Infrarosso. Un’interazione tra arti visive e teatro
La Galleria ZAk di Monteriggioni (Siena) in occasione di MiArt, fiera internazionale d’arte, in concomitanza con le repliche dello spettacolo “ROSSO”, propone al Teatro Elfo Puccini di Milano il progetto “INFRAROSSO”, un’interazione tra arti visive e teatro pensata per far convivere, due visioni differenti dell’opera d’arte.
Comunicato stampa
La Galleria ZAk di Monteriggioni (Siena) in occasione di MiArt, fiera internazionale d'arte, in concomitanza con le repliche dello spettacolo “ROSSO”, propone al Teatro Elfo Puccini di Milano il progetto “INFRAROSSO”, un'interazione tra arti visive e teatro pensata per far convivere, due visioni differenti dell'opera d'arte.
Forme d'arte che si ibridano e potenziano a vicenda andando a creare un unicum nel panorama di una fiera internazionale, in cui solitamente l'arte teatrale non trova posto, in cui il teatro non solo assorbe la forma delle arti visive con lo spettacolo ispirato alla vita di Mark Rothko, ma ne diventa promotore di un nuovo tipo di fruizione e di contemplazione.
INFRAROSSO a cura di Gaia Pasi vede coinvolti 8 artisti tra i più interessanti e coraggiosi dell'attuale panorama nazionale: Alessandro Cardinale (Padova 1978), Romeo Castellucci (Cesena 1960), Pierluca Cetera (Taranto 1969), Alessio De Girolamo (Sanremo 1980), Giovanni Gaggia (Pergola 1977), Cristina Gori (Padova 1976), Vincenzo Marsiglia (Cosenza 1972), Gianluca Panareo (Pesaro 1988).
L'infrarosso è un raggio di luce con banda di frequenza dello spettro elettromagnetico inferiore a quella della luce visibile, ma maggiore di quella delle onde radio. Termine latino che significa “sotto il rosso” perché il rosso è il colore visibile con la frequenza più bassa. Un raggio di luce che c'è ma non si vede, e che per essere visto necessita di uno strumento, di un cambiamento del punto di vista.
INFRAROSSO ospita una selezione di lavori che trovano un loro punto di incontro nella dinamica della visione: il cortocircuito che si viene a creare tra l’atto del vedere e l’atto del guardare, tra percezione e predisposizione, tra vista e svista. Così la contemplazione dell’opera diviene una verifica sul campo della nostra facoltà di percezione, dell’attenzione che prestiamo alle cose, della consapevolezza che abbiamo di noi stessi e delle nostre reazioni. È in gioco la componente di scoperta, di stupore e di meraviglia che ci accompagna di opera in opera, in un discorso singolarmente unitario ma tradotto dagli artisti in lingue diverse, per uno spettatore che ha il compito di interagire con le opere, fino a toccarle o a prenderne dovuta distanza per poterne cogliere il senso.