A Palazzo delle Paure a Lecco, il ciclo espositivo di Percorsi nel Novecento, programma ideato dalla Direzione del Sistema Museale Urbano Lecchese e affidato per la sua progettazione e realizzazione a ViDi Cultural che, fino a novembre 2024, analizza la scena culturale italiana del XX secolo, si arricchisce di un nuovo capitolo.
Dopo l’appuntamento dedicato al ritorno alla figurazione in Italia, avvenuto tra le due guerre mondiali nel secolo scorso, la nuova proposta espositiva, in programma dal 15 marzo al 30 giugno 2024, si concentra sulla stagione dell’Informale.
La mostra, curata da Simona Bartolena, prodotta e realizzata da ViDi cultural, in collaborazione con il Comune di Lecco e il Sistema Museale Urbano Lecchese, travel partner Trenord, presenta più di 60 opere di artisti quali Afro, Tancredi, Chighine, Fontana, Moreni, Burri, Morlotti e molti altri la cui cifra espressiva ruota attorno al segno, alla materia, al colore, al gesto.
“Tornano le grandi mostre promosse da Vidi al Palazzo Paure e tornano con una grande esposizione che ripercorre il cammino avviato anni fa tra Ottocento e Novecento. – afferma Simona Piazza, assessora alla Cultura del Comune di Lecco – Si tratta di eventi di particolare rilevanza artistica, in grado di portare nelle sale espositive del polo museale per eccellenza della nostra città, opere di importanti artisti. Gli obiettivi sono di ampliare l’offerta culturale a disposizione dei nostri cittadini, offrire contenuti di interesse e affiancamento ai percorsi di approfondimento dei nostri studenti e richiamare visitatori anche da fuori città, per un turismo di matrice culturale, che è sempre di più una realtà”.
“La mostra segna una nuova tappa nel cammino tra Otto e Novecento tracciato dalla serie di esposizioni ospitate in questi anni in Palazzo delle Paure. – dichiara Simona Bartolena, curatrice della mostra – Ho immaginato questa mostra strettamente connessa alla successiva, dedicata al versante spazialista e nucleare e alle tendenze percettive, sperimentali e cinetico programmate degli anni Sessanta.
In questa prima “puntata” del racconto, si indaga la scena artistica di un’Europa seduta sulle macerie della propria civiltà, uscita stravolta dal secondo conflitto mondiale e dagli orrori dei governi totalitari. Il futuro sembra solo un’ipotesi priva di concretezza, il presente è nebuloso, effimero, frammentato. Smarrita ogni sicurezza, l’individuo si trova solo con sé stesso, perso nella dimensione immanente dell’esistenza, senza alcuna fiducia nel prossimo. L’artista non è, ovviamente, estraneo a questo scenario. L’ipotesi di un’arte che possa farsi portatrice di un messaggio universale, che possa essere di utilità pubblica, è messa drammaticamente in crisi. Il potere comunicativo dell’arte non interessa più. L’uomo è solo, unico responsabile delle proprie scelte, e l’arte si fa interprete di questa dolorosa, ma lucidamente cosciente, solitudine.
L’Informale non è un movimento coeso e arginabile, è una tendenza figlia dell’urgenza espressiva di artisti che non si fanno interpreti di questa drammatica convergenza storico-culturale. A mio avviso non sono Burri o Fontana i principali esponenti di questo fenomeno, anzi: i due grandi maestri hanno ricerche autonome e uniche, impossibili da ascrivere a una definizione o a una singola tendenza. I veri protagonisti di questa stagione sono ben altri: artisti forse meno noti, ma ben più esemplificativi per comprendere le ragioni di un momento storico. Per questo, in mostra, oltre ai nomi più celebri, ho voluto proporre opere di artisti meno conosciuti, talvolta quasi dimenticati, ma dai linguaggi potenti ed espressivi, che sapranno certo stupire i visitatori.”
La rassegna racconta la generazione di autori usciti feriti dalla Seconda guerra mondiale, che sperimentò nuovi linguaggi e nuovi stili capaci di narrare una situazione drammatica e complessa. Dubbiosi sul ruolo pubblico dell’arte, scelsero una via solitaria che non prevedeva confronti con l’altro né manifesti o testi teorici che dichiarassero una strada comune. Anche il critico francese Michel Tapié, al quale si deve il termine Informale, rifiutò sempre di confinare la tendenza in codici troppo serrati e definiti, allontanandosene quando essa assunse connotazioni troppo precise.
Le vie dell’Informale furono molteplici e variegate, figlie di altrettante personalità autonome e originali, le cui ricerche trovarono solo alcuni aspetti tra loro comuni, come la spontaneità, l’istinto gestuale, il rifiuto di qualsiasi legge e geometria, l’improvvisazione.
L’onda dell’Informale si diffuse in tutto l’Occidente come alternativa alla figurazione tipica dell’epoca dei regimi totalitari, come rabbiosa risposta alle violenze di cui l’uomo si era dimostrato capace; in Italia, gli anni Cinquanta assistettero all’evoluzione di questa forma d’arte, che si manifestò in molteplici versioni. In contrasto con la pittura figurativa, soprattutto quella impegnata socialmente e politicamente, fermamente sostenuta anche dal nuovo governo, si affermarono artisti quali Afro, Chighine, Vedova, Burri, che impiegavano la materia e il colore come mezzi espressivi liberi e potenti, o pittori che reinterpretarono la figurazione sotto una nuova luce, come Ennio Morlotti e Mattia Moreni o gli esponenti del Realismo esistenziale quali Mino Ceretti e Bepi Romagnoni, chiusi nel loro doloroso nichilismo.
Accompagna la mostra un catalogo realizzato da Ponte43 per le edizioni ViDi cultural.