Indossare la città – arte architettura moda
Le città sono noi e noi siamo le nostre città. Per questo le mappe, le immagini delle città e gli oggetti, che le configurano, narrano per simboli ed enigmi ciò che siamo e ad esso ci rimandano.
Comunicato stampa
Le città sono noi e noi siamo le nostre città. Per questo le mappe, le immagini delle città e gli oggetti, che le configurano, narrano per simboli ed enigmi ciò che siamo e ad esso ci rimandano. Evocano la totalità dei luoghi reali o solo immaginati, i paesaggi dell’interiorità e dell’anima e, con essa, fanno riaffiorare i legami esistenziali affettivi e l’invisibilità delle relazioni con coloro che li hanno abitati e ne hanno creato le immagini. Così che noi siamo loro e loro sono noi.
È allora l’oikos originario ciò che evocano le sculture indossabili in forma di cappello di Rebecca Forster in cui campeggiano disegni e mappe; mentre gli abiti storici, le fotografie e le illustrazioni di moda degli anni Cinquanta-Settanta, e quelli progettati oggi che ad essi si ispirano fanno rivivere estetiche, stili, modi di vestire, di essere, volgendosi alla storia e risignificandola. Evocano la nascita del Made in Italy e di un modo diverso di essere a cui la moda ha dato voce, forma, linguaggio. E i negozi spaziali di Amalia Del Ponte fanno intravvedere un habitat fatto spazi trasformabili a partire dal corpo e dal gesto e l’irruzione nella moda del mondo giovane. Modi diversi per rendere accessibili i volti della città invisibile, sommersa sotto le stratificazioni della storia e della memoria, che vive nella trame del tempo reale e immaginato, con i suoi riti e con i suoi oggetti perché è in essi che si esprime la profondità di una società o epoca con le sue possibilità, i suoi slanci, la sua gioia di vivere, di cui anche ci parla la grande tela di Loretta Cappanera.
Eleonora Fiorani
Maria Grazia Soldati