Introspective window
L’arte è la finestra introspettiva sulla nostra interiorità. Da questa immagine visiva e mentale nasce l’idea della mostra.
Comunicato stampa
“Il potere creativo della mente si sveglia vivace
mentre forma il finito dall’indefinito”
Goethe - Howards Ehrengedächtnis
L’arte è la finestra introspettiva sulla nostra interiorità.
Da questa immagine visiva e mentale nasce l’idea della mostra che inaugura sabato 23 febbraio alla Galleria Emmeotto a Palazzo Taverna.
Una finestra da cui ognuno di noi può e deve guardare per perdersi e ritrovarsi, per comprendere non il significato a tutti i costi, ma per conoscere ed entrare in sinergia con una sensibilità altra, per compiere un percorso a ritroso fino all’essenza di un’opera d’arte, mezzo che amplifica il sentire nostro e degli artisti, i quali restituiscono alla realtà più di quello che prendono da essa.
Una finestra come luogo di frontiera e, allo stesso tempo, di contatto e fusione tra verità e immaginazione, tra passato e futuro, tra mente e corpo, dove le dinamiche emozionali personali esplorano e cercano un riscontro nella rappresentazione, in un continuo movimento interno che non si ferma mai.
Il raccontarsi degli artisti è il viaggio emotivo tra ricerca interiore ed evoluzione materica, all’interno del sé, il percorso di nascita, scoperta, crescita, decomposizione e ri-creazione sotto altre forme, una palingenesi che scrive e riscrive un diario personale, elemento dopo elemento, pagina dopo pagina e si arricchisce di esperienze come una pièce teatrale si infittisce di dialoghi.
Ogni artista in mostra vive il processo creativo in maniera totalizzante, una sorta di catarsi necessaria, che scopre e rivela, con la singolarità del modus operandi, una prospettiva differente, che ci permette di guardare al di là dell’apparenza e di instaurare quell’empatia dalle molteplici sfaccettature che solo la nostra interiorità può generare, ancora di più se ci troviamo ad interagire con gli stimoli dettati da diverse espressioni e linguaggi.
Renzo Bellanca, attraverso una selezione di opere della serie Satellite Map, realizzate con tecnica mista su carta e tela nel 2018, ci accompagna in un percorso stratigrafico tra mappe e paesaggi, ma senza corrispondenze precise. Il sovrapporsi di elementi fisici, interiori e mentali diventa un tragitto di contaminazione tra presente e memoria, in una dimensione astratta e macrocosmica, ma nonostante questo, riconoscibile e intima, che va a occupare gli spazi tra la realtà e l’inconscio, l’immaginazione e il pensiero razionale. Il trattamento e l’interpretazione del colore diventano la bussola del cammino che si dispiega tra confini, limiti, insenature e isole fuori e dentro di noi. Una carta geografica che, ogni volta, si arricchisce di nuovi segni e simboli.
Micaela Lattanzio parte da un’indagine fotografica, rielabora l’immagine da lei realizzata e la rende elemento “pittorico”. Da un minuzioso e attento lavoro che si basa sulla ripetizione del multiplo circolare, arriva alla creazione di un insieme, una nuova prospettiva composta da architetture complesse che avvolgono lo spettatore in suggestioni emotive. Che siano elementi presenti in Natura, come l’inedito dittico Nucleo (2018) o corpi, in essi è proposta una visione introspettiva, uno scenario surreale “fragmentato”, un mosaico che crea una terza dimensione materica e narrativa che va oltre l’estetica e fa riflettere sull’essenza e sull’esplorazione dell’uomo e del suo sentire le forme naturali da cui trae benessere psicofisico .
Nei lavori inediti realizzati per la mostra da Barbara Salvucci, il segno ripetuto e continuo della produzione precedente si fa più intenso, fitto, totale. Il tratto mandalico, in un gioco continuo di pieni e di vuoti, da una meditata e controllata concentrazione dà vita ad una forte irrazionalità emozionale come in un sogno o in una visione onirica, dove tutto sembra ignoto, ma riconoscibile. Il movimento coinvolge, inevitabilmente, chi guarda, a volte in vortici astratti, altre in ondulazioni mantriche fino a spostarlo in uno spazio fisico e interno differente, in particolar modo quando la luce viene meno e l’opera al buio diventa altro al di fuori di sé e di noi, e tutto cambia, la percezione, la vibrazione del corpo e della cognizione.
