Il tempo macchia e smacchia
Il titolo è una suggestiva citazione, quasi un motto, tratto da un discorso di Corina Cohal che da tempo lavora (un lavoro eminentemente introspettivo) sul tema del tempo che appunto “macchia e smacchia” la vita in un continuo ciclo di ferite e guarigioni. Ma anche di passato e di presente, di ricordo e di oblio.
Comunicato stampa
Cfr. artecontemporanea prosegue il suo itinerario espositivo nella “cripta” della chiesa di San Michele Arcangelo (via Giolitti 44 angolo piazza Cavour) con la mostra “Il tempo macchia e smacchia”: opere di Maura Banfo, Marina Buratti, Corina Cohal, Paolo Leonardo ed Enrico Tealdi.
Il titolo è una suggestiva citazione, quasi un motto, tratto da un discorso di Corina Cohal che da tempo lavora (un lavoro eminentemente introspettivo) sul tema del tempo che appunto “macchia e smacchia” la vita in un continuo ciclo di ferite e guarigioni. Ma anche di passato e di presente, di ricordo e di oblio.
Un tema che da individuale si fa universale e diventa prezioso pretesto per riunire cinque artisti rivolti con il loro lavoro alla rappresentazione degli effetti del tempo.
Così Maura Banfo con i suoi tarocchi neri (disegnati su carta carbone, dal suggestivo titolo ‘cavalieri e dame, e semplici viandanti’) si ricollega a una tradizione familiare per cui un vecchio mazzo di tarocchi passa di generazione in generazione secondo una linea rigorosamente matrilineare.
Poi Marina Buratti, col suo infinito lavoro su una vecchia fotografia che la ritraeva in un gruppo familiare (del padre e del fratello traspaiono solo monconi), utilizzata come centro emotivo per variazioni nelle quali la manipolazione della propria immagine, con le tecniche del disegno ma anche del collage, porta all’elaborazione di un antico ma artisticamente felicissimo trauma.
E Corina Cohal, alla quale come già detto siamo debitori del titolo di questa piccola collettiva, con le sue incisioni (nelle quali più tecniche, perfettamente gestite, si sommano in assoluta libertà e massimo rigore) e le sue grandi carte caratterizzate da un segno al tempo stesso violento e intimista, ci mette in diretto contatto col suo sentire e soprattutto col suo “tempo”, un tempo non sempre benevolo e rasserenante, pur nel suo continuo macchiare e smacchiare.
E Paolo Leonardo nelle cui opere su carta è il presente, incarnato dall’atto artistico, a “macchiare” un documento del passato reinterpretandolo e quindi ricreandolo. Le anonime, non “artistiche”, vecchie fotografie e cartoline che costituiscono la base dei suoi “bianchi” (la serie della quale qui sono presentati alcuni esemplari esiti) assumono nuova vita in ragione di controllatissimi interventi autorali.
Ed Enrico Tealdi (anche lui lavora soprattutto su carta, con infinite stratificazioni di pigmenti e delicate velature) quando per esempio “rappresenta” un albero, un semplice normale banale albero, non si tratta mai di un albero del tempo presente: è sempre filtrato dalla “macchia” del tempo, trasposto in un luogo in cui passato e presente si incontrano uniti dal filo soggettivo e magico del ricordo, ove torna la voce di qualcosa che si era perduto, un luogo “senza tempo”, l’unico universalmente riconoscibile.