Ilva Cornigliano 2006-2008
Il primo appuntamento di GenovaFotografia 2012 propone un viaggio, documentario e – insieme – visionario, attraverso le aree un tempo occupate dal più importante stabilimento siderurgico nazionale.
Comunicato stampa
Il primo appuntamento di GenovaFotografia 2012, in collaborazione con la Società per Cornigliano SpA, propone un viaggio, documentario e visionario a un tempo, attraverso le aree un tempo occupate dal più importante stabilimento siderurgico nazionale.
Terminata l’era delle grandi industrie a partecipazione statale, e con il passaggio ad una fase post-industriale, Genova ritorna ad essere un importante crocevia commerciale con una forte vocazione turistica.
Cornigliano, superati i difficili giorni della crisi operaia, tenta di riacquistare una nuova fisionomia in un rinnovato equilibrio socio-urbanistico.
Nel 2005 la chiusura dell’altoforno comporta un miglioramento delle condizioni ambientali. Sempre nello stesso anno è firmato l’accordo definitivo con l’impresa ILVA (Gruppo Riva), che riconsegna oltre 300.000 m2 alla disponibilità pubblica.
Nel 2006 iniziano le demolizioni delle strutture presenti nelle aree da restituire alla città.
Tra il 2006 e il 2008 Ivo Saglietti e Federica De Angeli hanno eseguito le immagini di questo cambiamento, realizzando la documentazione fotografica dedicata alla dismissione degli impianti produttivi
Catalogo Sagep Editori
Prefazione di Marta Vincenzi, Sindaco di Genova e Presidente della Società per Cornigliano, e Enrico Da Molo, Direttore della Società per Cornigliano; contributi di Andrea Ranieri e Elisabetta Papone
Menabò di Ivo Saglietti
I FOTOGRAFI
Ivo Saglietti nasce a Tolone nel 1948. Lavora come film maker fino al 1978, anno in cui passa alla fotografia di reportage e si stabilisce a Parigi dove inizia a collaborare con agenzie francesi e americane.
Nel corso della sua attività realizza reportage, inchieste, pubblicazioni e missioni fotografiche in Salvador, Nicaragua, Cuba, Libano, Palestina, Cile, Colombia, Haiti, Uganda, Benin, Tanzania, Kosovo, Macedonia, Russia, Uzbekistan, Nigeria e Ghana.
Tra i suoi progetti più importanti, quello realizzato in Cile tra 1986 e 1988 durante l’ultimo periodo della dittatura di Pinochet. All’inizio degli anni Novanta è in America Latina per una ricerca in occasione dei 500 anni della scoperta dell’America, che conduce alla mostra Fotografie dal Nuovo Mondo. Nel 1998 inizia un progetto sul concetto di frontiera nel Mediterraneo, ancora in progress. Nel 2004 inizia un nuovo progetto in Uzbekistan intitolato The Big Three sulle grandi malattie epidemiche – tubercolosi, malaria e Aids – che colpiscono soprattutto i paesi più poveri.
Nel 2000 diventa membro associato dell’agenzia tedesca Zeitenspiegel e dal 2005 dell’agenzia Prospekt.
Per due volte vincitore del World Press Photo, del premio “Fotografi al servizio della pace e della giustizia”, del Grant della Fondazione Arte di Anversa, del Premio Enzo Baldoni 2006 per il reportage S.p.Acqua realizzato sul Delta del Niger, del Taf Prize al Lucca Digitalphotofest nel 2006, nel 2010 vincitore del Premio Chatwin, nel 2011 terzo classificato al World Press Photo.
I suoi lavori sono stati esposti in tutto il mondo.
Numerosissime le sue pubblicazioni.
Federica De Angeli nasce a Genova nel 1960
La sua attività professionale inizia negli anni 80. Si occupa prevalentemente di fotografia pubblicitaria affiancando costantemente immagini di ricerca che la portano alla pubblicazione di diversi volumi dedicati alla sua città:
Civitas Ianua, commissionato dalla Cameli spa, libro di fotografie in B/N che esplora il centro storico di Genova
Il Palazzo Durazzo Pallavicini, Elemond Nuova Alfa Editoriale, 1995, con fotografie di interni e di affreschi, commissionate da Carlotta Cattaneo Adorno
Genova Bianco& Nero, editore Tormena
Immagini di Liguria: architetture dipinte, Erga Editore, libro fotografico a colori dedicato alle architetture dipinte della Liguria
Tra passato e futuro di Federica De Angeli
PREFAZIONE AL CATALOGO
Le operazioni di demolizione dei manufatti e di smantellamento degli impianti della parte dismessa dallo stabilimento siderurgico di Cornigliano non sono state soltanto una attività di carattere tecnico.
Nell’immaginario collettivo, infatti, Cornigliano è stato per lunghissimo tempo indissolubilmente associato alla siderurgia, nel bene, in termini di occupazione, come nel male, dal punto di vista del degrado ambientale.
