Il Palazzo Ducale di Urbino. I frammenti e il tutto
Curata da Luca Molinari e Luigi Gallo, è una rilettura in chiave contemporanea del gioiello dell’architettura rinascimentale italiana.
Comunicato stampa
«Tra le altre cose sue lodevoli, nell’aspero sito di Urbino edificò un palazzo, secondo la opinione di molti, il più bello che in tutta Italia si ritrovi; e d’ogni opportuna cosa sì ben lo fornì, che non un palazzo ma una città in forma di palazzo esser pareva».
Così scrisse Baldassarre Castiglione ne Il libro del cortegiano pubblicato nel 1528; in effetti, la ricchezza del Palazzo Ducale di Urbino non è data solo dalla sua qualità architettonica e decorativa, ma anche nell’essere un frammento di città, una sorta d’infrastruttura che si unisce a Urbino e genera una complessità unica tra gli spazi privati del Duca e della corte, i luoghi pubblici della città e il paesaggio verso il quale si apre.
Nonostante il ruolo centrale e un’essenza da capolavoro indiscusso del Rinascimento italiano, il Palazzo Ducale di Urbino non ha l’attenzione e la comprensione pubblica che merita. Da qui l’idea di una grande mostra nell’edificio che ospita la Galleria Nazionale delle Marche – oggi diretta da Luigi Gallo che in due anni ha ridato visibilità ad ampie porzioni del Palazzo grazie a un recupero capillare degli spazi – con l’obiettivo di far scoprire al grande pubblico il Palazzo Ducale, la sua importanza e complessità storica e architettonica, non solo come spazio di grande qualità che ospita importanti opere d’arte, ma anche come manufatto spaziale raffinato e complesso che può coinvolgere i visitatori con la ricchezza dei suoi dettagli e del suo impianto.
Si inaugurerà giovedì 27 aprile nelle sale della Galleria Nazionale delle Marche la mostra “Il Palazzo Ducale di Urbino. I frammenti e il tutto”, curata da Luca Molinari Studio e Luigi Gallo e pensata con un approccio non solo scientifico, ma anche fortemente contemporaneo negli strumenti visivi che verranno prodotti, con l’intento di ridurre la distanza tra il monumento e il suo pubblico, trasformando la visita all’esposizione in un’esperienza unica.
La mostra aiuterà a leggere la densità e ricchezza storica che si è stratificata lungo i secoli, oltre che a cogliere il suo valore nel tempo presente perché il Palazzo Ducale sia vissuto come un patrimonio del tempo attuale e che il senso di meraviglia che proveremo sia una fonte di arricchimento conoscitivo per tutti noi.
Le stratificazioni
Concepito a metà del XV secolo da Federico da Montefeltro al potere già da una decina di anni, il Palazzo Ducale divenne ben presto il principale monumento della città di Urbino e uno dei più interessanti esempi artistico-architettonici del Rinascimento italiano.
Per cui raccontare oggi l’edificio significa relazionarsi con il suo passato, ma anche (come fece Federico con la tradizione classica) offrirne una lettura contemporanea che vada oltre la storia, proponendolo come organismo complesso che muta nel tempo. Si tratta di una storia stratificata, che spesso non viene percepita nella sua ricchezza ed è fatta di usi e letture progressive degli spazi monumentali.
«La mostra curata con Luca Molinari – dice il Direttore Gallo – si concentra proprio sulla ricchezza e sulla contemporaneità di questo manufatto architettonico, coinvolgendo autrici e autori di varie età e provenienti da diverse discipline che lo rileggono in chiave attuale, evidenziando la complessità e densità d’interpretazione e utilizzo nel tempo e nei modi. L’esposizione è il frutto di un lavoro durato diversi anni e portato avanti anche grazie alla collaborazione con istituti di alta formazione come l’ISIA di Urbino e il Dottorato di Ricerca Architettura Teoria e Progetto dell’Università la Sapienza di Roma, che ha permesso di verificare puntualmente la capacità di coinvolgimento di questo nostro straordinario palazzo nelle giovani generazioni».
Nello specifico, dopo la fine del Ducato l’edificio fu la sede del Legato Pontificio e di una prigione. E ancora, dopo l’Unità d’Italia, ospitò l’Istituto d’Arte, la Scuola del Libro, gli uffici della Prefettura, una caserma, un liceo con le relative palestre, organizzate nei sotterranei progettati da Francesco di Giorgio.