Bankeri utilizza come medium la carta e la tecnica del collage, in binomio con un’abile capacità di mixare le scelte cromatiche, ed è in questo processo di rigenerazione materica che avviene la trasformazione del messaggio personale. La spontanea meticolosità del gesto artistico ripetuto esalta la potenza visiva. Lo smembramento e il riassemblaggio di un’immagine precedente, un pensiero, un’idea o uno stato d’animo ci permettono di librare in un’inedita cosmogonia di stelle. Seppur la trattazione dello spazio sembra dirompere in maniera casuale e caotica, in realtà, tutto è dettato da una continuità, da una regia dalla voce distinta che va oltre la bidimensionalità della tela, in equilibrio perfetto tra inquietudine e la sensazione inebriante che stia per succedere qualcosa di inaspettato, soprattutto dopo che le opere sono state al buio, senza la luce diretta, e assorbono un’energia diversa che rivela una nuova lettura.
L’apice dell’interazione, nel percorso espositivo della mostra, avviene con lo Star Gate di Penelope, nome d’arte di Chiara Cocchi, una “finestra” di stelle che mette in comunicazione la Natura, la mente, il corpo, ma anche scienza, filosofia e sociologia. Realizzata con vetri, specchi e LED, la sua opera, crea un passaggio verso un’altra dimensione. Partendo da una rappresentazione scientifica dell’Universo, in questo caso una mappa stellare, supportata da un’accurata ricerca non solo tecnico-estetica, ma anche culturale, si arriva ad una comunicazione artistica intensa ed emozionale. Le sue esperienze e storie sono interiorizzate e raccontate attraverso lo spazio-tempo della sua sensibilità in uno scambio continuo tra macro e microcosmo, ed ognuno di noi può affacciarsi al “portale”, infinito” come lo definisce l’artista e guardar(si)e dentro.
NeI processo di creazione, il trasporto interiore plasma la materia, trattata dagli artisti con una sapienza manuale rintracciabile distintamente nelle opere realizzate. Tutti ne affrontano la scomposizione per poi darle nuova vita e significato e dialogano con il nostro sguardo più intimo. Il racconto metaforico scopre l’invisibile per trovare, mediante il gesto, una nuova scala diatonica tra sentimenti e pensieri, realtà e rappresentazione, andata e ritorno.
Ed ecco che, dalla finestra introspettiva si diffonde un vortice di affinità elettive che si instaura tra noi, gli artisti, le opere, le vite…quello che vediamo, quello che sentiamo.
Si ringrazia
GALLERIA EMMEOTTO Emmeotto Arte Srl a s.u.
Palazzo Taverna | Via di Monte Giordano 36 00186 ROMA
ph. +39. 06.68.30.11.27 | e-mail: [email protected] | web: www.emmeotto.net
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Bankeri (Francesco Bancheri) vive e lavora a Roma. Dopo la maturità artistica al I° liceo artistico di via Ripetta si diploma all’ Accademia di Belle Arti di Roma in scenografia nel 2001, approfondisce il suo interesse per la fotografia e opera anche come scenografo in differenti settori; in teatro, in particolare, nel 2005 firma le scene per l’edizione italiana dello spettacolo “Concha Bonita” con le musiche del premio Oscar Nicola Piovani. Gran parte della sua ricerca si concentra sulla trasformazione del messaggio visivo indotto, specialmente quello mediatico. Giornali ridotti in ritagli vengono riportati alla loro realtà di segni, trame e colori per essere usati come medium pittorico attraverso la tecnica del collage. Bankeri Frammenta, taglia, incolla, strappa trasformando la carta dei quotidiani, manifesti etc. in qualcosa di immaginifico, di “diverso”, nel quale ogni riferimento al messaggio “forzato” sparisce.
