In posa. Ambigue verità della messa in scena

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA DEL CEMBALO
Largo della Fontanella di Borghese, 19 00186, Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

da martedì a venerdì: 16.00 – 19.00
sabato: 10.30 – 13.00 e 16.00 – 19.00
oppure su appuntamento

Vernissage
14/10/2016

ore 18,30 su invito

Artisti
Antonio Biasiucci, Joel Peter Witkin, Malick Sidibé, Helmut Newton
Generi
fotografia, collettiva

Una mostra che presenta, dai corpi marmorei di Helmut Newton ai fondali dipinti di Malick Sidibé, passando per le figure inquietanti di Joel-Peter Witkin e i volti di Antonio Biasiucci, le immagini “costruite” di diciannove autori.

Comunicato stampa

In posa
Ambigue verità della messa in scena

Dai corpi marmorei di Helmut Newton ai fondali dipinti di Malick Sidibé, passando per le figure inquietanti di Joel-Peter Witkin e i volti di Antonio Biasiucci: le immagini “costruite” di diciannove autori in mostra presso la Galleria del Cembalo dal 15 ottobre 2016 al 21 gennaio 2017.

Un’immagine in posa è per definizione un’immagine costruita, ferma o sorpresa nell’illusione del movimento. Posa, dunque, come “vera finzione”. Riflettendo su questo tema cardine dalla fotografia, dalle sue origini a oggi, la mostra presenta le opere di diciannove autori, diversi per generazione, fama, percorso professionale e artistico.

Come in una grande rappresentazione teatrale, come nel “grande teatro del mondo”, ognuno prende la sua posa, veramente falsa, falsamente vera, e recita in un susseguirsi di cambi di scena. Dai fondali dipinti, come nell’Ottocento, di Malick Sidibé e Paolo Ventura alle periferie urbane di Francesco Ricci, dalle accademie militari di Paolo Verzone, così fredde e formali, alle atmosfere intime degli autoritratti di Marina Cavazza e Silvia Camporesi, per ritrovarsi poi nella natura selvatica dove sorgono dalla terra le maschere primordiali di Charles Fréger. Fine del primo atto.

Quando si rialza il sipario, appaiono sulla scena, per illuderci, confonderci o consolarci, i ritratti e le nature morte di Antonio Biasiucci, Paolo Gioli e Nicolò Cecchella. Accanto a loro, i corpi marmorei di Helmut Newton, come statue viventi, poi, cambiando scala, le figurine di carta di Gilbert Garcin, i manichini in uniforme coloniale, ripresi di spalle da Alessandro Imbriaco, quindi un soldato americano in vetroresina sorpreso da Stefano Cerio tra le luci di Gardaland, e ancora i pupazzi in scatola di Alessandro Albert, pronti per essere proposti in uno scaffale.

Ultimo atto e tra i riverberi di una risonanza magnetica al cranio, firmata da Enrico Bossan – in posa per sfidare la malattia – appaiono i corpi mostruosi di Roger Ballen e Joel-Peter Witkin – necrofilia come pensiero in posa – e le figure senza volto, oppresse dal peso della storia, dell’arte, della memoria di Daniele Cascone. Cala il sipario e l’ultimo a lasciare la scena è Oscar Wilde, mentre ci ricorda che “la spontaneità è una posa difficilissima da tenere”.