesso che include anche gli affetti. Viggiano guarda all’uomo attraverso una lente post-antropocentrica ma anche post-organica, identificandolo con un’entità che si riconnette con ogni manifestazione della vita, che include animali e vegetali, in una relazione che ha necessariamente nuovi significati. Il suo “Homo Fa(i)ber” è un ibrido, composto da un tessuto in bio-plastica, una pelle-vestito che nelle caratteristiche della materia sostanzia una identità che nel suo disumanizzarsi assume paradossalmente l’accezione più forte della sua umanità.
Biografie
Sophia Ruffini (Macerata, 1997) è diplomata in Decorazione presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata dove sta conseguendo la specialistica in Scultura del Contemporaneo. Lavora principalmente con il medium tessile. Partendo dalla riflessione sul corpo, indaga il sentire della pelle che prelude alla relazione e ricerca, attraverso i temi d’attualità, il corpo sociale. Ha esposto, tra l’altro, nell’ambito della Rassegna Casamatta a Fano, nella sezione NICE a Paratissima Torino ed al Festival del Tempo di Sermoneta.
Giulia Santambrogio (Monza, 1996) è diplomata in Discipline della Valorizzazione dei Beni Culturali e in Arti Visive, indirizzo Pittura, presso l’Accademia di Brera. Durante l’Erasmus a Marsiglia entra in contatto con l’artista austriaca Iris Dittler il cui metodo creativo basato sull’interazione tra corpo, segno grafico e scultura, la aiuta a consolidare la sua pratica multidisciplinare. I suoi lavori contengono molteplici identificazioni tra reale, concettuale e metaforico e si scontrano con il paradosso del disegnare un corpo che si disegna, di tessere un corpo che tesse. Ha esposto in diverse mostre collettive tra Milano, Sofia, Stettino, Marsiglia.
Davide Viggiano (Potenza, 1994) è diplomato in Textile Design all’Istituto Statale d’Arte di Potenza e successivamente ha conseguito la laurea in Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Foggia completando poi la sua formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. La sua ricerca artistica esplora i confini della pelle, membrana che riveste il corpo e ne costituisce il tramite tra l’interno e l’esterno, oltre che zona limite in cui abitano identità nomadi. Ha partecipato a mostre e premi, tra cui “Artefici del Nostro Tempo 2021” promosso dal comune di Venezia in occasione della Biennale Architettura; “We as Nature” per la Rome Art Week 2020 (RAW); Premio Nocivelli e Premio Brera-Bicocca (2018) di cui è stato tra i vincitori.