Tra le ultime esperienze la residenza al Macroasilo di Giorgio de Finis nel dicembre 2018 al Museo Macro di Roma; la presenza nel 2017 nella collezione del BoCs Art Museum di Cosenza a cura di Alberto Dambruoso in seguito a un progetto di residenza; nel 2016 prende parte al progetto “Mezzagalera” a cura di Giorgio de Finis, un progetto di residenza artistica nell’ex carcere mandamentale di Montefiascone (VT) Mezzagalera artisti residenza; nel 2015 partecipa a “INSIEME”, l’opera realizzata dagli artisti del Maam a Cittadellarte – Fondazione Pistoletto a Biella; per il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz produce nel 2014 una serie di collage a parete di grande formato. I suoi lavori figurano nella collezione permanente del DIF il museo diffuso di Formello, che ha ospitato anche la mostra personale dell’artista “Panem et Circenses” nel giugno 2016.
Renzo Bellanca, vive e lavora a Roma da circa trent’anni. Artista, scenografo e docente di Scenotecnica all’Accademia di Belle Arti di Firenze, si avvicina alla pittura da giovanissimo indagando le possibilità espressive di diversi materiali. Dagli anni ’90, la ricerca e la sperimentazione artistica si sviluppano e interagiscono tra cinema, teatro e televisione collaborando con registi e autori come Virzì, Muccino, Giordana, De Sica, Risi, Veronesi, Ronconi, Landi, Placido, Zampieri, Genovesi e molti altri. Dagli anni 2000 ad oggi è protagonista di importanti esposizioni, che presentano un linguaggio maturo e consapevole che pone l’attenzione sulla materia e sul segno fino al concetto di sezione stratigrafica: “Doppio Linguaggio” al Chiostro del Bramante di Roma (personale che nasce da un progetto multiculturale che vede la collaborazione con alcuni importanti scrittori come Savatteri, Cotroneo, Falconi, Calaciura, Galluzzo, Camarrone…), la partecipazione alla 54a Biennale di Venezia – Padiglione Italia, al Museo d’Arte Contemporanea di Ourense, alle Fabbriche Chiaramonte di Agrigento, “Urban Skin” alla Fondazione Umberto Mastroianni di Arpino e “Everywhere, Nowhere” alla galleria Honos Art di Roma. Nel 2005 l’editore Sciascia pubblica un catalogo dal titolo “Renzo Bellanca Opere”, una selezione di lavori che vanno dal 2000 al 2005. Da settembre 2018 a febbraio 2019 è stato protagonista della mostra personale “The Journey”al Relais Rione Ponte a cura di Emmeotto Arte.
Penelope, nome d’arte di Chiara Cocchi, vive e lavora tra Bologna e gli Stati Uniti. Concentra la sua ricerca artistica su quello che lei considera il più importante tema sociale della nostra era, dal quale tutti gli altri temi scaturiscono: il rapporto tra l’Uomo e la Natura. L’interrelazione tra le loro storie, la mente naturale, l’origine delle idee, la filosofia delle origini, l’antropologia, l’astronomia e la scienza accompagnano e sono l’origine delle sue opere dalle prime produzioni in Accademia fino a oggi. Le opere di Penelope abbracciano diverse tecniche: lightbox tecnologiche, fotografia, scultura, pittura e disegno. L’artista si avvale del supporto tecnico e della collaborazione di ingegneri per gli aspetti tecnologici e di scienziati e astrofisici per i contenuti delle opere. Queste lightbox sono infatti il risultato di studi approfonditi sia in ambito scientifico che in materie umanistiche, quali filosofia, sociologia, linguistica e politica. Tra le principali mostre ricordiamo: “Forgotten Spaces: all that is left behind” a Palazzo Dandolo in occasione della Biennale d’Arte di Venezia e “We are all made of stardust: Paintings on Natural and Mysteriously Found Objects” all’Istituto italiano di cultura a San Francisco nel 2015, “Avatar” al Museo Internazionale della Musica di Bologna nel 2016. Le sue opere sono presenti nelle collezioni di Diane Keaton (Los Angeles), Brian de Palma e Susan Lehman (USA), Lamborghini (Bologna), Hotel Danieli (Venezia), Ibrahim Al Assmakh (Qatar), Finecobank, e Parker Collection (NYC).