Splendido luogo di villeggiatura decantato da Petrarca e mèta del “Grand Tour” con le sue nobili Ville, Cornigliano (che trae il suo nome dalla gens Cornelia) nel XX secolo è divenuto uno dei siti industriali per eccellenza. Tra gli anni ‘30 e i primi anni ’50 l’IRI, secondo il progetto di Oscar Sinigaglia, ne fa una capitale dell’acciaio sul mare, con riempimenti per un milione di metri quadrati.
Negli anni ’80, sotto la spinta dei Comitati locali, e in particolare delle “Donne di Cornigliano”, nasce la volontà di chiudere la produzione a caldo, altamente inquinante. A partire dagli anni ’90, pertanto, numerosi sono i tentativi di trovare una soluzione al problema, tenuto altresì conto del fatto che nel frattempo la proprietà è divenuta privata (Gruppo Riva), da statale che era (Italsider).
Nella pratica impossibilità di applicare l’accordo di programma del 1999, nel luglio del 2005 finalmente si raggiunge un’intesa, consacrata nella firma, l’8 ottobre 2005, dell’Atto Modificativo. In conseguenza dell’intesa raggiunta, è stata interamente dismessa la produzione a caldo (l’ultima colata è del 29 luglio 2005), e aree per circa 300.000 mq. vengono restituite alle Istituzioni pubbliche.
Tuttavia, l’occupazione è stata salvaguardata (circa 2.000 addetti diretti, oltre l’indotto), attraverso un piano industriale che potenzia le attività “a freddo” e che, in attesa dei nuovi impianti, ha impiegato, per un periodo di cinque anni, circa 500 lavoratori posti in cassa integrazione in progetti di pubblica utilità promossi dagli Enti locali (tutela del verde, manutenzioni e altro).
E’ un raro, se non unico, esempio di impresa redditizia (il gruppo Riva è uno dei principali gruppi industriali italiani e il sesto produttore mondiale di acciaio) che viene trasformata (e in parte dismessa) per una finalità di riqualificazione ambientale.
Così come è un raro esempio di raggiunto equilibrio tra le imprescindibili esigenze ambientali e le legittime preoccupazioni occupazionali.
Su queste premesse, non è stato quindi senza emozione che si è proceduto a cancellare fisicamente la cokeria, l’altoforno, i gasometri, gli impianti dell’area “vagliatura” e dell’area “sottoprodotti” e tutto quanto costituiva la parte c.d. “a caldo” della siderurgia.
Non pochi, al riguardo, avevano proposto di mantenere intatta una o più emergenze fisiche (gasometri o altoforno che fosse), quasi a voler preservare, non solo a livello ideale, ma anche tangibilmente e visivamente, la memoria di quel che il luogo era stato, preservando così intatta l’associazione tra Cornigliano e la siderurgia.
La scelta in allora compiuta, consistita nel demolire completamente quanto fisicamente presente nelle aree dismesse dallo stabilimento, riteniamo sia stata corretta, poiché ha permesso già adesso, ma soprattutto permetterà in futuro, un utilizzo diverso delle aree e, conseguentemente, la ridefinizione dell’identità del territorio di Cornigliano.
Alcuni elementi della nuova identità di Cornigliano sono già oggi presenti, focalizzati soprattutto sull’essere Cornigliano divenuto il luogo di concentrazione del settore dell’audiovisivo in Liguria, con la Film Commission, le 32 aziende del Polo dell’Audiovisivo, il Cineporto; così come sull’essere Villa Bombrini e il suo giardino, non più oppressi dai gasometri, divenuti un centro di animazione culturale e uno spazio ludico.
La memoria non si cancella con ruspe ed esplosivi, e la memoria dell’acciaieria è ben viva e presente. Anche la memoria, però, ha bisogno – per restare viva - di agganciarsi a elementi in grado di evocare ciò che non è più.
Le fotografie in mostra, scattate nel 2006, all’inizio delle operazioni di bonifica, possono dunque apprezzarsi da più punti di vista.
Da un lato, aiutano a ricordare il passato – ancora recente – che fisicamente è stato travolto.
Dall’altro lato, per chi – come la Società Per Cornigliano - le operazioni di bonifica ha seguito, testimoniano un lavoro del quale essere soddisfatti, perché svolto in soli tre anni (dal 2006 al 2009), gestendo oltre trenta appalti diversi per circa 35 milioni di euro, in uno dei maggiori cantieri d’Europa con presenza di mezzi speciali da demolizione, che ha prodotto circa 100.000 metri cubi di detriti (interamente riutilizzato nell’area, previa qualificazione, per i riempimenti) e alcune tonnellate di materiale ferroso.
Infine, e forse più di tutto, fermando l’immagine su strutture già derelitte ma ancora non completamente scomparse, testimoniano il momento di trapasso, di passaggio tra il passato e il futuro di Cornigliano, quasi un “travaglio” che precede il “parto” della Cornigliano del terzo millennio.