Image to be projected until it vanishes
La relazione col passato come passaggio di definizione del presente e del futuro; lo studio dell’inclusione e dell’esclusione; le nozioni di transitorietà, invisibilità e obsolescenza sono alcuni dei cardini attorno a cui ruota la mostra. Gli artisti provengono per la maggior parte dalla Romania: le opere in mostra non contengono, però, un riferimento esplicito alla storia recente del paese, né registrano direttamente la confusione che accompagna il passaggio alla democrazia. I lavori raccolti hanno una portata più ampia e sottile, oltrepassano i confini dell’iscrizione geografica.
Comunicato stampa
“Un modo di considerare la definizione del presente è valutare come costruiamo il rapporto con il passato, ciò che è abbastanza importante da essere incluso o escluso”
Cosi l’artista americano Matthew Buckingham si esprime a proposito del lavoro “Image of Absalon to be projected until it vanishes” (“immagine di Absalon proiettata fino al suo svanire”), a cui si ispira il titolo della collettiva curata da Minhea Mircan, in mostra al Museion di Bolzano fino al 28 agosto prossimo. Nell'opera di Buckingham una diapositiva della statua equestre del mitico fondatore di Copenhagen si dissolve progressivamente sotto il calore di un proiettore: la dissolvenza sfida il tentativo del monumento di fissare un significato opponendosi al flusso del tempo.
La relazione col passato come passaggio di definizione del presente e del futuro; lo studio dell’inclusione e dell’esclusione; le nozioni di transitorietà, invisibilità e obsolescenza sono alcuni dei cardini attorno a cui ruota la mostra. Gli artisti provengono per la maggior parte dalla Romania: le opere in mostra non contengono, però, un riferimento esplicito alla storia recente del paese, né registrano direttamente la confusione che accompagna il passaggio alla democrazia. I lavori raccolti hanno una portata più ampia e sottile, oltrepassano i confini dell’iscrizione geografica.
Nell’opera Hiatus, 2008 di Mircea Cantor, ad esempio, una forma geometrica plastica applicata ad un albero appare come un protuberanza della pianta stessa. L’intervento può essere interpretato come un’opposizione poetica, una forma di resistenza al possesso e all'omologazione di natura economica. Nel film di Mona Vătămanu e Florin Tudor Rite of Spring, 2010 (“rito primaverile”) dei bambini di un centro cittadino ricostruito durante il socialismo giocano bruciando lana di pioppo. La distruzione volontaria riflette i giochi sociali e politici degli adulti e invoca una distruzione sociale più ampia, i cui intenti economici e simbolici vengono allegoricamente messi in discussione. L’installazione di Ciprian Mureșan Beetle in the Anthill, 2010 (“Coleotteri nel formicaio”), ripresa liberamente dall’omonimo romanzo di fantascienza pubblicato nel 1979 da Boris e Arkady Strugatsky, è composta da diversi libri e disegni dell’artista. L’opera è allo stesso tempo una meditazione sulle utopie che sfumano e una richiesta di immaginazione, un gesto in perfetto equilibrio tra distruzione del passato e arricchimento grazie all’interpretazione e al contributo personale.
Altri artisti come Pavel Büchler, Hilario Isola e Matteo Norzi, Navid Nuur o Gotran Trbuljak propongono una riflessione sfumata sulle convenzioni del sistema dell’arte e sulla retorica della presentazione museale.
La mostra include due lavori commissionati per l’occasione. L’opera I re-place the horizontal of the water, 2011 (“io ri-posiziono l’orizzontale dell’acqua”) di Miclos Onucsan è un frammento di paesaggio arido, con un lago prosciugato. L’orizzonte dell’acqua, che è assente, è pazientemente ricostruito da numerose livelle a bolla. La bolla d’aria della livella diviene sostituto simbolico del vuoto e di ciò che è stato cancellato. Il vuoto delle bolle e la geometria spettrale compongono una mappa dell’assenza rigorosa e aberrante, la cui precisione eguaglia l’intensità dell’evento che ha “ri-coperto” lo spazio.
Il secondo lavoro commissionato è A-I, 2011. Si tratta del primo volume di un alfabeto edito da Kilobase Bucharest, una galleria d’arte fittizia creata dall’artista Joana Nemeș e dal ricercatore di marketing dell’arte Dragoș Olea. Kilobase sta per l’unità di misura del DNA, la biomolecola portatrice delle informazioni genetiche. Anche la pubblicazione presentata raccoglie frammenti di identità possibili che compongono la città di Bucarest a livello topografico, emozionale e politico.
I frammenti rivelano un immaginario complesso attraverso un laboratorio caotico di pensieri, saperi, posizioni soggettive e disegni. La mostra è dedicata a Ioana Nemeș, deceduta improvvisamente nell’aprile 2011, al suo talento, alla sua energia e alla sua ardente convinzione.
a cura di Minhea Mircan
Artisti in mostra: Robert Bosisio (1963, Truden/Trodena - Bozen/Bolzano, I); Pavel Büchler (1952, Prague, CZ); Mircea Cantor (1977, Oradea, RO); Hilario Isola (1976, Torino, I) e Matteo Norzi (1976, Torino, I); Kilobase Bucharest (Ioana Nemeș, 1979, Bucharest, RO – 2011, New York, USA e Dragoș Olea, 1979, Bucharest, RO); Alexej Meschtschanow (1973, Kiev, UA); Ciprian Mureșan (1977, Cluj, RO); Vlad Nancă (1979, Bucharest, RO); Navid Nuur (1976, Teheran, IR); Miklos Onucsan (1952, Gherla, RO); Serge Spitzer (1951, Bucharest, RO); Goran Trbuljak (1948, Varaždin, HR); Gabriela Vanga (1977, Romania); Mona Vătămanu (1968, Constanta, RO) e Florin Tudor (1974, Geneva, CH).
Mihnea Mircan (Bucharest, 1976) già curatore nel 2007 del padiglione rumeno alla Biennale di Venezia è oggi neodirettore di Extra City, piattaforma per il dibattito sulle pratiche dell’arte contemporanea della Kunsthalle di Anversa.