Inside Looking Out
14 artisti di respiro nazionale e internazionale sono invitati a dialogare con lo spazio della curatrice attraverso opere site specific di pittura, fotografia, scultura, video ed installazioni.
Comunicato stampa
Dal 9 novembre al 16 dicembre 2012 presso l’Associazione Culturale RosArte sarà possibile visitare The Art Curator’s Place, in cui la curatrice Rosetta Gozzini presenterà la mostra dal titolo “Inside Looking out”. 14 artisti di respiro nazionale e internazionale sono invitati a dialogare con lo spazio della curatrice attraverso opere site specific di pittura, fotografia, scultura, video ed installazioni.
Gli artisti in rassegna: Gian Luca Beccari, Fiamma Dinelli, Stefania Fabrizi, Eva Gerd, Marya Kazoum, Tessa M.Den, José Molina, Mog - Morgana Orsetta Ghini, Cecilia Paredes, Alessandro Palmigiani, Luisa Raffaelli, Patrizia Riccioli, Manuela Sedmach, Angela Vinci.
“Inside Looking out” è la prima di una serie di mostre che verranno presentate all’interno di “The Art Curator’s Place: l’idea di proporre una serie di mostre all’interno del mio spazio, nello spazio in cui abito, esprime la necessità di far dialogare l’arte con il luogo in cui l’anima si abbandona, e in cui l’arte entra a far parte della tessitura dei territori personali.
“Inside Lookin out” è entrare dentro per guardare fuori ma, anche per guardare oltre. Nello stesso modo in cui Socrate esortava a trovare verità dentro di sé, anziché nel mondo Illusorio delle cose esterne, cosi gli artisti invitati hanno una forte necessità, una propulsione, ad indagare l’umano e le dimensioni più sottili che lo permeano. Lo fanno scavando, facendo un lavoro di archeologia dell’essenza, esplorando mondi marini ignoti, per poi riemergere con nuovi orizzonti dello scenario interiore rendendo manifesto attraverso le loro opere, l’epifania vissuta, stimolando in chi osserva diversificate letture del “reale”.
Le figure mitologiche dell’artista Gian Luca Beccari esprimono la necessità di comprendere la dimensione dell’umano quale ritroviamo già nell’antichità: ci ricordano il “conosci te stesso” dell’Oracolo di Delfi e la tradizione orfica in cui i riti avevano uno scopo catartico e purificatore, che è quello che si evince nei suoi video, performance e istallazioni. Lavorando in particolare sulle Metamorfosi di Ovidio, mutua nel contemporaneo gli archetipi appartenenti alle tradizioni iniziatiche antiche o alle figure della mitologia greca. Tutto ciò lo fa rielaborando il Racconto in quanto mutazione e palinsesto della sua lirica e della sua esistenza.
La contaminazione dell’immagine, la ricerca del colore, di grande impatto visivo ed emozionale e la traslazione del significato sono i linguaggi di cui Fiamma Dinelli si avvale per esprimere il suo personale sentimento della realtà. I luoghi che l’artista esplora attraverso le sue opere sono territori che s’intersecano, fluiscono e si snodano per dare forma ad immagini che rimandano ad altro.
Le atmosfere che ne scaturiscono appaiono come spazi chiusi autoreferenti, zone della memoria, le cui parti comunicano fra loro, attraverso onde vibranti e intermittenti come a costruire una metafora del suono originata dal senso visivo.
Le moltitudini di personaggi che popolano le opere pittoriche di Stefania Fabrizi sono abitate da esseri costantemente in lotta con l’esistenza, alla ricerca perpetua di una verità. L’ombra e la luce sono i territori che segnano il passo di queste figure. La grande forza fisica che esprimono fa trapelare sofferenza ed inquietudini. Dinanzi alla luce che le permea sono cieche a causa di bende o maschere nere che ne coprono gli occhi, appaiono come pugili senza tregua e donne velate che procedono a fatica. Nei “paesaggi”, mentre le ombre si diradano dalla coscienza, si scorgono miriadi di guerrieri portatori di luce con spade luminescenti: asceti e saggi nell’atto del loro meditativo trascendimento. Stefania, con eccelsa maestria pittorica, si fa interceditrice del duale, conducendoci attraverso l’unica verità, quella che dimora dentro di noi.
L’artista Danese Eva Gerd è come una fata eterea ed ironica che penetra i segreti della natura. Le sue visioni microcosmiche dànno vita ad opere segniche minuziose, mentre le cornici che le contengono sono amorfe, fatte di trame soffici e lucenti che rimandano a forme biologiche, che costituiscono un tratto caratteristico del suo linguaggio.Eva si inoltra nella foresta dell’ignoto, restituendo vita attraverso l’arte a scheletri di cose abbandonate come a graziare il limite della natura a inciampo dell’umano. In questo modo sembra che ciascuna parte della realtà non possa alienarsi dalla sua essenziale componente vitale.
Marya Kazoun, artista libano-canadese si muove tra necessità compositive di resa immediata come le performance e istallazioni. L’artista tesse dalle sue mani di maga creature che poi prendono forma e vita, esseri che affiorano dalla sua immaginazione. Creature multiformi e multi materiche che alimenta meticolosamente con rammendi di stoffa, fili, perline e vetro. Le installazioni dell’artista diventano performance: infatti Marya dopo aver creato il suo mondo parallelo vi si cala fisicamente portandosi appresso gli Amos che prendono vita fisica grazie alla rappresentazione performatica dei suoi collaboratori che diventano così creatori e protagonisti della favola stessa.
