Irene Balia / Bruno Marrapodi
La mostra intende presentare e confrontare i due diversi linguaggi di questi giovani artisti e della loro interpretazione del figurativo.
Comunicato stampa
INTERNO18 arte contemporanea, presenta la bipersonale di Irene Balia e Bruno Marrapodi.
La mostra, che inaugurerà giovedì 8 maggio alle ore 18, intende presentare e confrontare i due diversi linguaggi di questi giovani artisti e della loro interpretazione del figurativo.
L’esposizione nasce nell’ambito del progetto espositivo itinerante “Nuova Pittura Italiana”, ideato da Enzo Cannaviello, un’attenta selezione di 13 giovani autori emergenti accumunati dal mezzo d’espressione e dall’affinità generazionale. Al gruppo - dopo Milano, Torino, Benevento, Roma, Cremona e Belgrado - sarà inoltre dedicata una mostra collettiva presso il Centro Culturale “Fabrica Braco de Prata” di Lisbona (7 -31 maggio 2014).
Irene Balia, nata ad Iglesias nel 1985, oggi vive e lavora a Milano.
Davanti alle sue tele avviene uno scambio: noi, il pubblico, convinti di osservare l’opera ne veniamo, invece, osservati. È un’attesa permanente e palpabile in cui sono sospesi gli uomini e le donne tratteggiati a matita, gli animali immobili, i paesaggi con gli alti alberi e persino le gocce di pioggia. Attraverso le tele, conosciamo il personalissimo universo di Irene abitato da personaggi ben riconoscibili, soggetti e pose che si ripetono legando tra loro le opere come episodi di una stessa narrazione. Le uniche barriere presenti sono quelle mentali, di cui il tratto a matita è l’esteriorizzazione. La distanza che intercorre tra l’osservatore e l’opera è la stessa che Irene interpone fra sé e il soggetto raffigurato: svuotando i ritratti, anche il proprio, dal simbolismo attribuito dalla storia dell’arte, Irene può svuotare anche le figure, lasciando l’incarnato non dipinto e i volti inespressivi.
Così come svuota gli esseri umani, Irene carica di dettagli le cose. Le vesti sono riccamente decorate, con fogge slegate dal contesto in cui i personaggi sono collocati, quei grandi spazi in cui sono soli e assenti, bilanciando horror vacui e horror pleni.
Ma se di rappresentazioni si parla, bisogna sottolineare che esse non hanno nulla di narrativo. Sul palcoscenico, infatti, non accade niente, non vi è recitata nessuna azione.
Bruno Marrapodi è nato nel 1982 a Milano, dove vive e lavora.
Come un flâneur del mondo contemporaneo, l’artista vaga per le strade delle vicende umane, spesso intrise di rassegnazione e vuoto esistenziale, raccontandole senza giudizi o intenti morali. Le sue stravaganti narrazioni pittoriche essenzialmente consistono in personaggi rappresentati in luoghi inondati da forme buffe e visionarie, dai colori psichedelici stesi con campiture piatte. Linee e forme sinuose vanno a riempire lo spazio delle tele come un sistema arterioso che irrora energia vitale su tutta la superficie pittorica e nel quale i personaggi della scena, spesso di dimensioni ridotte, sembrano essere immersi. Il blu e il verde, saturi e brillanti, predominano sugli altri colori, alternati in modo da creare un effetto ottico che ricorda il cromatismo della coda dei pavoni, dai preziosi e attraenti riverberi. La rappresentazione in questi dipinti è teatrale, artefatta come la realtà che l’uomo crea nella propria mente e nella quale vive, magari pensando che sia l’unica e vera realtà.
I soggetti, di solito paesaggi, sono permeati da un'atmosfera densa, rappresentata da forme tondeggianti che riempiono tutto il campo visivo come in uno psichedelico viaggio provocato da allucinogeni. Ci si perde in un vortice nel quale non esiste un centro: una realtà dove non esiste certezza ma solo un continuo ondeggiare.