In alto. Il mondo di Domenico Riccardo Peretti Griva
La mostra dedicata all’arte fotografica di Domenico Riccardo Peretti Griva espone cinquanta fotografie che ritraggono in prevalenza paesaggi, realizzate nei primi decenni del secolo scorso dall’insigne magistrato e appassionato fotografo.
Comunicato stampa
La mostra dedicata all’arte fotografica di Domenico Riccardo Peretti Griva espone cinquanta fotografie che ritraggono in prevalenza paesaggi, realizzate nei primi decenni del secolo scorso dall’insigne magistrato e appassionato fotografo.
Le fotografie esposte provengono dal suo archivio, donato nel 2011 al Museo Nazionale del Cinema di Torino dalla figlia Maria Teresa e dalla nipote Giovanna Galante Garrone. Il fondo comprende ben 25.000 immagini (negativi, positivi, diapositive e oltre 3.000 stampe al bromolio e al bromolio-trasferto), che documentano il percorso e la fedeltà alla vocazione artistica della fotografia, ovvero al pittorialismo, di cui Peretti Griva è considerato il massimo esponente italiano.
La collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema rappresenta un’occasione per diffondere in modo più capillare la fotografia italiana e segna un ulteriore passo avanti nella valorizzazione dell’archivio Peretti Griva. Attività avviata, dal suddetto Museo, con la catalogazione e conservazione dei materiali, digitalizzazione delle stampe al bromolio-trasferto e la realizzazione nel 2017, della mostra TONALITA’ TANGIBILI. Peretti Griva e il pittorialismo italiano. Dalle collezioni del Museo Nazionale del Cinema, a cura di Marco Antonetto, Dario Reteuna e Giovanna Galante Garrone.
LA VITA
Domenico Riccardo Peretti Griva nacque il 28 novembre 1882 a Coassolo, da Francesco, notaio, per anni sindaco di Coassolo e da Teresa Facta. Si laureò in Diritto penale all’Università di Torino nel 1905. Nella sua carriera di magistrato seppe distinguersi per la propria indipendenza dal regime fascista con processi importanti come quello a tutela di un avvocato antifascista, aggredito nel 1931 a Piacenza, in cui condannò gli esecutori, o quello a tutela dei lavoratori della Fiat negli anni Trenta. Punto di riferimento per i colleghi più giovani per la sua libertà di pensiero e l’adesione alla “certezza del diritto”, capeggiò il rifiuto dei magistrati di giurare obbedienza alla Repubblica Sociale Italiana. Il 26 aprile 1944, per una delazione, fu arrestato a Coassolo con un mandato di cattura tedesco, e imprigionato a Lanzo, poi a Torino. Fu liberato il 10 maggio per l’inconsistenza delle accuse. Il 20 luglio 1944 il CLN del Piemonte lo nominò segretamente primo presidente della Corte d’appello di Torino conferendogli poteri eccezionali. Nominato alto commissario per l’epurazione nel luglio del 1945 adempì all’incarico con grande equilibrio, ma si dimise dopo sei mesi, constatandone il fallimento. Tornò, quindi, al suo ruolo di presidente della Corte d’appello di Torino, concludendo la sua carriera nel 1952 come presidente onorario della corte di Cassazione.
Fu precoce fautore del divorzio e di una radicale riforma dei diritti familiari. Numerose furono le sue battaglie per la laicità dello Stato e i diritti di libertà.
In parallelo si dedicò a quella che fu la sua attività più amata, la fotografia, inserendosi nella tradizione piemontese dei fotografi di montagna, cui a inizio secolo aveva dato impulso, nelle valli di Lanzo, il Club Alpino Italiano. Dovette iniziare intorno al 1905, sull’onda dell’Esposizione internazionale di fotografia artistica di Torino del 1902, che consacrò il movimento pittorialista (in particolare i francesi Constant Puyo e Robert Demachy) e fece emergere i fotografi piemontesi.
La prima importante uscita pubblica avvenne nel 1923 a Torino, alla Prima esposizione internazionale di fotografia, ottica e cinematografia, dove ottenne la medaglia d’argento. Nel 1931 ne allestì una personale a Piacenza. Nel 1932 e nel 1933 insegnò stampa agli inchiostri grassi alla scuola di fotografia dell’associazione A.L.A. e dal 1932 al 1935 fu docente al corso superiore di Cultura di Cultura fotografica presso la Società fotografica subalpina.
Fece numerosi viaggi fotografici all’estero, tra i quali uno in Cina nel 1956 (facendola conoscere al suo ritorno con proiezioni pubbliche di diapositive), uno in Libano nel 1957 ed uno in Polonia nel 1959 (in questa occasione realizzò le sue memorabili foto del campo di concentramento di Auschwitz). Fu in testa ai fotografi italiani per numero di esposizioni nelle statistiche degli anni ’50 dell’Annual photography americano. Nonostante le critiche alla sua fotografia, da tempo considerata superata (e in particolare alla pratica del bromolio trasferto) rimase fedele fino alla fine al pittorialismo e alla tecnica da lui prediletta. Morì a Torino l’11 luglio 1962. In quell’anno la Federation Internationale de l’Art Photographique gli conferì la prestigiosa onorificenza di eccellenza (HonFiap).