Le figure che l’artista Olandese Tessa M. den Uyl incarna nei suoi video non hanno una sola identità, ma si presentano al tempo stesso come l’uno e il molteplice. In questo modo manifesta quella pluralità che caratterizza da sempre l’identità dell’uomo. Il soggetto non è isolato protagonista della narrazione,
ma si integra nel contesto organico a cui partecipa, derivando la sua azione dalla forza che il sistema di relazioni in cui è inserito produce. Così scopriamo che una delle attenzioni poetiche di fondo dell’artista consiste nello smantellamento dell’ego.
Tutta la ricerca di Jose Molina artista Madrileno si erge sull’indagine dell’umano e della natura che è l’epifania del divino sulla terra. Le opere pittoriche presenti in mostra fanno parte della collezione “predatores” dove si evince un’atmosfera sospesa, surreale, visioni oniriche borgesiane, in cui il sogno/incubo dà vita ad un nuovo reale: una dimensione interiore fatta di esseri in atto di trasformazione in cui l’ umano muta forma in creature dalle sembianze animalesche, quasi a denunciare la perdita della vera natura umana, o la necessità di palesare l’unità con ogni essere vivente.
L’opera di MOG è per la sua gran parte scultorea. L’artista fa uso di diversi materiali dal marmo, alla pietra, alle fibre in vetroresina, al metallo, ma il tema costante della sua produzione artistica è la vagina. L’intenzione creativa sembra quella di cogliere in una specifica realtà corporea, l’insieme dell’identità e della storia femminile nel solcare le proprie opere in modo che, a partire da un principio personale e sessuale di identificazione, si possa scoprire, nell’individuazione della propria singolarità, un’ulteriore testimonianza per l’umanità in generale
Le composizioni performatiche e fotografiche dell’artista peruviana Cecilia Paredes seguono le orme di due elementi fondamentali della composizione e della poetica dell’artista: la natura e la donna. Nelle serie “In the skin of others” l’artista prende la sembianza del paesaggio che la circonda. Tutte le opere hanno come sfondo un paesaggio floreale, che richiama alla memoria le atmosfere magrittiane in cui il silenzio suscita il senso una rarefazione, di non tempo e non luogo e in cui l’anima delle cose incontra se stessa. In questo contesto la figura femminile nell’opera diventa camaleontica, essa stessa si fa flora e fauna pur mantenendo la propria specificità .
La poetica che si evince dalle opere di Alessandro Palmigiani è di carattere “realistico visionario". L’artista, pur usando il mezzo fotografico per esprimersi, dà un taglio formalmente pittorico alle sue creazioni. Questa caratteristica la possiamo scorgere nel trittico dal titolo “Il terzo tempo”, in cui due realtà parallele si intersecano per crearne una terza. L’atto creativo scatta dalla necessità di individuare un altro reale, che viene ridisegnato dall’artista fondendo due immagini fotografiche per dare vita ad una terza dimensione. Quella determinata da lontananze che si approssimano e si fondono nell’intuizione interna dell’artista congiunta a ipotetici universi paralleli.
Il lavoro dell’artista torinese, Luisa Raffaelli, realizzato grazie a sofisticati interventi digitali, in forme classiche e iper-realistiche, sospende il soggetto femminile rappresentato in una fenomenologia frammentaria del movimento e dell’intenzione dell’azione. Questo mette in condizione la figura della donna di essere contemporaneamente in contatto con il paesaggio circostante e di distaccarsi da esso. Ciò accade facendo emergere un’ irresistibile imperativo psicologico dalle protagoniste dei suoi dipinti che cosi rendono all’atto pittorico un tessuto di forte drammaticità.
Le tele dell’artista Patrizia Riccioli sono composizioni monocromatiche di forme geometriche essenziali. Celano all’occhio simboli, ineffabili triangoli, di cui in ciascun opera uno è blù, che entrano in risonanza con la sfera dell’irrazionale. Come diceva Aristotele, l’uomo è un animale simbolico, che costruisce simboli con i quali si nutre incessantemente. La Casa, che è il soggetto dialettico della sua opera, ha un movimento perpetuo e poliedrico che riflette l’instabile equilibrio dell’umano, la precarietà della condizione attuale dell’individuo della società contemporanea.
I dipinti dell’artista Triestina Manuela Sedmach sono luoghi in cui l’inizio dell’esistenza e la fine si compenetrano in un unisono assoluto. Visioni di mondi interiori e al contempo estatici: il silenzio è avvolto da una nebbia opalescente che a tratti si dirada estendendosi in fasce lattee che danno origine a molteplici corpi celesti luminescenti. Dimore in cui l’animo si cheta e il tempo perde forma e sostanza, congiungendosi nell’unità di uno spazio senza limiti. I candidi deserti della Sedmach, in cui tutto all’apparenza sembra inesorabilmente uniforme, rendono manifesto il bisogno istintuale di un’incessante e perpetuo mutamento evolutivo.
Dotate di grande forza emotiva, le tele dell’artista siciliana Angela Vinci sono dimensioni psicologiche, costituite da paesaggi materici dove il colore è prodotto dalle trame dei pensieri dei soggetti indagati: giovani donne, bambini e adolescenti. L’aspetto simultaneo di parti contigue, per quanto eterogenee, della rappresentazione consente di arguire una genesi dell’opera per la quale gli scenari che la Vinci compone, vengano elaborati e poi sedimentati per giorni prima che il pennello tocchi la tela, quando tutto all’interno è compiuto, l’opera appare rapidamente con grande maestria e senza nessun indugio di sorta.