Il Teatro di Nessuno

Informazioni Evento

Luogo
KANALIDARTE
Via Alberto Mario, 55 Brescia, Brescia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Martedì – sabato dalle ore 15.30 alle ore 19.30

Vernissage
07/03/2017

ore 19

Curatori
Graziano Menolascina
Generi
fotografia, collettiva

La Galleria Kanalidarte è lieta di annunciare, aderendo alla prima edizione del Brescia Foto Festival, l’inaugurazione della mostra “Il Teatro di Nessuno” a cura di Graziano Menolascina.

Comunicato stampa

La Galleria Kanalidarte è lieta di annunciare, aderendo alla prima edizione del Brescia Foto Festival, l’inaugurazione della mostra “Il Teatro di Nessuno” a cura di Graziano Menolascina. Una rassegna di fotografia d’artista che coinvolge le più importanti star del contemporaneo come: Nobuyoshi Araki, Matteo Basilè, Vanessa Beecroft, Nikhil Bhandari, Mircea Cantor, Gregory Crewdson, Nan Goldin, Candida Hofer, Robert Mapplethorpe, Yasumasa Morimura, Steve Mc Curry, Luigi Ontani, Andres Serrano, Cindy Sherman, Hiroshi Sugimoto, Silvano Tessarollo, Michele Zaza.
Metaforicamente siamo di difronte a un teatro fatto di ritratti in cui personaggi e situazioni celebrano e rappresentano le contraddizioni, le inquietudini e i rapporti interpersonali nel nostro tempo, la quotidianità e la sua parodia, l’erotismo, il sesso, gli orrori della guerra, i contrasti sociali, la contrapposizione politica, il mito dell’artista ed il culto della personalità e la morte si rincorrono nella vanità della posa fotografica. L’esposizione apre con il nipponico Nobuyoshi Araki sempre in contatto con il mondo e sempre pronto a stabilire relazioni con le persone, attraverso i suoi scatti fotografici sente ed esprime emozioni, vive momenti di gioia e metabolizza i dolori della vita. Matteo Basilè, propone delle immagini di umanità inconsueta, creando un panorama di icone della bellezza stranianti e sovrannaturali proiettate tra elevazione spirituale e sofferenza. Mentre Vanessa Beecroft orienta il suo modo di fare arte sulla realizzazione di grandi performance utilizzando corpi di giovani donne, muovendole con precise coreografie come una scacchiera invisibile. L’indiano Nikhil Bhandari propone immagini che visualizzano sempre una cognizione ed una concezione della vita, ritraendo la donna in bilico tra mondo onirico, fantastico e terreno. Per Mircea Cantor l’occhio diventa solo un mezzo, che va oltre le apparenze, una porta per entrare all’interno di un labirinto nascosto che conduce al nido della nostra autentica identità. Come l’immobilità della statua comporta un vago dolore infinito, le fotografie di Gregory Crewdson conferiscono uguale rilevanza ed evidenza a tutte le diverse parti della scena, producendo un effetto di iperrealtà e di ipervisività. Lo spettatore che guarda le sue fotografie, sospende il giudizio tra il reale e la finzione, immagina cosa sia successo, o stia per accadere. Nan Goldin, invece, crede ancora nella capacità dell'immagine fotografica di rappresentare le verità e di indicare delle esperienze autentiche. L'obiettivo diventa parte integrante del corpo, in grado di registrare, senza alcuna censura, impressioni ed esperienze. Una fotografia che indaga morbosa e potente tra tossici, drag queen, donne pestate e scatti pieni d’amore. In Candida Hofer si ode l’eco di una visione totalitaria nei confronti del gruppo, il branco fa la forza, riuniamoci e saremo più forti, ritroviamo nelle sue immagini un senso molto positivo nei confronti della vita. Robert Mapplethorpe evidenzia con crudezza e sfida la velocità del consumo culturale contemporaneo, anche se maliziosamente sembra suggerire una sorta di critica. Diversamente dietro ogni ritratto di Steve McCurry, c’è sempre una storia, costantemente interessato a cristallizzare tutti quei luoghi e tutte quelle popolazioni destinate a scomparire. L’arte del travestimento invece è la chiave attraverso cui Yasumasa Morimura e Luigi Ontani rileggono la cultura, i miti e la storia del XX secolo. I diversi aspetti della spiritualità contemporanea vengono indagati da Andres Serrano in modo estremamente provocatorio sia dal punto di vista tematico che per l’uso di materiali-simbolo della vita come sangue, urina e latte. L'ambiguità narrativa di Cindy Sherman è parallela all'ambiguità di se stessa, diventa sia attrice sia creatrice della foto. Le immagini create sono tutte riguardanti alcuni stereotipi femminili. Le immagini mentali di Hiroshi Sugimoto, sono concetti la cui materializzazione è resa possibile grazie a un rigoroso controllo del mezzo fotografico. L’Utilizzo del segno minimale porta Silvano Tessarollo, a creare un linguaggio che offre allo spettatore una chiave per percepirne la leggerezza e profondità concettuale. Infine Michele Zaza intende riallacciare i legami con l’origine, ritrovare la dimensione poetica e mitica dell’uomo, in uno scambio tra natura ed essere umano, tra realtà e finzione.