Dal 1912 è sede della Galleria Nazionale delle Marche, aperta da un giovanissimo Lionello Venturi e diretta in seguito da personalità come Luigi Serra e Pasquale Rotondi che lo trasformò in un deposito di opere d’arte negli anni drammatici della Seconda Guerra Mondiale. Nell’appartamento di servizio, sotto al suo letto, fu nascosta La Tempesta di Giorgione. Il palazzo ha ispirato il pensiero di autori classici, come Baldassarre Castiglione, e moderni come Carlo Bò, Giancarlo De Carlo, Paolo Volponi, Manfredo Tafuri (del quale in catalogo si presenta un magnifico testo inedito tratto dalle sue lezioni universitarie), che ne hanno aggiornato i contenuti, offrendolo alla contemporaneità.
La struttura della mostra
«Il Palazzo è, dai suoi primi frammenti, un palinsesto ricco e denso d’interventi che si sono susseguiti lungo i secoli fino ad arrivare ai giorni nostri – spiega Luca Molinari, curatore della mostra –. Dal primo palazzo voluto dal Conte Antonio Montefeltro che si affaccia sulla piazza grande, a seguire gli interventi di Guidantonio e Oddantonio, fino ad arrivare alla visione finale di Federico da Montefeltro che porta in pochi anni alla costruzione di una delle fabbriche monumentali più importanti del Rinascimento italiano. Ma quella che pensiamo come a un’immagine definitiva non corrisponde alla realtà perché a distanza di pochi decenni i Della Rovere realizzeranno il secondo piano del Palazzo e i suoi interni verranno poi svuotati drammaticamente a partire dal 1631, con traiettorie che porteranno lo straordinario patrimonio di libri e opere a muoversi alla volta di Firenze e Roma. Gli spazi interni verranno abitati dai legati pontifici, ma molte sue parti ospiteranno nel tempo il carcere giudiziario, il tribunale, il magazzino dei Sali e dei tabacchi, l’archivio notarile, l’Accademia Raffaello e la scuola del libro. Solo nel Novecento una serie di soprintendenti illuminati e attenti ha lavorato alla costruzione della Galleria Nazionale e avviato fasi d’interventi allestitivi e di restauro che si sono susseguiti fino ai giorni nostri».
La mostra si articolerà in diversi spazi alle Sopralogge del primo piano.
Lungo i quattro lati della corte si potrà vedere la riscoperta del Palazzo Ducale attraverso lo sguardo contemporaneo e la rilettura dei suoi caratteri archetipici, attraverso diversi tipi di analisi: architettonica, grafica, tipografica e fotografica. Le tematiche di questa sezione della mostra sono:
“Il palazzo come organismo” - il lavoro fotografico dei studenti ISIA coordinato da Armin Linke che illustra le trasformazioni, i processi e gli spazi di Palazzo Ducale, per mezzo di un lavoro sviluppato nel corso degli ultimi quattro anni.
“Il palazzo come macchina” - illustrazioni relative a dieci formelle ad immagine di quelle di Francesco di Giorgio, come fossero dei poster di grafica contemporanea elaborati da Guido Scarabottolo.
“Il palazzo e la scrittura - la rilettura degli elementi tipografici del Palazzo attraverso il progetto degli studenti ISIA coordinati da Radim Pesko e Jonathan Pierini.
”Il palazzo e i suoi elementi” - con il corso fotografia dell’ISIA della Prof.ssa Paola Binante è stata sviluppata una campagna fotografica degli elementi architettonici/decorativi del Palazzo: portali interni, camini, finestre abitate, tarsie delle porte e le porte stesse, pavimenti e volte.
Ai quattro angoli della corte invece la mostra pone l’attenzione sul palazzo come archetipo di architettura collettiva, quattro approfondimenti con architetti e autori contemporanei che, insieme a Luca Molinari, rileggono alcuni caratteri fondamentali del palazzo.
Le azioni di sintesi che guardano al corpo monumentale, facendolo leggere nella sua complessità e che tengono insieme i quattro lati lunghi. Si tratta di quattro capitoli che danno la possibilità di leggere il Palazzo nella sua unità, ma da punti di vista differenti:
1° angolo/introduzione: il dialogo tra Luca Molinari e il palazzo, letto come “città in forma di palazzo” con uno spaccato assonometrico;
2° angolo: Franco Purini sulla relazione tra le parti e il tutto, che rifletta sulla relazione tra matematica/geometria e progetto;
3° angolo: Sara Marini attraverso gli studi di Giancarlo De Carlo che rilegge il palazzo come megastruttura urbana;
4° angolo: Annalisa Metta sul palazzo come forma di paesaggio che rilegga la relazione tra interno e paesaggio esterno, oltre a leggerlo come frammento territoriale.