In between the lines
Il titolo, tradotto in italiano Tra le linee, intende rinviare alle righe del non detto, a quella terra di mezzo in cui le opere dei due autori si avvicinano e si allontanano, riflettendo sul pensiero dell’arte, sulla scienza della percezione, sull’implicazione diretta dell’osservatore.
Comunicato stampa
Sabato 12 ottobre alle ore 18 la Galleria Silvy Bassanese Arte Contemporanea, Biella, inaugura la stagione espositiva autunnale con la mostra di installazioni fotografiche e scultoree Mauro Ghiglione Matthew Attard In between the lines, a cura di Viana Conti. Il titolo, tradotto in italiano Tra le linee, intende rinviare alle righe del non detto, a quella terra di mezzo in cui le opere dei due autori si avvicinano e si allontanano, riflettendo sul pensiero dell’arte, sulla scienza della percezione, sull’implicazione diretta dell’osservatore. L’opera di Mauro Ghiglione (1959, Genova, Italia, città dove risiede) e quella di Matthew Attard (Pietà, Malta, 1987, risiede e lavora a Venezia ed a Rabat) instaurano, nell’allestimento, un dialogo visivo e mentale di estrema incisività. Accostando due artisti di nazionalità e generazione diversa, questa doppia personale mette a fuoco due fondamentali punti di vista per la comprensione dell’opera d’arte d’oggi. La mostra è documentata dalla pubblicazione di un manifesto con testi critici e immagini.
Sugli effetti della pervasività dell’immagine in una società di massa occidentale, Mauro Ghiglione arriva alle estreme conseguenze, realizzando opere come Baci spezzati-custodire il gesto, 2013, in cui letteralmente strappa a mano la fotografia. Ne comunica, in tal modo, la fragilità, insieme allo shock emotivo. Una cassa di compensato, che riporta all’interno la scritta Occorre occuparsi delle immagini prima che queste si occupino di noi, ha la funzione di conservare il momento cruciale del Gesto. Se guardando agli esiti del suo lavoro il riferimento al taglio di Lucio Fontana diventa automatico, occorre subito precisare che mentre il gesto di Fontana avviene all’interno della storia dell’arte, quello di Mauro Ghiglione la travalica per guardare all’immagine destinale dell’umanità. Nell’opera, tanto seducente quanto radicale, Sale della Vita, l’artista progetta la sparizione progressiva e irrevocabile dell’immagine. Stampata in digitale su 4 mattonelle di sale rosa dell’Himalaya, seguendo liberamente un filo narrativo del film di Kieslowski Tre colori-Film Bianco, l’autore crea un documento nero su bianco, a futura memoria. Il percorso di Mauro Ghiglione, verso un’immagine finale, diventa estremo quando intaglia con il laser su uno schermo di 20 fogli di forex nero la parola Image, illuminandola luttuosamente, dal retro, di luce azzurra. L’urgenza del messaggio si coglie in un’altra installazione, dove si presenta, sempre ritagliata al laser su schermo nero, la scritta/immagine Help, in cui uno specchio si sostituisce alla luce, raddoppiando la distanza dal muro e riflettendo l’invocazione di aiuto dell’osservatore ridotto ad immagine.
È a partire dalla posa di un soggetto, maschile o femminile, che Matthew Attard costruisce, decostruendola, una figura nello spazio. Nel suo processo operativo, un disegno bidimensionale su carta si trasforma in una scultura aerea tridimensionale. La traccia del carboncino, dell’inchiostro o dell’acrilico sulla carta diventa, nella scelta dei materiali da parte dell’artista, un fil di ferro dipinto di nero che, duttile tra le sue mani, si modella in ampie curve, riccioli, contorsioni, attraversando una lastra di plexiglass trasparente, forata in alcuni specifici punti, fino ad assumere, per l’occhio e per la mente, sembianze umane. L’immaginario di questo artista ritrova un significativo stimolo nei modelli in posa degli anni degli studi accademici. L’atteggiamento posturale di una persona, infatti, risponde, a seconda dei momenti, ad un tratto naturale o all’assunzione di un’attitudine di circostanza, riflettente un ruolo. Installate ad angolo o tese tra la parete e lo spazio antistante, le sue sculture richiedono il movimento dello spettatore che, di fronte allo svolgersi e avvolgersi dei fili e dei segni, mette in atto un susseguirsi di approcci frontali, laterali, dal retro, dal basso. Formatosi e laureatosi a Rabat, Matthew Attard frequenta la Valletta School of Arts, viene più volte selezionato per mostre, residenze di studio e lavoro all’estero, risulta finalista in concorsi, e, a livello di ricerca personale, trova, tra i suoi più significativi referenti, il neurofisiologo Semir Zeki.
Un punto che accomuna i due artisti, sia pur in modalità espressive differenti, è la Posa: a partire da uno Shock emotivo in Ghiglione, da una Postura del Modello o della Modella in Attard. Resta fermo il fatto che al centro degli interessi di entrambi si staglia, nelle sue luci e nelle sue ombre, la figura dell’Uomo, lo scenario di un’Umanità in transito sul terreno fluido, perennemente tracciato e interconnesso, delle reti telematiche.