Micaela Lattanzio nasce a Roma, dove attualmente vive e lavora. Si forma all’Accademia di Belle Arti di Roma laureandosi nel 2005 con una tesi incentrata sull’antropologia del viaggio in collaborazione con l’università dell’Habana. Nel 2003, grazie a una borsa di studio, soggiorna un anno nella città spagnola di Valencia dove perfeziona le tecniche legate al linguaggio audio-visivo di regia e fotografia. Attraverso il medium fotografico l'artista conduce una ricerca progettuale, rielaborando l'immagine in elemento pittorico, dove la materia bidimensionale trova la sua terza dimensione. L’icona diviene emblema della società contemporanea, in un epoca dove la sovraesposizione di immagini lascia solo stralci di ricordi, dove nulla viene più immagazzinato in una memoria personale, l’artista utilizza il frammento visivo, Gli interventi site specific sono un’ulteriore dimensione espressiva dell’artista, dove amplifica la relazione diretta con la natura, perché il luogo non diviene solo soggetto ospitante ma materia stessa dell'opera dove l'installazione si fonde con il paesaggio. I suoi progetti permanenti sono presenti al Maam, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz, nella collezione Royal Caribbean in Cina con sei installazioni e nella città polacca di Poznan dove è presente un’installazione d'arte pubblica. Tra le diverse esposizioni a cui ha partecipato si segnalano i seguenti progetti: Simboli di ferro presso il Muspac, Impronta globale presso Isa istituto antincendio di Roma, Dimensioni primarie ospitato negli spazi dell’Accademia Americana a Madrid, 10X10 Artist presso Bonte Zwaan, centro di design di Amsterdam, SandCloud presso gli Horti Sallustiani di Roma, . Nel 2014 è vincitrice del premio speciale della giuria Zingarelli intitolato “Silenziosi Racconti”.
BARBARA SALVUCCI, allieva di Enzo Brunori, nel 1994 si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma. Parallelamente approfondisce le tecniche della scultura e della formatura attraverso l’utilizzo di diversi materiali come gesso, legno, resine e metalli, non abbandonando mai il disegno ad inchiostro di china e l’incisione calcografica, ancora oggi molto presenti nella sua produzione artistica.
Dopo la prima mostra all’Accademia di Ungheria a Roma nel 2002, ha continuato la propria ricerca artistica e materica, esponendo in numerose mostre personali e collettive in importanti musei e gallerie in Italia e all’estero (Temple University, Roma; MACRO, Roma; MUSMA, Matera; Galleria Paola Verrengia, Salerno; Galleria L&C Tirelli, Vevey, Svizzera). Nel 2013 partecipa alla 55esima Biennale d’Arte di Venezia e nel 2016 due importanti mostre personali la vedono protagonista a Roma: INK al Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese e SIGNS alla Galleria Emmeotto – Palazzo Taverna. Nel 2017, entra a far parte della collezione permanente del MOMA Hostel di Franco LoSvizzero, Nel 2014 del MAAM - Museo dell'Altro e dell'Altrove, METROPOLIZ, Roma, nel 2011 del Museo della Scultura Contemporanea - MUSMA, Matera, nel 2010 del CIAC Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea, Castello Colonna di Genazzano, Roma e nel 2008 dell’Università degli Studi di Roma con il MANDALA condiviso di Renato Mambor, Roma.
Il suo lavoro si trova in numerose collezioni private quali Fondazione Giuliani, Fondazione Barillari, Collezione Bulgari, Collezione Cicutto, Collezione Esposito, Collezione Pepi Marchetti Franchi, Collezione Mario Draghi, Collezione Benigni.
Nel 2018 partecipa per una settimana al programma di ATELIER del MACRO Asilo di Roma realizzando un’opera site specific, alla XI Edizione di CULINARIA – Biennale di Arte e Cibo e alle collettive ARTEPORTO – Oltremare nell’Area Archeologica dei Porti Imperiali di Claudio e Traiano a Fiumicino e ROMA SOGNA al Teatro India.