Io sono quello che noi siamo
I lavori esposti nei due piani della galleria, utilizzando linguaggi e tecniche differenti, propongono una lettura del concetto di identità che prende avvio dalla considerazione che non esiste individualità senzaappartenenza: a una società, a un sistema culturale, a un gruppo, a una famiglia, a un luogo. Io sono quello che noi siamo perché è solo nel continuo confronto tra noi e l’altro che si forma l’identità, la coscienza della propria unicità.
Comunicato stampa
Artopia presenta la mostra dei tre giovani artisti italiani Rebecca Agnes, Caterina Nelli e Stefano Romano dal titolo "Io sono quello che noi siamo".
I lavori esposti nei due piani della galleria, utilizzando linguaggi e tecniche differenti, propongono una lettura del concetto di identità che prende avvio dalla considerazione che non esiste individualità senzaappartenenza: a una società, a un sistema culturale, a un gruppo, a una famiglia, a un luogo. Io sono quello che noi siamo perché è solo nel continuo confronto tra noi e l’altro che si forma l’identità, la coscienza della propria unicità.
Rebecca Agnes presenta una serie di tre ricami su tela: tre disegni di paesaggi immaginari, città fantastiche e quasi fantascientifiche che si sovrappongono e sono complementari alle parole riportate sulla stoffa. Si tratta di storie non viste, non conosciute, racconti senza un io narrante, che quindi non hanno lasciato alcuna traccia e in quanto tali non sono mai accadute, come appunto suggeriscono le parole di "Raccontami" (2006). Rebecca parla dell’impossibilità di esistere se non sotto lo sguardo di un’altra persona, della necessità e quasi dell’urgenza delle relazioni. Ciò che si vede, che ricordiamo, che è documentato è reale ma allo stesso tempo la realtà sfugge alla logica perché ci sono cose la cui esistenza non possiamo nemmeno immaginare. Si tratta quindi di una identità che cerca di affermarsi e ridefinirsi sottouno sguardo nuovo e differente.
Per Stefano Romano invece l’identità rappresenta “l’idea di appartenenza e allo stesso tempo di unicità di un essere umano”. E’ il bisogno di sicurezza che l’uomo si costruisce intorno identificandosi all’interno di un gruppo sociale e contemporaneamente affermando la propria unicità e individualità. Solo attraverso la condivisione e il confronto con le persone e i luoghi che ci circondano l’uomo può costruire il proprio Io. Come nell ‘opera Movements#2 – Looking for a family (2012): in questa serie di fotografie l’artista ha fatto realizzare un quadrato in ferro rosso che ha posizionato in un punto della città (Piazza Oberdan a Milano) e ha poi chiesto ad alcuni passanti di entrare all’interno di questo quadrato e farsi fotografare con lui. In questi lavori Stefano utilizza il concetto di casa come metafora di famiglia, quindi un gruppo sociale, e il quadrato rosso come limite architettonico, quello spazio fisico dove nascono e si sviluppano i rapporti. Ogni foto rappresenta l’artista con altre 3 persone che lui definisce “famiglie trovate” quindi sviluppa una riflessione che sottolinea l’urgenza del confronto, della relazione con l’altro.
Infine Caterina Nelli propone alcuni lavori fotografici in cui il concetto di identità è fortemente legato alla presenza di un osservatore esterno. I suoi lavori infatti si presentano come una serie di istanti sovrapposti, catturati da una sorta di discreto occhio umano che inquadra il soggetto e grazie a un tempo di esposizione prolungato ne percepisce l’individualità offrendo una sua interpretazione. Come afferma l’artista stessa “Dittico I (2010) nasce dalla necessità di poter percepire contemporaneamente le due tracce di una stessa memoria temporale”. L’opera si compone di due lavori in cui l’artista crea un dialogo diretto tra pittura e fotografia: da un lato Forgetmenot una grande composizione di istantanee notturne ‘automatiche’ stampate su carta baritata, smaltata e usurata dal tempo, riprese nel corso di tre anni senza guardare nell’obiettivo quindi cercando di catturare gli attimi e dall’altro il dipinto EuroFun II realizzato contemporaneamente alle istantanee in cui l’artista cerca di organizzare su una superficie pittorica rigorosa alcuni strati di colore stesi in maniera del tutto irregolare.
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ARTOPIA
Artopia copre un ampio programma curatoriale che include sia nuovi media (fotografia, video, installazione, performance) sia media più tradizionali (disegno, pittura, scultura). Sin dall’inizio della sua attività nel 2001, la galleria ha proposto figure emergenti del panorama artistico italiano ed internazionale che hanno realizzato importanti progetti site specific quasi sempre integrati con la quotidianità dell’ ex abitazione attigua, instaurando in tal modo una dinamica interessante tra queste due dimensioni. Nel corso della sua attività sono state numerose le collaborazioni con spazi pubblici e privati come Viafarini, il Centro Culturale Svizzero, Lambretto Art Project, tutti a Milano, la Fondazione Adriano Olivetti a Roma, la Fondazione Fotografia Europea a Reggio Emilia, Palazzo Riso a Palermo, il Museo di Fotografia di Salonicco, la galleria Peter Kilchmann di Zurigo, la galleria Stux di New York, la Kerlin Gallery di Dublino. Nel 2012 Artopia inaugura in una veste architettonica rinnovata dallo studio di architettura barreca & la varra: con l’ annessione di un secondo livello si stacca in modo definitivo dalla dimensione abitativa sviluppandosi autonomamente all’interno di uno spazio verticale e più compatto. I due ambienti, entrambi dotati di un ingresso autonomo ma in dialogo tra di loro, conferiscono ad Artopia freschezza e versatilità e consentono una maggiore articolazione dei progetti espositivi. Da tutto ciò nasce uno spazio nuovo che si modella intorno a ciascuna proposta e si apre ad un ampio ventaglio di possibilità e suggestioni culturali.